di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – Di Andrea Scodeggio
La sfida di Fed Cup contro la Repubblica Ceca è stata netta e senza discussioni. Il 4-0 ad Ostrava, è un solco non pronosticabile ma spiegabile. O meglio, la sconfitta non era inaspettata, perché di fronte avevamo la formazione più forte fra le quattro rimaste e giocavamo in casa loro, sulla velocissima superficie della loro arena che per le nostre giocatrici era quasi un tabù.
Tutte queste attenuanti però non giustificano una debacle piuttosto importante e senza aver vinto nemmeno un set, se non nell’ininfluente doppio a risultato già acquisito per le nostre avversarie.
Ciò che preoccupa è la proporzione di tale disfatta, tanto da far dubitare qualcuno sulla reale forza della nostra nazionale, capace di vincere 4 Fed Cup dal 2006 ad oggi, ed iniziare a porsi la fatidica domanda: è finito un ciclo?
L’ipotesi è azzardata, anche perché si parla di una sconfitta arrivata in semifinale e contro l’armata più forte, ma è chiaro che la difesa del titolo conquistato lo scorso anno è stata fin troppo arrendevole. Il discorso è semplice e risiede anche nella condizione fisica. Sara Errani e Roberta Vinci, dopo due anni straordinari, stanno tirando il fiato in questa stagione e finora non hanno collezionato grandi risultati, se non una finale a Parigi per l’attuale n.11 del mondo. Questo la dice lunga su quanto entrambe le nostre punte di diamante siano in un momento delicato, tanto che il nostro ct Barazzutti ha preferito schierare al primo giorno la giovane Camila Giorgi perché considerata più in forma ed adatta su questa superficie, sacrificando la Vinci.
Sara e Roberta hanno un fisico diverso dalle giocatrici più muscolose e da sempre giocano in maniera diversa rispetto alle altre. I vantaggi delle loro variazioni e la rapidità dei loro movimenti ha permesso loro di sconfiggere giocatrici anche superiori alla loro portata, finendo per perdere solo con le big come Serena Williams, Maria Sharapova e Victoria Azarenka. Con tutte le altre se la sono sempre giocata, arrivando anche a togliersi parecchie soddisfazioni. Ad oggi, dopo questi due anni fantastici, stanno pagando questo sforzo e le avversarie hanno anche imparato a conoscerle ed essere subito aggressive, per impedire alle nostre di poter sviluppare il proprio gioco e prendere il possesso dello scambio. Su una superficie come la terra è più facile per le nostre riuscire a rendere più difficoltoso il gioco delle avversarie, perché il rimbalzo più lento permette sia alla bolognese che alla tarantina di poter sviluppare le loro trame preferite di gioco, mentre ad Ostrava e con quel cemento così veloce, non è stato possibile. Per Roberta ci può essere un discorso anche d’età, perché le primavere alle spalle, classe 1983, cominciano a pesare, sebbene sia più giovane di un anno della brindisina Flavia Pennetta.
Parlare di crisi e di ciclo finito è forse azzardato, perché qualcosa in termini di ricambi si inizia a vedere: da Camila Giorgi, che sta acquisendo esperienza, all’apporto che saprà dare Karin Knapp, inoltre stanno trovando proprio in questa stagione i primi risultati di livello sia Gioia Barbieri che Nastassja Burnett; la prima ha ottenuto a Stoccarda la prima qualificazione assoluta in un main draw Wta e sotto lo sguardo vigile di Giorgio Galimberti in qualche anno ha dimezzato il suo ranking assenstandosi ora nei pressi delle top-200, la seconda invece sulla terra di Rio de Janeiro ha ottenuto una grande semifinale, fermata solo dalla futura vincitrice del torneo Kurumi Nara. In ultima istanza c’è da considerare che se per Roberta e Flavia si può cominciare a parlare di questioni anagrafiche, Sara è relativamente giovane. A fine aprile gli anni saranno 27 e con l’età media tennistica che si allunga, ci sarà tempo per rivederla tornare tra le prime dieci del mondo. La rinascita di Flavia dovrebbe aver insegnato che troppo spesso si addita la parola “Finito”ad un atleta per una flessione anche di poco conto.
In conclusione, la crisi traspare sullo stato di forma deludente di Errani e Vinci più che sul movimento tennistico italiano. Spodestare la loro posizione però non appare come la soluzione più adeguata, perché solo la Giorgi ha dimostrato di poter arrivare a buoni livelli ed inserirsi in questo gruppo, ma non è ancora in grado per una mera questione di abitudine di saperlo condurre alla vittoria. Le altre giovani poi, ancora meno. La flessione c’è ed è inutile nasconderla, ma non si può ingigantirla in proporzioni catastrofiche o pessimistiche, come spesso capita in Italia dopo un risultato deludente. Non dimentichiamo come l’Italia delle riserve si sia brillantemente qualificata in questa semifinale, segno che il ricambio c’è e che bisogna dargli tempo per venire in soccorso alle nostre che stanno tirando il fiato. I venti di crisi sono, per ora, una lieve brezzolina che non deve essere comunque sottovalutata. Prevenire è meglio che curare.