E pensare che non siamo un popolo di tennisti…

TENNIS – Di Lorenza Paolucci

Il tennis non è mai stato uno sport che ha dato all’Italia soddisfazioni particolari, anzi per anni è sempre stato l’anello debole dell’orgoglio italico. Eppure la finale di New York si è colorata di azzurro, e non solo quella…

Diciamo le cose come stanno, non siamo mai stati un popolo di tennisti e forse non lo siamo nemmeno adesso che possiamo vantare quattro Slam in bacheca, di cui due negli ultimi cinque anni.

Ci si è sempre chiesti come fosse possibile che l’Italia riuscisse a sfornare calciatori, ciclisti, cestisti, nuotatori, tuffatori, motociclisti, schermidori e persino arcieri da medaglie olimpiche, e non un tennista di vertice. Eppure molti dei tennisti più forti degli ultimi anni, sono figli di paesi che non posso certamente vantare nè la nostra cultura sportiva, nè la nostra eccellenza, vedi Svizzera, Serbia, Belgio. Insomma quando si parla di tennis, siamo dietro un po’ a tutti.

Nel 2009 quando le ragazze conquistarono la seconda Fed Cup, qualcuno parlo’ di “facili entusiasmi”, perchè il titolo mondiale rosa non ha certo il valore della Coppa Davis del ’74 di Panatta e Barazzutti, e perché nel tennis il titolo di squadra lascia il tempo che trova, ciò che conta sono i titoli Slam. L’Italia non solo non è mai stata in grado di allevare dei fuoriclasse, come Federer o Nadal, ma da quarant’anni non riuscivamo nemmeno ad avere tennisti da exploit, capaci di piazzare l’impresa come fu Adriano Panatta, nei lontani anni settanta. Eppure ne son passate di promesse e campioni mancati, da Nargiso a Gaudenzi, passando per Volandri.

Poi qualcosa è cambiato: dalla top ten di Flavia Pennetta, che tanto sembrava risultato di poco conto a cui aggrapparci perchè di meglio non avevamo, per non parlare della tanto inutile Fed Cup, si è arrivati a costruire qualcosa di grande. Passassero i titoli Slam in doppio (sei negli ultimi anni), passasse anche il relativo primato mondiale (dato che tale disciplina non ha certo il prestigio del singolare) ma sette semifinali, cinque finali e due titoli Slam, stanno ad indicare che anche nel tennis mondiale l’Italia ha firmato pezzi di storia.

Una finale derby in un torneo Major sono un risultato che in pochi possono vantare: gli Usa delle Williams, di Agassi e Sampras, il Belgio di Henin e Clijsters, l’Australia di Laver e Stolle, la Russia di Safina e Kuznetsova. E sarebbe inutile cercare giustificazione nell’impresa di Vinci e Pennetta, parlando di una palese flessione del livello della WTA (anche questo fa parte del gioco), perchè carta alla mano, eccetto il Roland Garros del 2010 (Schiavone) e Wimbledon 2013 (Bartoli), i titoli Slam degli ultimi anni se li sono sempre contesi le prime al mondo.

Sembrava dovesse essere così anche questa volta, le azzurre hanno sconfitto la n.1 e 2 del mondo e Roberta ha addirittura spezzato il sogno Grande Slam di Serena Williams. L’Italia a New York ha vinto perché rappresentata da due giocatrici di esperienza, da due grandi professioniste, che in questi anni hanno dimostrato di poter competere con le più forti e che al culmine della loro maturità hanno saputo piazzare l’impresa della vita.Dietro Flavia e Roberta però, sembra esserci poco e nulla, e probabilmente tra non molto torneremo a chiederci perché in Italia non siamo in grado di crescere talenti tennistici.

Non siamo un popolo di tennisti e non lo saremo nemmeno dopo aver colorato d’azzurro il torneo sul cemento più importante al mondo ma possiamo dire che l’Italia ha fatto storia, anche nel tennis.

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