U6 Open: sei giovani stelle in cerca di luce

TENNIS – US OPEN – DI RICCARDO NUZIALE – Sofia Kenin, Belinda Bencic, Madison Keys, Frances Tiafoe, Borna Coric, Nick Kyrgios. Per loro gli imminenti US Open hanno domande diverse, aspettative diverse e probabilmente risposte diverse. Con però un fattore comune: parlano tutti la lingua del domani.

Slam vuol dire anche vetrina, palcoscenico che mostra, che forgia il futuro. Slam quindi significa possibilità per il tennis giovanile, per le stelle di domani. Nomi che pian piano cominciano a esserci familiari: Alexander Zverev, Daria Gavrilova, Andrey Rublev, Ana Konjuh, Stefan Kozlov, Elina Svitolina, Thanasi Kokkinakis, Jelena Ostapenko e molti altri. 

Qui abbiamo preso un campione di sei nomi che rappresentano tre fasi distinte della prima fase di carriera, sei protagonisti che cercano risposte diverse dagli imminenti US Open: i primissimi passi pro, con l’ingresso a Flushing Meadows grazie a una wild-card; l’esplosione già incredibilmente matura, nonostante l’età ancora abbondantemente teen; le prime domande critiche di chi è predestinato ma già vede gli ostacoli della pressione.
 
SOFIA KENIN – Luogo di nascita russo, scuola americana e chioma dorata e subito i banali cronisti di tennis parlano di nuova Maria Sharapova. Ma Sofia “Sonya” Kenin ha tutt’altra mobilità rispetto alla campionessa russa, tutt’altro movimento di piedi, tutt’altra agilità.
 
Attualmente n.8 della classifica juniores, la Kenin saltò agli occhi di appassionati e addetti nel 2013, quando 15enne raggiunse la semifinale dell’Orange Bowl. Nel 2014 la consacrazione, con la vittoria della Fed Cup junior e soprattutto dell’Orange Bowl.
 
Il sorteggio è stato benevolo con lei: esordio con Mariana Duque-Marino. In premio avrebbe al secondo turno, probabilmente, Jelena Jankovic. L’anno scorso a New York CiCi Bellis ha ricordato che l’età non importa, non si deve avere mai timore reverenziale, in nessuna occasione. Chissà mai se la Kenin prenderà in eredità il suo messaggio. Anche perché sapete chi sconfisse in semifinale all’Orange Bowl? Sìsì, proprio CiCi.
 
BELINDA BENCIC – Primo turno più paternalistico la principessa dell’estate non lo poteva proprio trovare. Una partita che simbolicamente le ricorda di stare con i piedi per terra, che il successo giovanissimo può essere effimero e una prigione. Ad affrontare la svizzera all’esordio sarà infatti Sesil Karatantcheva, bulgara che dieci anni fa, a sedici anni non ancora compiuti, raggiunse un clamoroso quarto di finale al Roland Garros (sconfiggendo tra le altre Venus) e chiuse il 2005 n.35, prima di subire una squalifica per nandrolone e passare questo decennio tra faticose risalite, facendo di lei ora una giocatrice di 26 anni dalla carriera incredibilmente vissuta.
La carriera della Bencic sembra destinata a tutt’altri binari, ma va visto quanto, nella fantastica cavalcata recente, c’è di attuale e quanto di premonitore. In altre parole quanto sia già pronta per conquistare il mondo del tennis femminile. E non c’è dubbio che questo torneo rappresenti per lei il primo esame di maturità importante, visto che per la prima volta in carriera si appresta a dover difendere un risultato pesante, vale a dire il quarto dello scorso anno. 430 punti in scadenza che non sembrano affatto proibitivi per la BB rossocrociata: l’enigma Venus in un teorico terzo turno, la schizofrenica Pliskova agli ottavi. Ai quarti ci sarebbe, sempre in via del tutto teorica, Serena. E a quel punto se la monetina del fato deciderebbe per la rivincita sanguinaria o il passaggio di consegne tuonante, sarebbe comunque spettacolo imperdibile.
 
MADISON KEYS – Come giudicare finora questo 2015 targato Lindsay Davenport? Il bicchiere mezzo vuoto ci suggerisce che troppe sono state le eliminazioni precoci, dato che in addirittura dieci tornei non è riuscita a vincere due partite (l’ultimo questa settimana a New Haven, sconfitta in rimonta dalla Kvitova dopo aver battuto Elina Svitolina). Un dato che preoccupa, che dimostra come la Keys non sia ancora del tutto provvista di una dote fondamentale dei campioni, quella di vincere anche nelle giornate no. Che dimostra anche come il suo tennis necessiti di partite, di palline colpite, per innescarsi in pieno. Il bicchiere mezzo pieno ci ricorda però che, oltre a un’altra finale giocata contro Angelique Kerber (stavolta persa, a Charleston, buttando un vantaggio di 4-1 nel set decisivo), il 2015 l’ha vista grande protagonista negli Slam: semifinale in Australia, quarti a Wimbledon e se è vero che a Parigi ha perso al terzo turno, lo ha fatto dopo aver battuto Lepchenko e Bencic. Questo ad evidenziare come l’americana sappia benissimo quando e dove “impegnarsi”, come senta l’evento.
A New York lo dovrà però sentire particolarmente e relativamente in fretta, dato che il sorteggio non le è stato molto amico: un esordio sulla carta abbastanza tranquillo contro Klara Koukalova (anche se lo scorso anno a Wimbledon fu battaglia vera per due set), a 33 anni ancora alla ricerca della prima partita vinta in un main draw di Flushing Meadows, al secondo turno l’insidia Smitkova, poi…comincerebbero davvero le danze. Contro Aga Radwanska non ha mai vinto in quattro precedenti, l’ultimo dei quali il recente quarto di Wimbledon; se dovesse riuscire a superare questa sua bestia nera, ad attenderla con ogni probabilità ci sarebbe Serena Williams. E a quel punto con quale coraggio si potrebbe dire di non aver nulla da perdere? Quale prestigio più grande di essere colei che ha fermato il sogno Grande Slam della grande fuoriclasse della contemporaneità, nonché connazionale? D’altra parte la stessa Serena, dopo il loro scontro in semifinale a Melbourne, disse che “è stato un grande onore giocare contro qualcuno che diventerà la n.1, in futuro.” Parole che hanno il sapore di responsabilità.
 
FRANCES TIAFOE – Questi Stati Uniti in costante preghiera, con i vari Sock, Donaldson, Fratangelo e, scendendo d’età, Fritz, Mmoh, Kozlov, Opelka, ecc. Ormai, dopo anni di speranze mal nutrite, è sempre più difficile entusiasmarsi per la next big thing di turno di zio Sam, invitando alla calma per istinto di conservazione. Dei giovanissimi Tiafoe è il meglio classificato in classifica, al n. 275; dei classe ’98 solo il coreano Duck Hee Lee è messo meglio, al n. 249.
Che il ragazzo vada di fretta lo si è capito da un pezzo: nel 2013, a neanche 16 anni, divenne il più giovane vincitore della storia dell’Orange Bowl, mentre quest’anno, guadagnandosi la wild-card con la vittoria del concorso USTA in merito, è diventato il più fresco partecipante americano del Roland Garros dai tempi di Michael Chang. Questa settimana, infine, dopo aver superato le qualificazioni, a Winston-Salem, ha vinto la sua prima partita in un main draw ATP, superando al tie-break del terzo James Duckworth.
Dati che, con le dovutissime sopramenzionate cautele del caso, fanno presupporre una caratura e un carattere da ottimo giocatore.
L’esord
io nello Slam di casa non sarà dei più semplici, dato che sarà impegnato contro Troicki, ma in fondo non sarebbe che l’ennesimo record di precocità, no?
 
BORNA CORIC – Due vittorie contro top 10, due vittorie contro top 3. Vittorie contro Rafa Nadal ed Andy Murray. Ad appena 18 anni. Eppure la piena maturità ancora lontana la si percepisce dal fatto che quest’anno il croato ha un bilancio molto poco lusinghiero contro i top 30: due vittorie (Murray a Dubai e Robredo al Roland Garros) e ben quattordici sconfitte (in nottata a Winston-Salem è arrivata l’ultima, contro Kevin Anderson). D’altra parte l’identità tecnica ancora incompleta, soprattutto sul lato del dritto, è ancora tallone d’Achille troppo ghiotto per i giocatori più navigati del circuito. E se manca ancora qualcosa a Coric a livello d’immagine mediatica, è un exploit Slam: certo, lo scorso anno proprio a New York fece il suo esordio major superando in tre netti set Rosol, mentre quest’anno a Parigi ha raggiunto il terzo turno battendo Querrey e Robredo. Ma non sono vittorie da copertina, successi spartiacque per una carriera.
Tutto questo lo è potenzialmente l’incontro di primo turno contro Nadal, che però – aldilà del valore dell’avversario – presenta diverse insidie, due su tutte: l’h2h, il precedente dello scorso anno di Basilea, potrebbe dare a Coric eccessiva confidenza, fargli dimenticare la differenza di peso tra una partita 500 (torneo oltretutto giocato controvoglia da Nadal, da poco rientrato dopo la pausa americana) e una Slam. Non sarà lo stesso Nadal, sebbene sia molto preferibile affrontarlo subito che in fase avanzata di torneo. Allo stesso tempo, però, il peso Slam lo potrebbe sentire nel palcoscenico: Coric non ha mai giocato match major contro i primissimi e di conseguenza non ha mai assaggiato il grande evento da grande stadio. Soprattutto se il match dovesse essere programmato sull’Ashe, autentico tempio del caos megalomane, Coric potrebbe in parte soffrirne l’impatto. Anche se – va detto – in questo anno di professionismo ad alti livelli il croato ha dimostrato quale straordinaria macchina agonistica sia. Non si arriva a sfiorare la top 30 a nemmeno 19 anni per nulla.
 
NICK KYRGIOS – Arriviamo infine al grande accusato del periodo, l’edificatore della nuova Sodoma. La cui punizione non sembra avere fine, dato che alle varie sanzioni disciplinari si è aggiunto il sorteggio per lui peggiore, Andy Murray, contro il quale è riuscito a superare la soglia dei quattro game vinti solo in un’occasione in otto set giocati. Un incastro tecnico che evidentemente infastidisce il giovane australiano, aldilà del valore e della classifica del suo avversario, oltretutto in grandissima forma (vittoria a Montreal, semifinale a Cincinnati). Nonostante gli inevitabili alti e bassi dovuti a temperamento ed età, il 2015 di Kyrgios è stato tutt’altro che disprezzabile: quarti agli Australian Open, ottavi a Wimbledon, prima finale ATP della carriera (Estoril, netto ko contro Gasquet), tre vittorie contro top 10 (Federer, Raonic e ovviamente Wawrinka, il tassello al veleno che ha innescato il domino). Tutti risultati però che sono arrivati prima del fatto, dopo il quale ha perso due partite senza conquistare un set. A Cincinnati ha anzi subito un umiliante 62 61 da Gasquet, complice un problema alla schiena che l’ha condizionato sin dall’inizio.
Condizioni psicologiche delicatissime, una salute fisica che dopo Cincinnati è da verificare e un avversario ancora per lui ingestibile fanno presupporre che gli US Open di Kyrgios finiranno molto presto. Ma anche assecondando quest’ipotesi, questa partita sarà per l’australiano un esame a prescindere dal risultato finale; se è vero che la sua esuberanza lo ha portato sia a battere Nadal a Wimbledon che rendersi protagonista di episodi non ascrivibili al galateo tennistico, qui Kyrgios ha la possibilità di mostrare il carattere nell’accezione da tutti auspicata, il carattere agonistico che ha già fatto vedere. Vada come vada, questo primo turno da palcoscenico è la possibilità di porre il primo mattone per un nuovo inizio che può chiamarsi solo domani.
 

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