Resterà per sempre il primo italiano ad aver vinto un titolo slam, a Parigi, nel 1959. Successo che doppiò l’anno dopo. Ed il capitano della squadra che nel 1976 tornò dal Cile con la Coppa Davis, anche quella una prima volta. Nicola Pietrangeli se n’é andato a 92 anni e con lui si chiude una […]
Forse pensava che sarebbe bastato fare il compitino, o semplicemente che la finale vinta a Parigi annullando tre match point per poi andare semplicemente in un’altra dimensione tennistica avrebbe portato Sinner a vedere le streghe ancora prima di scendere in campo. E che dopo il primo set perso con un parziale di quattro game (di cui due break) a zero l’italiano si sarebbe sciolto come neve al sole. Che come tante altre volte sull’erba di Wimbledon sarebbe bastata una spallata ben assestata per far capire all’avversario che semplicemente “mo basta così”…
Peccato che Sinner oggi non abbia tremato, non si sia spostato di un centimetro e anzi, sotto di un set, abbia alzato il livello come un vero numero 1 deve fare, mentre Carlitos è semplicemente rimasto lì a chiedersi perché oggi le spallate non andassero… Punti spettacolari ce ne sono stati, ma al contrario di altre volte non hanno sortito conseguenze e invece di scoraggiare Jannik hanno finito per metterlo sempre più in palla.
Così è arrivata la prima sconfitta in una finale slam e pan per focaccia reso a distanza di due settimane. Adesso pure Alcaraz sa che sapore abbia arrivare secondo. La grossa domanda a questo punto è: che effetto avrà da domani questa sconfitta?
Molti dopo Parigi hanno certamente pensato, visti specialmente gli ultimi precedenti tra i due, del divario psicologico che quella partita poteva significare nella rivalità tra Carlitos e Jannik; e forse lui stesso è sceso in campo magari non presuntuoso, ma un po’ illuso questo sì. “Dopo la vittoria di Parigi vinta su un Sinner che ha dato tutto, adesso si va sull’erba, dove Carlitos si trova pure meglio” avranno pensato i nostri piccoli lettori… Eppure l’Alcaraz sceso in campo in finale all’All England Club non era nemmeno il lontano parente di colui che un anno fa irrideva i suoi avversari e letteralmente giustiziava Djokovic in finale. Forse l’aver visto come Jannik aveva fatto di Nole venerdì un solo boccone doveva mandare un campanello d’allarme, eppure le strategie messe in atto in finale hanno mostrato un giocatore troppo farfuglione, caotico, poco lucido e incapace di reagire alla situazione che si veniva a creare man mano, fatta eccezione per quel lampo d’orgoglio sul 4-3 Sinner che lo ha portato a due palle break. Solo che stavolta Sinner aveva studiato e imparato la lezione, e il miracolo non accadeva.
Adesso tutti si chiedono come possa reagire Carlitos, che in passato spesso dopo Londra andava quasi in letargo per interi trimestri. Difficile dire cosa potrà passare nella testa dello spagnolo nei prossimi mesi, visto il percorso altalenante che ha avuto finora. Lo stesso Ferrero a volte lo ha ripreso nel corso della sua ancor giovane carriera dicendo “Si ricordi che è un tennista”… E questo potrebbe essere un momento chiave nel suo cammino da campione (che è già, ci mancherebbe), dato che per la prima volta si trova davanti qualcuno che lo ha battuto, pure nettamente, sulla superficie a lui più congeniale e dopo una batosta dalla quale altri tennisti non si sarebbero forse mai ripresi.
Forse Alcaraz farà tesoro di questa finale giocata un po’ alla come viene viene e capirà che con qualcuno (e probabilmente per fortuna sua quel qualcuno al momento è solo Sinner) non bastano solo talento, i colpi, e i dieci minuti in cui giochi il tuo tennis da cartoni animati per vincere le partite. Capirà che a volte i dieci minuti non vengono. Capirà che bisogna comunque migliorare, perché gli altri non stano a guardare. Capirà che forse Sinner non è come gli altri, se ce ne fosse bisogno.
Oppure farà come ha sempre fatto negli scorsi anni, pensando che la vita vada anche vissuta (e ci mancherebbe, ognuno è libero di passare le giornate come vuole) e che il tennis possa essere giocato solo 4-5 mesi all’anno. E allora l’Alcaraz delle meraviglie lo rivedremo a Aprile 2026, anche se forse con qualche sicurezza in meno.
Per molti campioni la sconfitta è stato il modo per dire a sé stessi di superare nuovi limiti, ma è indubbio come l’attitudine post Wimbledon dello spagnolo delle ultime stagioni non sia stata proprio encomiabile. Sta a lui capire che forse, contro questo atipico italiano dai capelli rossi che pensa solo a lavorare, serve fare di più. Molto di più. Se ne sarà capace lo sapremo tra un paio di mesi a New York. Nel frattempo dovrà cominciare a pensare che, se dopo Parigi molti guardavano scettici a una classifica che dava Sinner al primo posto malgrado le ultime cinque sconfitte dell’italiano contro di lui, adesso quella classifica non mente più. A Alcaraz trovare la sua verità.