di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
Una volta un simile affronto una nazione non l’avrebbe subito. Una volta l’interesse per la patria andava aldilà di ogni puro spirito individualistico e pura gloria personale, anche se si trattava di un incontro di tennis. Il rispetto per il proprio Stato di appartenenza, prima di tutto e poi veniva il resto.
Ora queste sono congetture vecchie e datate, che suonano un po’ buffe paragonarle ad un affronto. Eppure pare difficile liberarsene, come se veramente non rispondere alla chiamata “alle racchette”( perché le armi nel tennis fortunatamente non servono) sia una vergogna infamante, una colpa che riesuma antichi regimi dittatoriali morti e sepolti da anni.
Il “Caso Vesnina” ha fatto molto scalpore. Un po’ perché inaspettato ed un po’ perché ha fatto riemergere l’antica diatriba, evolutasi in diversi contesti e modi di operare, se sia meglio servire la propria patria oppure badare ai propri interessi, economici e di classifica.
Elena Vesnina ha annunciato il forfait nella finale di Fed Cup in programma a Cagliari il 2 ed il 3 novembre, perché, proprio nello stesso periodo, si gioca il Tournament of Champions di Sofia, il cosiddetto Master B che viene giocato dalle giocatrici della WTA escluse dal master di Istanbul e che hanno vinto almeno un torneo International, oltre a due wild card assegnate alla Ivanovic, precedente vincitrice del torneo, ed alla Pironkova, l’atleta di casa. Tra la Fed Cup ed il Master, Vesnina ha optato per la seconda, motivando la sua scelta al raggiungimento dei primi venti del mondo (attualmente è al numero 24 della classifica) in caso di vittoria, traguardo solamente sfiorato nel 2009 ma mai agguantato.
La decisione non è passata inosservata, anche per l’importanza della giocatrice per la propria nazionale di tennis. In passato comprimaria, ora che si era conquistata un posto sicuro fra le partecipanti alla finale, decide di mollare tutto preferendo un torneo di minor portata, almeno come storia e tradizione. Il Master B è nato nel 2009, mentre la prima edizione della Fed Cup è datata 1963 ed è da sempre la competizione più prestigiosa fra le nazioni mondiali di tennis. Solo che l’apparenza, molte volte, inganna perchè la realtà dei fatti delinea una situazione molto diversa.
La Fed Cup così come la Davis, hanno finito per pagare il calendario fitto di impegni ed il poco appagamento, è proprio il caso di dirlo, dei compensi di ogni incontro vinto, anche in termini di ranking. Non è un mistero affermare che la Fed Cup abbia perso appeal per colpa di queste considerazioni di non poco conto. Lo spirito patriottico è di per sé un’ideale sopito, non dimenticato, e che per essere risvegliato occorrono motivazioni, che non siano solo di valore etico e morale. Non basta più l’onore di rappresentare la propria nazione, non è sufficiente. Il caso Vesnina è solo l’ultimo di una serie che ha coinvolto anche atlete più rinomate come le sorelle Williams, che diedero più volte forfait a questa manifestazione, o la stessa Maria Sharapova che aveva dato forfait alla finale ad aprile ancor prima dei problemi alla spalla.
C’è da ironicamente celebrare l’autogol della federazione che ha fatto combaciare i due eventi, dando un colpo di grazia alla manifestazione. Agendo in questo modo non si sono resi conto della pericolosità di questa concomitanza, costringendo le ragazze ad un bivio. Accusare le giocatrici risulta facile, quando si può evitare di porle ad un crocevia fra la loro carriera e l’amore per il proprio vessillo nazionale.
La scelta di Elena è stata oramai presa, per la gioia delle nostre Vinci ed Errani che non se la troveranno di fronte nel doppio, visto che in passato hanno sempre sofferto le sue capacità e nell’ultimo Roland Garros sono state detronizzate proprio dalla Vesnina in coppia con Ekarina Makarova, altra russa che giocherà la finale. Per il capitano della Russia Tarpischev ora la difficoltà di trovare una sostituta adeguata, vista anche l’importanza cruciale del doppio. Scontate Kirilenko e Makarova, troverà sicuro posto la Pavlyuchenkova, già comparsa in semifinale, e resta da decidere l’ultimo posto utile. La favorita sembra essere l’esperta Kutnetsova, vincitrice degli Us Open nel 2004 e del Roland Garros nel 2009, mentre paiono lontane le prospettive di vedere in campo ragazze giovani come la Gavrilova o la Chromačëva, troppo acerbe per una finale così importante. Da escludere ritorni improvvisi come Vera Dushevina, in passato in Fed Cup ma precipitata oltre il numero 550 della classifica WTA. Ha ben poche speranze perfino Nadia Petrova, vista l’annata disastrosa e l’inevitabile declino dopo anni di buonissimo livello (ex numero 3 del ranking). Zvonareva è ancora ai box per l’infortunio patito in Australia e non tornerà prima del 2014 e le altre paiono francamente poca cosa perché troppo acerbe o troppo discontinue.
La federazione russa paga la preferenza di Elena, complice una federazione, la ITF, distratta e che non si è ancora resa conto di come la competizione venga considerata.
In Italia accade il contrario, dove è l’abbondanza di patriottismo a rigonfiare nel petto delle nostre azzurre. Nessuna ha voglia di saltare l’appuntamento con la storia ed un caso analogo, avvenuto nel 2010, lo fece registrare Flavia Pennetta che si trovò a scegliere anche lei fra il Master B e la finale di Fed Cup: scelse la finale. Questioni di punti di vista e di scelte. Accusare di oltraggio alla bandiera russa la Vesnina, appare facile ma è come sparare sulla croce rossa. La manifestazione, invece, andrebbe riveduta alla base e dovrebbe garantire la possibilità alle giocatrici di non dover scegliere. Casi come questo saranno destinati a ripetersi in futuro e chissà che un giorno una nostra atleta non scelga diversamente da ciò che fece Flavia, comportandosi come Vesnina?. Questione di punti di vista e di scelte, si diceva, ma la IFT non costringa le atlete ad affrontare queste decisioni, se non vorrà, in un futuro non troppo lontano e roseo, doversi accorgere di come il fascino della tradizione non sia motivazione sufficiente per rispondere alla chiamata alle racchette.