di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
dal nostro inviato a New York, Daniele Azzolini
Avevano preso le mosse da un segno preciso, questi Open all’italiana. I confronti fraterni del recente passato, le liti, i musi lunghi. Le amicizie compromesse, avevamo scritto noi di OkTennis. Poi le smentite, quelle scritte dai reggimoccoli, e quelle più veritiere, delle ragazze, che ci sono venute a dire di sentirsi ancora “sorelle”, nonostante qualche baruffa, inevitabile fra chi svolge un mestiere che ti spinge al confronto. Potete pensarla come volete, ma era il segno giusto, quello indicato. Per capire, per entrare negli sviluppi di questo Slam azzurro. Il confronto fra amiche è a rischio, quando la rivalità si accende. Funziona se il rapporto è sbilanciato, diventa un disagio quando si procede spalla a spalla, e si vuole tagliare il traguardo prima dell’altra. Non era un concetto difficile. Solo gli sciocchi non lo capiscono.
Sono giunti altri derby, infatti. E altri ne arriveranno. Ieri (giovedì) Pennetta ed Errani. Sabato Knapp e Vinci. Poi, chissà… Ed è sui derby che continua ad avvitarsi questo nostro Slam, con imprevisti cambi di scena, e non soltanto di umori. Mercoledì sera, a qualche ora dal confronto, era Flavia la tennista alle prese con il momento più delicato della carriera. Oggi, lei ne è fuori (così sembra, così è se vi pare), mentre vi è precipitata a piedi uniti Sara Errani, per sua stessa ammissione. Mi chiedo: è per caso contagiosa la crisi? Non credo, anzi, direi proprio di no. Però è curioso, sembra quasi che la Pennetta l’abbia attaccata alla Errani, come in quei giochi fra bambini, che quando ti toccano ti passano tutto ciò che di più disgustoso avevano enunciato prima del via, e a tua volta sei costretto a rincorrere gli altri per passare a loro il fardello nauseabondo. Mah…
Il derby che nessuno si sarebbe aspettato. Su questo credo possiamo essere d’accordo. Flavia regale, signorile, forte sulle belle gambe, robusta negli “a fondo” con i colpi base, letale al servizio. Sette aces, uno addirittura sulla seconda palla. E Sara? Fiacca, sfasata, priva delle consuete capacità di combattere. Poi costernata, per la pochezza evidente del suo tennis. Infine distrutta nel morale.
Il tennis dà, toglie, e qualche volta sbatte le porte in faccia. È capitato a Sara, stavolta, e nemmeno le lacrime sono servite a far defluire i cattivi pensieri. «Non piango per la sconfitta», ha detto, «ma perché da qualche tempo non sono più io. Non so il perché. Non so darmi risposte. Ma in campo mi sento infelice, frustrata, smarrita. Sento di dover lottare, e invece vorrei scappare. Forse ho avvertito tutte insieme le pressioni di quest’anno cui chiedevo conferme. A Parigi mi sentivo forte e coraggiosa. Ora non so bene che cosa fare».
Non abbiamo noi l’antidoto. Ma Sara non è la prima a sentirsi confusa, in questo tennis esagerato nei colpi come nelle angosce. Normalmente si reagisce lavorando, senza mollare, e così crediamo farà anche lei. La classifica è buonissima, il Masters di fine anno è a un passo. Una prestazione minuscola ci può stare, anche se quella di ieri, nel derby con la Pennetta, più che sotto tono è apparsa orribile. Inspiegabilmente orribile.
Flavia sa come fare. Lei ce l’ha fatta. Flavia è tornata Flavia… Dopo un anno è tornata alla base, finalmente fuori dagli incroci ingannevoli di un labirinto snervante. È tornata se stessa, e non chiedeva di più, né di meglio che mettersi in gioco una volta ancora. «Sentirmi comoda», ha detto lei, felicemente sintetizzando l’ebbrezza che ha provato nel giocare facile contro la Errani. Sensazioni appaganti, movenze signorili, riflessioni finalmente serene. Sul futuro, prima di tutto, che lei stessa aveva posto in discussione, presagendo un possibile addio a fine anno, se le cose non fossero cambiate, se la classifica non fosse rientrata in ambiti più consoni a una top ten di qualche tempo fa. «Ora va meglio». Festeggiamo? «Certo, l’intervento al polso di un anno fa». Il 30. La data da cui ebbe inizio il suo smarrimento. Quello che ora ha Sara.