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Australian Open: Djokovic raggiunge Laver e Borg, Murray ancora sconfitto in finale!

TENNIS – Dal nostro inviato a Melbourne Diego Barbiani

MELBOURNE. Rod Laver e Bjorn Borg devono fare un po’ di spazio nel grattacielo dei vincitori Slam, perché all’undicesimo piano, assieme a loro, da oggi c’è anche Novak Djokovic. Il serbo ha sconfitto per la quarta volta in finale all’Australian Open Andy Murray, aggiudicandosi anche il sesto Major di inizio anno.

6-1 7-5 7-6(3) il punteggio finale di una sfida con pochi sussulti e subito incanalata verso un’unica direzione. Undici volte Djokovic, dunque, e non poteva essere diversamente, mentre sono sei i titoli in Australia dove raggiunge un’altra leggenda come Roy Emerson.

Da mesi il serbo sta avendo una continuità di rendimento da far impallidire, ha concluso l’anno vincendo praticamente sempre ed ha ricominciato non tirando mai il freno. Eppure, a vederlo giocare, sembra essere in normalissima ‘velocità da crociera’. E’ il livello medio a disarmare quasi tutti i suoi avversari, perché anche contro Roger Federer, sebbene oggi non si sia ripetuto su quello standard, ha dato una dimostrazione di forza che non svanisce nell’arco di 2-3 giorni. Come lo si contrasta un giocatore così? Ancora nessuno ha scoperto una via. Servirebbero tipi di gioco ben diversi da quello di Murray, che dopo essere stato travolto anche lui (è in ottima compagnia…) ha provato una reazione d’orgoglio nel secondo parziale ma ha ceduto il passo con un game sciagurato sul 5-5 quando si trovava avanti 40-0 ed ha perso il servizio sbagliando in scambi dove Djokovic stava semplicemente palleggiando.

Nella fase centrale di quel set  il n.1 del mondo si limitava quasi a piazzare i colpi, ovviamente con un ritmo che si manteneva sempre molto molto alto. Avendo negli occhi, però, l’equilibrio e provando ancora le emozioni per quanto ieri sera Serena Williams ed Angelique Kerber hanno offerto, il pensiero di una finale un po’ scialba c’è. Lo scozzese è stato subito passivo, ieri sera la tedesca nonostante la differenza di esperienza è partita con una concentrazione ed un’aggressività che il confronto è impietoso. Qui, per Djokovic, si è messa in discesa dal secondo game, quando è arrivato il primo break. In un tennis così di lotta, con tanti scambi impostati su un’unica diagonale (principalmente quella di dritto) finché uno dei due non cedeva, il più forte è sempre Djokovic.

Nel terzo set forse c’è stato più equilibrio, perché nonostante il break iniziale a favore del serbo Murray ha tentato in tutti i modi di riagguantarlo. Una volta riuscito, ha fatto l’andatura senza più avere serie chance di sorpasso fino a capitolare al tie-break, cominciato subito con un doppio fallo. Alla fine, a vincere, è sempre il fenomeno di Belgrado. In Australia, tolto Wawrinka nel 2014, nessuno è mai riuscito a fermarlo in cinque degli ultimi sei anni. Anche commettendo 100 errori gratuiti, nell’unica partita del torneo in cui è andato in difficoltà (pur non avendo mai avuto, Simon, la concreta opportunità di vincere), è riuscito non solo ad uscire intero ma anche più forte. E mentre si spengono le luci ed il pubblico si allontana da Melbourne Park, ci si domanda se davvero, quello a cui stiamo assistendo, non sia il punto più alto che un tennista possa raggiungere. Questo dominio, ancora, non sembra mostrare crepe. Di avversari all’orizzonte non se ne scorgono e lui, ridendosela, continua a collezionare trofei e record. Rafael Nadal (e Pete Sampras) è a meno 3, Federer a meno 6. Come la mettiamo?

 

Diego Barbiani

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