Prendiamo in prestito le bellissime parole del Direttore di Repubblica Mario Calabresi per elogiare un campione con la “C” maiuscola, uno che non ha mai mollato e non molla ancora, uno che dovrebbe rappresentare l’esempio per chiunque abbia a che fare con lo sport. Tommy Haas è questo e anche di più, oltre alle vittorie sembra incarnare appieno la passione per ciò che si fa, in questo caso, per nostra fortuna, il tennis.
Oggi, nella “pista” 4 della Caja Magica ha affrontato il lussemburghese Gilles Muller, attuale numero 26 del ranking ATP. I precedenti davano ragione a Muller 2 a 1: nel 2006 a Delray beach ebbe la meglio Haas 6-3 6-2, a Flushing Meadows di due anni dopo vinse al quinto Muller 2-6 2-6 7-6 6-3 6-3 e si confermò nel 2011 a Wimbledon 7-6 7-6 3-6 6-3. Oggi nel campo “più centrale tra i defilati” si sono incontrati per la quarta volta e Muller ha avuto ancora ragione.
Il primo set è cominciato senza troppi alti e bassi: servizi a farla da padroni, bel gioco da entrambe le parti con buone discese a rete e qualche colpo da applausi, come la palla corta e la volée di Haas nel quarto gioco. Per il resto, nonostante il gradimento del pubblico, poche sorprese e nessuna palla break, perlomeno fino al 5-4 Muller servizio Haas, il quale dopo aver subìto una buona accelerazione di rovescio dell’avversario ha sparacchiato fuori di due metri il dritto successivo: 0-30. Il tedesco però ha reagito, con un complicato smash da fondo campo e un servizio vincente è riuscito a riportare la situazione in parità. Il pasticcio l’ha fatto nel punto successivo, quando ha sbagliato lo smash – molto più facile dal precedente – che ha concesso la prima palla break e il set point a Muller, che non ha dovuto nemmeno giocarlo. Doppio fallo di Haas. 6-4 per il lussemburghese.
Haas, evidentemente contrariato, dopo aver battibeccato con l’arbitro per presunti rumori esterni, è tornato in campo deciso. Pronti via ed ecco, per lui, la prima palla break, vanificata con una risposta lunga di rovescio; poi una seconda, annullata dal primo dei tre ace consecutivi che poi hanno regalato il gioco a Muller. Di lì in poi si è tornati ai ritmi del primo set: nessuna palla break – e rari game ai vantaggi – fino al tie break. Muller: servizio vincente. Haas: ace. Poi quattro mini break consecutivi che portano, al cambio campo, sul 3 pari. Muller si guadagna il primo match point con un spettacolare dritto lungo linea ginocchia a terra ma, nonostante il vantaggio del servizio, lo vanifica con un errore di rovescio. Il secondo, guadagnato con un servizio vincente, lo gioca sul servizio di Haas, che però infila un ace. Muller chiude 9-7 alla terza occasione grazie un buon servizio e il successivo smash. Porta a casa l’incontro 6-4 7-6. Ad attenderlo Milos Raonic.
Ma vedere Tommy Haas in campo è qualcosa di speciale. Chissà se Mel Gibson sta pensando a un film dei suoi, qualcosa del tipo “La passione di Tommy”. Scherzi a parte, questo nome è diventato parte integrante del tennis degli ultimi vent’anni. Proprio così, venti anni. Se si pensa alla passione per il gioco, alla tenacia, al sacrificio si pensa a questo grande giocatore. Thomas, questo il suo nome all’anagrafe di Amburgo, è diventato professionista nel 1996; si aggira attualmente intorno alla posizione 400 del ranking ATP ma ha raggiunto la numero 2 nel 2002 – quindici anni fa. Ha giocato contro Sampras, Agassi, Edberg, Kafelnikov, Federer, Nadal, Djokovic per citare alcuni dei grandissimi dell’ultima epoca tennistica, forse delle ultime due, vincendo 15 titoli e raggiungendo la semifinale in Australia (1999, 2002 e 2007) e a Wimbledon (2009) e i quarti a Parigi (2013) e New York (2004, 2006 e 2007).
Oggi, trentanovenne, ha collezionato una decina di interventi a caviglia, piede, anca, gomito, spalla ma è ancora lì a scorrazzare in campo con tennisti che potrebbero essere suoi figli. Il suo amico Roger Federer si è detto stupito dopo l’ennesimo, incredibile rientro: “francamente non so come tu abbia fatto” gli ha confidato. Haas, già Direttore del torneo di Indian Wells, ha dichiarato: “Roger, l’anno scorso ha subìto un intervento e già dopo dieci o dodici giorni era in campo. Mai per me è stato così facile, i miei tempi di recupero hanno sempre oscillato dai cinque ai sei mesi. Quando ricominci a camminare o a usare le braccia, devi essere paziente e attento. Devi ricominciare da zero a livello fisico, e non puoi farlo se non sei spinto dalla passione”.
Proprio così, tutto si muove grazie alla passione. Non è forse la passione che spinge ad allenarsi ore ed ore e migliorare? Quella stessa passione che rimanda, sempre “di un’ultima volta” il ritiro? Haas ha sempre messo la passione e l’entusiasmo al primo posto, quello stesso evidente entusiasmo nei confronti della “missione” che lo aspetta a Indian Wells quando appenderà definitivamente le scarpe al chiodo. “La transizione sarà più facile” ha dichiarato durante la stessa intervista di un paio di mesi fa, anche perché, con passaporto statunitense e residenza in Florida, gioca in casa.
Tommy Haas è ancora lì. Cappellino all’indietro, gran rovescio a una mano, smisurato talento e la voglia di stare in campo ancora un po’. È bello vederlo giocare e, dal canto nostro, continuiamo a sperare che quel ritiro venga spinto più in là. Un altro pezzetto più in là.
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