Us Open: Nadal in semifinale, nel derby senza storia con Robredo

Ancor prima di qualsiasi considerazione, vedere scendere sul terreno di gioco Nadal e Robredo dispiace ed il motivo lo si conosce bene.

 

L’ipotetico quarto di finale più atteso, è sfumato ancora una volta, perché Federer ha mancato l’appuntamento. Accanirsi contro Robredo risulta facile, ma anche ingiusto. Il rispetto lo merita anche solo per la difficoltà da cui è riemerso e nessuno può imputargli colpe. E’ comunque innegabile che il fascino della sfida si sia spento appena Roger ha stretto mestamente la mano allo spagnolo e sia uscito dal campo svuotato, lasciandoci interdetti.

Concentrare l’attenzione su chi non c’è non è corretto, ma inevitabile. Due giorni dopo ancora non ci si capacità del perché, eppure è lì da vedere. Robredo ha soppiantato il posto a chi, se si guarda solo la folgorante carriera, gli spettava di diritto. Il tennis è però un gioco e come tale ha una regola semplice ma spietata: chi vince resta! L’attuale Robredo, con il suo tennis regolare, piatto e conservativo, aveva più chance di reggere l’urto del compressore Nadal, rispetto al Federer visto negli ultimi mesi: sprazzi di bel gioco, alternati a pause prolungate e denigranti. Il vero Federer oggi non è presente, in campo a palleggiare con Nadal, alla buona pace di tutti i detrattori, i critici ed i meno entusiasti, c’è Robredo.

Detto questo, l’esito del match smentisce un po’ tutto il mio tentativo di giustificare uno scempio, perché non fin dalle prime battute non è esistita una partita: 6-0 dopo ventidue minuti, riassumibile in un Nadal devastante ed un Robredo lontano parente di quello ammirato contro Roger, falloso al servizio (un game è stato regalato con due doppi falli e due errori, uno di dritto ed uno di rovescio) e costretto a fare da tergicristallo ad ogni scambio da fondo campo.

Il secondo set è proseguito sulla stessa falsa riga del primo: subito break in apertura e confermato nel game successivo a favore di Nadal. Il pubblico, in un atto di pietà, deve godere delle poche emozioni del match, incitando Robredo dopo aver conquistato due punti, con due vincenti consecutivi. Alla conquista del suo primo game (dopo otto di fila in favore di Nadal), il pubblico ha gridato come fosse un match point, nonostante perfino l’occhio elettronico gli stesse portando via la possibilità di questa difficoltosa conquista, giudicando buono un vincente di Nadal con la riga appena spizzicata.

E’ un fuoco di paglia ma che ha reso il punteggio del set meno amaro ed ha trasmesso un po’ di fiducia in Robredo, tanto da spingerlo fino ai vantaggi sul servizio di Nadal nel sesto gioco del set. Mera illusione, stroncata dal ritorno prepotente di Rafa che non solo ha confermato il break, ma ne piazza un secondo e chiude il set: 6-2, in appena un’ora ed un minuto di gioco.

Il funerale del match, perché si può benissimo abusare di questo termine, è breve, non tanto per la durata ma per l’esito scontato, seppure il match è divenuto più equilibrato e Robredo riesce a tenere, nel primo gioco, il game a zero per la prima volta e si porta perfino avanti 2-1, l’ultimo sussulto prima della definitiva conclusione. Il monologo Nadal prosegue ed il break nel quinto gioco decreta la parola fine ad uno spettacolo dove un solo interprete ne è stato degno. Poco vale aver vinto lo scambio più lungo del match (24 tiri), Robredo non era all’altezza del suo avversario.

Risultato finale, Nadal demolisce Robredo: 6-0, 6-2, 6-2; facendo aumentare i rimpianti di un match mancato, con il fantasma del vero Roger che ha aleggiato nel cuore di tutti, tifosi e non.

Accanirsi contro Robredo ora risulta più facile, seppure sempre ingiusto.

 

 

 

Dalla stessa categoria