Barbora Krejcikova nel segno di Jana Novotna. Ventisei anni dopo lo storico e commovente successo della tennista ceca, scomparsa nel 2017 a causa di un tumore, la ragazza che si presentò a casa sua con una lettera per chiederle di farle da allenatrice ha vinto il titolo di singolare a Wimbledon. Un successo pesantissimo in una stagione davvero avara di soddisfazioni per Krejcikova, che ha faticato tanto a recuperare una buona condizione dopo i diversi problemi fisici degli ultimi 12 mesi e che proprio sull’erba londinese ha ritrovato la via dei giorni migliori battendo Jasmine Paolini 6-2 2-6 6-4.
Una seconda finale consecutiva persa per l’azzurra, molto più lottata e vissuta fino all’ultimo punto ma dove non è bastato ogni tentativo di rientrare nel punteggio quando un doppio fallo sulla seconda palla break concessa sul 3-3 ha di fatto spezzato l’equilibrio che si era creato dall’inizio del secondo set. Krejcikova alla fine ha tremato, ma si è salvata nelle occasioni in cui ha evitato di colpire la palla di rovescio, colpo completamente piatto e che subiva le emozioni di un momento così delicato da un punto di vista psicologico. Il primo match point era saltato con una palla provata in lungolinea ma finita fuori di metri, sul secondo lo spostamento laterale sulla sinistra è stato più che modesto. Sul terzo, scegliendo finalmente una prima palla a uscire, ha trovato il piazzamento perfetto per impedire a Paolini di rispondere.
Una finale dai mille risvolti: dal dominio di Barbora del primo set, con un’altissima percentuale di prime palle a ricalcare le sue ultime partite giocate, al finale carico di tensione dove pure Jasmine ha provato di tutto per non cedere, senza mai avere la chance vera nelle palle break ottenute. Per lei c’è delusione, perché rispetto a Parigi c’era l’occasione quantomeno di entrare nel match. E dopo un primo set molto difficile, dove non riusciva a scambiare in risposta e al servizio non aveva percentuali sufficienti a evitare l’aggressione costante, è stata bravissima a prendere la prima chance nel momento di calo dell’avversaria per reagire mentalmente in maniera eccezionale. Il secondo parziale è stato duro, malgrado il 6-2, perché è stato tutto vinto con la testa e col carattere prima ancora che col gioco. Krejcikova non andava alla deriva, sbagliava di più (tanto) ma rimaneva in scia e lei nell’ottavo game si è lanciata alla conquista del set come meglio non poteva.
Il terzo parziale è stato un lungo gioco d’attesa fino alla prima occasione. I game al servizio scorrevano via lisci, con Paolini sempre avanti e Krejcikova che era tornata a servire bene ma mancava ancora in risposta con diversi gratuiti che davano fiato all’italiana. Sul 3-3, però, al primo passaggio a vuoto Paolini ha pagato. Recuperava da 0-30 ma concedeva palla break. Salvava bene la prima ma Krejcikova tornava ad attaccare dalla risposta e ne guadagnava un’altra, dove la prima palla di Jasmine finiva lunga di pochissimo e, dopo l’intervento di hawkeye che ha probabilmente alzato la tensione della toscana, è scaturito il doppio fallo. Krejcikova ha confermato immediatamente il vantaggio e sul 5-4 cominciava benissimo salendo sul 30-0. Un doppio fallo, un primo inciampo per il 30-30, e poi il primo rovescio davvero brutto. Salvata bene la prima palla break arrivava al match point, ma il secondo pessimo rovescio riportava la parità. Paolini trovava la nuova palla break, ma non riusciva praticamente a giocarla. Era tutto basato su quante volte Krejcikova riuscisse a evitare la palla sul suo lato sinistro e, alla fine, la sorte le ha detto bene.
Secondo titolo Slam in singolare per lei, dopo Parigi 2021, e quello più sentito di tutti perché ottenuto sullo stesso campo dove Novotna 26 anni fa compiva il proprio capolavoro.
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