Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
Dal nostro inviato
Daniele Azzolini
New York. Aveva un’occasione grande, Seppi, e l’ha buttata, come millanta ne ha buttate nella sua carriera, frenato da un tennis a scartamento ridotto che non trova sbocchi nel talento e si accartoccia su se stesso ogni qual volta viene a mancare un ingrediente, vuoi la convinzione, vuoi l’attenzione, la sicurezza, quel pizzico di autostima che non guasterebbe. L’avversario era conosciuto, Denis Istomin, lo stesso con cui Andreas aveva guerreggiato per quasi tre ore a Wimbledon, precedendolo di due set prima di subire la rimonta e trovare le giuste cadenze solo nel quinto set. L’imbattibile uomo dei cinque set, si era detto e scritto in quella occasione, titillati dal bel record seppiano sulla distanza più lunga: sette partite su sette incontri.
E invece, ecco che Istomin si ripresenta, pervicace come un uzbeco (del resto… è un uzbeco!), e con lui si ripresentano i cinque set e una successione di punteggio che molto ricorda quella di Wimbledon, seppure scritta al contrario, quasi l’incontro fosse in copia non conforme. Avanti Istomin, stavolta, primo e secondo set. Poi il recupero di Andreas, nel terzo e nel quarto. E che cosa ti va a combinare Seppi a questo punto? Sparisce di scena, nemmeno lo avessero cacciato a male parole. Se ne va. Ammutolisce. Non trova un colpo che è uno. E lo fa sull’1-1, 0-40 in suo favore, dando vita al più scadente quinto set della sua carriera.
Saltano i record che il match gli avrebbe portato in dote, e sinceramente, è un peccato. L’uomo dei cinque set oggi segna 7 a 1 nella particolare specialità. Quel che è peggio, Seppi fallisce ancora una volta gli ottavi agli Us Open. Vi fosse riuscito sarebbe diventato il primo italiano a mettere piede negli ottavi in tutti i tornei del Grand Slam. Sarebbe stato, per dire, uno Slammettino in tono minore, ma indicativo della buona predisposizione seppiana su tutte le superfici. Insomma, un piccolo record da tenere di conto (gli restano comunque i quattro terzi turni ottenuti nell’annata).
Non solo, fosse riuscito a svoltare la prima settimana, Andreas si sarebbe tirato su anche nella classifica, che lo ha visto numero diciotto per troppo poco tempo. I quarti, ci assicurano quelli che questi conti li sanno fare, sarebbero valsi un nuovo ingresso tra i venti e forse un nuovo best ranking. Dal prossimo lunedì sarà probabilmente al 21° posto.
Di Istomin poco da dire. Ha fatto il suo, l’ha fatto bene, non ha colpi da genio e nemmeno colpi da ricordare. Ma è conciso, e se trova il punto dove indirizzare i suoi strali, insiste su quello con particolare zelo. Così ha fatto con Seppi, aprendosi quasi sempre il varco per il rovescio lungo linea.
Si sa, ha un nome da purgante, il povero Istomin. Talvolta gli capita di farne anche l’effetto.
«Un po’ di rammarico c’è, la partita è girata su due o tre colpi. Potevo essere io a condurre 3-1 nel quinto, invece è stato lui a staccarsi. Lì mi ha tagliato le gambe», il riassunto di Seppi. Il problema è un altro. Poteva fare di più. «Sì, potevo fare di più», è la sua risposta. E tanto basta.