Novak Djokovic e quel chiodo fisso chiamato 'Roland Garros': cosa riserverà il 2016?

TENNIS – Di Davide Bencini

“Ci siamo. Gneafaccio o nugneafaccio? Oppure arriva un altro meteorite svizzero a rompermi le uova nel paniere? O stavolta lo ‘smashonzo’ lo faccio carpiato… Rolando o non Rolando? Mi ami o non mi ami?”. Novak Djokovic anche quest’anno sfoglierà la sua margheritina a petali rosso mattone sul Philippe Chatrier, teatro principale del Roland Garros.

Ancora una volta da numero uno. Ancora una volta da favorito numero uno. Ancora una volta apparentemente senza avversari. E ancora a volta a immaginarsi cosa potrà andare storto. Ancora una volta a un passo dalla storia. Stavolta quella vera, con la S maiuscola. Quella del Career Grand Slam, del Grande Slam a cavallo di due stagioni e forse anche quella del Grande Slam solare. O persino dorato, se ci entrasse anche l’oro olimpico, una cosa riuscita solo a Steffi Graf. Ma basterà cannare ancora una volta Parigi e “puff!”, un’altra volta in bianco… Piantato ancora in asso per almeno un altro anno.

E anche stavolta il rischio di “sovraccarico” nel sistema robotico di Djokovic sembra dietro l’angolo, e forse persino più alto degli ultimi anni. A maggior ragione vedendo lo stato d’animo in cui il serbo si sta avvicinando all’evento più importante forse di tutta la sua carriera: racchette spaccate, altre in tribuna, litigate plateali con i giudici di sedia, 6/0 subiti, improvvisi e inattesi vuoti di gioco.

Che succede? Solo nervosismo e pressione in vista del traguardo o qualcosa di più? Per carità, il ruolino di marcia in questa stagione è sempre spaventoso, per uno che a Maggio ha già portato a casa 5 tornei e una finale. Ciò nonostante il Nole di quest’anno sembra avere più passaggi a vuoto ed essere più vulnerabile e meno cannibale del solito. Per carità, stiamo parlando di uno che a Parigi si presenta con una vittoria e una finale sul rosso negli ultimi due tornei, eppure qualcosa non gira proprio per il verso giusto. L’eliminazione a Montecarlo è stata senz’altro una ricerca involontaria di ossigeno dopo una prima parte di stagione giocata a mille. Ma in ogni caso i set lasciati per strada a Madrid e Roma e l’approccio a svariati match lasciano intravedere un Nole nervoso e teso, qualcosa che invece di solito trapela solo quando va in difficoltà durante il match e non prima che essi addirittura comincino.

Che sia Parigi che gli faccia ormai questo effetto? Che lo slam rosso possa diventare una vera ossessione è risaputo e in fondo ci sono passati in tanti: Stefan Edberg, John McEnroe, Pete Sampras, gli stessi Agassi e Federer, i quali prima di venirne a capo hanno dovuto aspettare l’occasione giusta proprio quando i buoi parevano scappati.

Con l’avvicinarsi dell’evento stiamo vedendo un Nole meno centrato, meno distruttore, meno dominante e meno sicuro di sé. Un Djokovic al piccolo trotto che basta comunque a battere quasi tutti gli altri – e il fatto che questi “altri” sembrano latitare più dell’anno scorso la dice lunga sulla sua superiorità potenziale – ma che rischia quasi di inguaiarsi da solo, al di là dei meriti del Murray di Roma. Il problema, che poi è lo stesso delle ultime stagioni, alla fine sembra lui: quando poi perdi tre finali, delle quali una perché la pioggia ci mette lo zampino e un’altra perché l’altro diventa una via di mezzo tra Ironman e il muro del Videopong, e una semifinale finendo in rete come un tonno, forse i pensieri quando ti danno strafavorito ti vengono. E ti chiedi cosa potrà succedere stavolta, per quanto impossibile… Così ti blocchi, te la prendi con il mondo per una forma altalenante, nascosta da reprimende contro arbitri, Giove Pluvio, malleoli vari, una tremenda inondazione, le cavallette e così via.

A fare un’analisi attenta della situazione resta la certezza che solo lui possa perderlo, questo appuntamento con la storia: i giovani non emergono nemmeno quest’anno, terraioli non ce ne sono più, Murray è migliorato ma in fondo resta sempre Murray, Nishikori è sempre lì lì ma non arriva, Nadal e Federer non sono più quelli di prima, gli altri top10 sono quasi desaparecidos. Ma in fondo anche l’anno scorso dicevamo lo stesso: e anche quello prima, e quello prima ancora… Nole continua a ripetere che “il Roland Garros non è un chiodo fisso”. Ma spesso il negare una cosa implica proprio la presa di coscienza della cosa stessa.

 

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