di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
20 Gen 2014 11:20 - La parola del Direttore
Australian Open: Dimitrov, il ragazzo del futuro che non accetta soprannomi
di Daniele Azzolini
Da Melbourne, l’inviato Daniele Azzolini
Il ragazzo del futuro sopporta con disinvolta indifferenza i soprannomi che il tennis ha scelto per lui, e pazienza se la strada verso la notorietà incroci, talvolta, gli aspri sentieri del grottesco. Tre nickname a ventidue anni, se non fanno un record, di sicuro mostrano una personalità multiforme, sempre che siano azzeccati. Il primo fu Baby Fed, e lui, Grigor Dimitrov da Haskovo, Bulgaria, ha impiegato due anni buoni per strapparselo di dosso. Gli venne dai molti che giuravano di aver visto nei suoi gesti, nelle movenze, nelle cadenze tennistiche la reincarnazione del primo Federer.
Troppo giovane per non perderci la testa, Grigor visse due anni da replica di Sua Inclonabilità, poi si convinse a cercare se stesso. Così gli toccò in sorte “Prime Time”. Altra storia, questa. Fu Gill Reyes ad affibbiarglielo, il preparatore atletico di Agassi. Gill sosteneva che il ragazzo desse il meglio di sé solo sotto i riflettori, meglio se di una diretta televisiva in prima serata, in prime time per l’appunto. Sotto sotto, un insegnamento c’era: per fare il tennista d’alto bordo è bene imparare a tirar fuori colpi e grinta in ogni occasione. Dimitrov prese nota. Poi venne il terzo nomignolo, il più ovvio e insieme il meno desiderato fra tutti, dovuto alla impegnativa signora con cui il giovane teneramente si accompagna, mano nella mano. Mister Sharapovo. E qui, poco da fare. Non ci si fidanza con una multinazionale senza pagare pegno. Anche se Maria, carina, è disposta persino a rinunciare ai tacchi, per lui. Finirebbe per incombere sul poverino, anche quando escono di casa per fare due passi.
Dopo aver battuto Milos Raonic, 23 anni, in una delle rarissime sfide fra giovanetti di questo tennis vietato ai minori, Dimitrov si è portato avanti col lavoro e ha sgonfiato Bautista Agut, che molto aveva colpito la fantasia degli australiani nei giorni scorsi per essersi mostrato a suo agio nel randellare uno dei massimi “randellatori” del circuito, Juan Martin Del Potro.
Prima volta nei quarti, una nuova carriera che ha inizio, dopo qualche inciampo e un pizzico di pudore… Ma va capito, il giovane Grigor. Non c’è spazio in questo tennis per gli sbarbatelli. Lui, Milos, Vesely il ceco e Tomic… In quattro Under 23 fra i primi cento, colpa di un circuito decisamente conservativo nei meccanismi del ranking e di una novità emersa in questi ultimi anni, che vedono i più forti trasformarsi in uomini-azienda, circondati da staff sempre più selezionati e multiformi, composti da segretari, preparatori, manager, e coordinati da coach che assicurano la lunga conservazione dell’atleta sul mercato tennistico. Scordatevi un ritorno agli anni Settanta dei molti diciassettenni (Borg, su tutti), tanto più una riedizione dei Novanta dei quindicenni alla Chang. Oggi i giovani son chiamati a far lunga gavetta. Con felice sintesi, Riccardo Piatti (ora vicino a Raonic, allenato dall’ex allievo Ljubicic), ha indicato così i cambiamenti in atto: «I campioni guadagnano talmente bene che investono su chi può aiutarli a guadagnare bene il più a lungo possibile».
Per contrappasso, Dimitrov le sue vittorie le sta ottenendo sul campo dedicato a chi, fra tutti, ha giocato e vinto per un’infinità di anni. Margaret Court Smith, 64 vittorie Slam in carriera, fra singolo, doppio e misto. Ma non c’è da sperare che il pupo si sia intrattenuto in simili riflessioni. Semmai, c’è da spiegare a che cosa si deve questo salto di qualità che lo ha consegnato dritto ai quarti dello Slam australe. Certo, la mano è buona, gli schemi appaiono già affinati, i colpi base risultano addirittura limpidissimi e il rovescio (a una mano) commuove gli amanti del genere. E poi? «Roger mi ha insegnato a essere più professionale», ha spiegato il giovane Dimitrov. Quale Roger? Rasheed, al momento, cioè il nuovo coach. Ma anche l’altro, il Roger Maggiore, al secolo Federer, fa parte dell’azienda Sharapovo. Dimitrov è da quest’anno nella scuderia dello svizzero, la nuova Team8 che ospita anche Del Potro. Dunque è di fatto il suo manager. «Deve lavorare di più, molto di più», il consiglio che gli ha spedito Federer, incontentabile. Intanto, Grigor, nei quarti, andrà a sbattere su Nadal. Chissà se chiederà proprio a Federer come giocarci contro. Forse no…