A che punto è l’alba

La lunga notte del tennis italiano è alfine giunta al termine. Gli ottimi risultati di Sinner nel primo quarto della stagione hanno sostanzialmente sancito che per i prossimi dieci anni almeno, pure negli slam i colori azzurri saranno in corsa per un risultato di prestigio. Siccome però l’essenza stessa dello sport vuole che si riesca a polemizzare con qualsiasi cosa adesso è il momento di dividersi sulle prosepttive future dei nostri tre ragazzi in grado di giocarsela alla pari con i migliori del mondo. Perché anche se adesso sono in difficoltà, né Berrettini né Musetti, hanno certo l’età della pensione; e lo stesso Sonego un tempo non lontano sarebbe stato ampiamente il migliore dei nostri. Peccato per lui – e buon per i tristi nazionalisti locali – che sia capitato in un periodo di vacche ben pasciute, se non proprio grasse.

In altri contesti ci si accontenterebbe di questo ma in quello sportivo di competizione si vive e quindi adesso la domanda è: dove potranno arrivare? Quale sarà il loro bilancio di fine carriera? Modo edulcorato, forse addirittura scaramantico, per nascondere la domanda delle domande: un italiano vincerà davvero uno slam prima che siano passati 50 anni dall’ultimo?

Questo scorcio di stagione sembra confortare le speranze. Sinner a Miami ha addirittura battuto Alcaraz dopo averci perso malamente a Indian Wells e la sconfitta contro Medvedev è stata prontamente attribuita a fattori più o meno esterni: il caldo, la stanchezza, qualche acciacco. Poca roba, e lo stesso Sinner è sembrato dire a Medvedev durante la premiazione che sulla terra rossa sarà un’altra storia. Sarà davvero così? Forse i due tornei nordamericani raccontano una storia un po’ meno confortante. Sinner è sicuramente all’altezza dei migliori e a questo punto sarebbe sorprendente non vederlo rapidamente in top5. Ma bisogna un po’ stare attenti al valore da dare a questo risultato. Da queste parti ci si è lamentati spesso di Ruud, che a settembre ha rischiato addirittura di diventare il numero 1 del mondo e niente al mondo ci farà credere che Ruud sia più forte di Sinner. Il fatto è che questo ragionamento vale anche, diciamo così, a contrario. Le partite contro Alcaraz, sia quella persa che quella vinta, hanno mostrato un giocatore che per vincere deve avere più che un piccolo aiuto dall’avversario. Con troppa facilità si dimentica che se Sinner ha 21 anni, lo spagnolo ne ha 19, e nonostante gli strepitosi risultati raggiunti, si vede abbastanza. Alcaraz non è “attaccato” alla partita come un professionista navigato; spesso si distrae, esce dalla partita, si fa prendere dalla più classica della spacconaggine giovanile cercando il modo più complicato per arrivare al successo. E capita che con uno forte come Sinner a volte gli vada male, come appunto a Miami. In una giornata in cui ha combinato dei disastri in serie, a nemmeno 24 ore di distanza dall’aver dominato Fritz, Alcaraz ha ugualmente avuto due palle per andare a servire per il match. E nel terzo, sostanzialmente fuori dalla partita, ha buttato al vento la palla per il controbreak. Insomma, bravissimo Sinner, ma un Alcaraz un po’ più centrato quella partita difficilmente l’avrebbe persa. Vabbè, si può dire, posto che questo discorso valga, mal che vada è il numero 2. E Medvedev? Non è tanto lo 0-6 dei confronti diretti ma, di nuovo, andrebbero un po’ viste le partite. Sinner continua a non avere un piano tattico particolare e bisognerà aspettare un bel po’ per averlo perché per cambiare piani di gioco serve anche saper fare tutto quello che è necessario per attuarlo. Non puoi decidere di andare spesso a rete o provare la palla corta se la volée è deficitaria o se la sensibilità della mano non è quella di … Musetti! Quindi per il momento Sinner deve accontentarsi di cercare di fare benissimo quello che sa fare, che sostanzialmente è tirare molto forte dritto e rovescio con grandissima rapidità e muovendosi molto bene. Il fatto è che contro Medvedev questo non basterà mai, perché Daniil rimanda dall’altra parte qualsiasi cosa, risponde benissimo, contrattacca con un rovescio persino più veloce e preciso e con un dritto che sembra fare davvero malissimo. Per farci partita pari devi tenere la concentrazione altissima, cosa che per adesso Sinner non pare in grado di fare.
Infine c’è da ricordare, in ottica slam, che se Nadal pare quasi fuori dai giochi – ma al Roland Garros rimarrà un avversario che non verrà battuto da uno qualsiasi, Djokovic è appollaiato sul ramo di un albero in attesa che si ritorni in Europa. E i vari Tsitsipas, Auger Aliassime, Rune, sono giocatori che non hanno del tutto completato il loro percorso di crescita, per non parlare di Zverev, che prima o poi smaltirà l’infortunio. Tutto questo per dire che chi pensa che lo slam sia a portata di mano si sbaglia di grosso, perché davvero devono mettersi in fila delle circostanze abbastanza fortunate perché accada. Come appunto per Ruud a Parigi e New York.

Era inevitabile soffermarsi su Sinner, ma Berrettini e Musetti meriterebbero la stessa attenzione. Berrettini è entrato in uno di quei periodi dal quale non si capisce bene come uscirne, e ogni avversario sembra trasformarsi in un mostro imbattibile. Il tiebreak giocato da McDonald a Miami contro Matteo è stato esemplare da questo punto di vista, perché davvero avevamo mai visto il buon Mackenzie raggiungere questo livello. In questi casi c’è poco da dire, ci si deve tenere lontani dai social e lavorare come se non stesse succedendo nulla, in fondo l’erba non è tanto lontana e serve arrivarci per bene. Fra l’altro i problemi fisici sembrano se non proprio dimenticati quanto meno accantonati, e bastano un paio di partite per ritrovare la fiducia. Berrettini forse sconta le eccessive aspettative che si erano formate sul suo conto, fomentati dagli straordinari risultati raggiunti nell’ultimo quadriennio e che avrebbero dovuto essere interpretati in modo meno patriottico (del resto il patriottismo rimane “l’ultimo rifugio delle canaglie” e raramente è disinteressato). Matteo è un giocatore fortissimo che lavorando con estrema serietà ha raggiunto risultati impensabili ma probabilmente lui per primo sa che non è mai stato imbattibile. La finale di Wimbledon rimane un risultato strepitoso e il suo merito è stato quello di essere stato capace di comprendere bene il momento, senza stare a specchiarsi sul proprio talento, difetto comune in alcuni ragazzi più celebrati e magari davvero più talentuosi ma meno focalizzati sul gioco. Che possa ambire a vincere uno slam per il momento pare difficile ma chissà. Vale un po’ quello che si è detto per il ranking, se ce l’ha fatta Johansson, figurarsi Berrettini, e pazienza se sono altri tempi.

Musetti infine merita di essere lasciato in pace e se dipendesse da noi potrebbe anche ritirarsi domani ed essergli grati lo stesso per i lampi che ci ha fatto vedere in questi ultimi due anni. I set con Djokovic al Roland Garros, le prime due partite contro Tsitsipas, l’esibizione contro Ruud a Bercy, in cui ha fatto vedere quanta enorme differenza ci sia, in suo favore, contro il numero 2 del mondo (pazienza, non ci passerà mai), potrebbero bastare. Ma naturalmente tutti gli chiederanno di più. Il bello è che sostanzialmente dipende da lui, ma non possiamo che augurargli di divertirsi perché non deve rendere conto a nessuno ed è solo tennis, non la fine del mondo. Quello che è dispiaciuto di questi ultimi rovesci è che ha dato la sensazione di divertirsi poco, e quindi di non capire bene cosa stia succedendo. Ci vuole tempo, con Shapovalov e Kyrgios rimane forse quello che a tennis gioca meglio di tutti, ma anche lui ha più di qualche difettuccio ancora da limare, a partire dal dritto. Ma, di nuovo, il dritto di Edberg (scusate la bestemmia) non ha impedito allo svedese di diventare Edberg. Non sarà il dritto a rovinare Musetti.

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