Sinner conquista il Centre Court: a Wimbledon trionfa la Ragione

Se l’Illuminismo aveva rappresentato il periodo storico in cui l’umanità per la prima volta aveva mostrato piena consapevolezza e fiducia nell’elevare il metodo scientifico e la razionalità quali strumenti più idonei a comprendere ed interpretare il mondo, il Romanticismo ne era stato una reazione, che aveva riportato al centro il sentimento, la soggettività ed il bisogno di evadere dalla realtà. Un passaggio tra due epoche, avvenuto tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, pienamente vissuto da Johann Wolfgang von Goethe che mirabilmente lo rappresentò attraverso i quattro protagonisti delle sue “Affinità Elettive”, a detta di chi scrive il più bel romanzo dell’Ottocento insieme a “Guerra e Pace” (Tolstoj) ed alle “Illusioni Perdute” (Balzac). Il letterato tedesco, figlio di quel secolo dei lumi a cui il mondo stava iniziando a voltare le spalle, all’epoca scelse Charlotte ed il Capitano quali alfieri della Ragione ed Ottilie ed Eduard per incarnare il Sentimento.

A distanza di poco più di due secoli, se l’autore dei “Dolori del Giovane Werther” e del “Faust” si fosse ritrovato sul Centre Court, avrebbe magari (con le dovute proporzioni) potuto trarre qualche spunto anche da Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Per il loro modo così diverso di interpretare la vita come il tennis e di essere nella loro alternatività straordinariamente complementari. E così come i due successi consecutivi dello spagnolo nelle precedenti edizioni avevano posto fine al geometrico dominio di Novak Djokovic a Church Road mettendo in evidenza l’estrosità del suo istinto, il trionfo di Sinner ai Championships è sembrato una contro reazione al tentativo dell’estemporaneità di insediarsi con continuità sulla scena. Diversamente da quanto accaduto a Parigi, laddove sostenuto dalle vibrazioni del Philippe Chatrier era riuscito a ribellarsi ad una sconfitta che sembrava inevitabile, stavolta Carlitos non è stato in grado (se non a tratti) di scardinare la solidità del numero uno del mondo.

La logica rigorosa del tennis di Jannik, capace di perseguire senza pause o tentennamenti il piano tattico impostato, non si è infatti lasciata sopraffare neanche dopo il parziale di quattro game a zero con cui un Alcaraz costantemente bisognoso di variare con creatività schemi quasi quanto di respirare, aveva ribaltato le sorti del primo set. Perché alla lunga la metodica capacità dell’italiano nel portare avanti il suo gioco ha scavato un solco tra lui e l’avversario sempre più profondo, una distanza rivelatasi minuto dopo minuto sempre più incolmabile, nonostante il ventaglio di possibili soluzioni con cui lo spagnolo ha vanamente provato a contenere il gap. L’ordine ha preso il sopravvento sul caos, aprendo così a Sinner la porta del successo.

Un trionfo da celebrare nella consapevolezza che nei prossimi anni i due opposti saranno destinati ad attrarsi e ritrovarsi, a studiarsi ed ammirarsi nelle rispettive (ed inconciliabili) peculiarità dai due lati di una rete, pronti a superarsi vicendevolmente in relazione alle circostanze più o meno favorevoli che alternativamente sposeranno la causa dell’uno e dell’altro. Un inevitabile confronto, quello tra Ragione e Sentimento, pronto a ripetersi all’infinito senza che da questo possa emergere un vincitore finale, dal momento che nessuno dei due potrà mai prevalere definitivamente sull’altro, essendo entrambi tanto simbiotici quanto indispensabili, nella vita come in un campo da tennis.

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