Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
20 Ago 2014 11:00 - Commenti
Nadal e le stagioni a singhiozzo: carriera già scritta?
di Rossana Capobianco
TENNIS – QUIET PLEASE!- Di ROSSANA CAPOBIANCO – Con il passare delle stagioni ci siamo sempre più abituati ad un Rafa Nadal a tempo determinato: saltuariamente l’iberico si ferma per via di infortuni o per prevenirne altri: dobbiamo abituarci a questa seconda parte di carriera del maiorchino, in questo senso simile a quella di Andre Agassi (che per Slam mancati rimane inarrivabile) o tornerà ad avere più continuità?
Scrivere nella stessa frase Nadal e discontinuità è improprio, ci rendiamo conto. E’ strano, stonato, quasi eretico da un certo punto di vista. I successi di Rafa, specie sulla terra battuta (ma non solo) lo dimostrano. Grazie alla continuità di lavoro e a risultati straordinari e perpetuati per anni ha acquisito uno status immortale nell’Olimpo del tennis.
Eppure Nadal in questo 2014 salterà gli US Open, oltre a due MS1000. Dopo un 2013 in cui trionfò praticamente ovunque, ma anche in quel caso saltò un’altra prova Major, in Australia. Nel 2012 mancò sempre a New York e si prese in tutto sette mesi di stop, causa ginocchio, che aveva bisogno di cure e riposo. Se spulciamo ancora nel passato, seppur con meno frequenza, troveremo dei forfait di questo tipo. Sempre in tornei importanti. Il maiorchino a cui piacciono i record è un campione che mai avrà una continuità di presenze pari a quelle dei grandi del passato e del presente (ad esempio Roger Federer, che a New York giocherà il suo sessantesimo slam consecutivo o Djokovic che è quasi arrivato a quaranta).
La sua è una carriera diversa, costellata da pause improvvise e ripartenze sorprendenti: nessuno la scorsa stagione si sarebbe mai aspettato una marcia trionfale iniziata in Sudamerica e conclusasi a Flushing Meadows, con ben 4000 punti conquistati nell’estate americana, un successo sul cemento in passato così odiato e criticato.
Le lamentele per calendari troppo colmi e ritmi forsennati da parte di Rafa e del suo clan non sono mai mancate, così come l’auspicio di un ranking su base biennale, come nel golf, per garantire una classifica molto più statica atta a tutelare chi si infortuna spesso o accusa troppa fatica; è dispendioso il tennis di Nadal, lo sa lui e lo sanno i suoi tifosi che nel corso degli anni si sono abituati ad un continuo singhiozzare tennis da parte dello spagnolo.
Ultimamente, però, la cosa pare essersi accentuata: gli anni di professionismo iniziano ad esser parecchi e nonostante Rafa abbia modificato in parte il proprio tennis nel tempo la base è sempre stata fisica, troppo fisica. Ha smesso di essere il ginocchio il problema (anche se qualche volta il dolore, a detta dello spagnolo, si ripresenta), sono comparsi altri acciacchi: la schiena a Melbourne, pochi giorni prima di partire per il Canada anche il polso destro, che non ha impedito a Nadal di allenarsi col dritto e di sperare fino alla fine di partecipare ai prossimi US Open, invano.
E’ anche vero che chi non è mai mancato non sempre è stato al 100% fisicamente; Nadal spesso, probabilmente, preferisce non rischiare e non ama essere poco competitivo. Se va, vuole sapere di potere vincere: una scelta chiara e precisa.
L’unico grandissimo del tennis che ha una storia simile quanto a presenze e assenze negli Slam è Andre Agassi che, per motivi diversi ma spesso anche per infortuni e problemi di forma, ha saltato la bellezza di ventitré tornei dello Slam (ma non è mai mancato agli US Open) in vent’anni di carriera.
Quale sarà il futuro di Nadal? Probabilmente dovremo abituarci a quest’alternanza continua fino a fine carriera, che è riuscito comunque a gestire egregiamente, continuando a vincere in una discreta discontinuità di presenze.