di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
[1] N. Djokovic b. N. Kyrgios 4-6 6-3 6-4 7-6(3)
Tutto sommato non sono state del tutto deluse le attese di chi si aspettava un qualche spettacolo da questa finale col “bad boy”, Nick Kyrgios, protagonista. Il ragazzone australiano ha strillato rimanendo nei binari del lecito e ha mostrato di essere un gran giocatore e di aver meritato la finale di Wimbledon. La finale però, perché il titolo è un’altra storia e ancora una volta l’ha scritta Novak Djokovic, che come al solito ha alzato il livello di attenzione limitando al massimo gli errori e lasciando che la sua mostruosa regolarità prendesse il sopravvento sulle bizze di Nick. Il serbo ha vinto il suo settimo Wimbledon e il ventunesimo titolo dello slam grazie ad una buona concentrazione e ad un’esperienza che gli consente di attendere pazientemente il momento buono, sapendo che per il resto sarà sufficiente evitare sciocchezze.
Djokovic ha vinto 3 set a 1, cioè tre break a uno, che sono la sintesi di un match giocato da due che a tennis sanno giocare e che quindi non hanno fatto errori marchiani. Però uno dei due, Kyrgios, non è riuscito a compensare gli inevitabili passaggi a vuoto di ogni set con dei prodigi, nonostate ne avesse anche avuto la possibilità. Così dopo aver vinto bene il primo set Nick ha trovato un game in cui Djokovic ha risposto sempre e che non è riuscito a rimediare anche per via di un nastro beffardo che ha indirizzato il parziale nelle mani del serbo. Kyrgios proprio in chiusura ha avuto modo di rimediare, quando un paio di erroracci di Djokovic gli avevano consegnato tre palle break di fila. Le ha giocate molto male e anche la quarta invece l’ha annullata Djokovic nonostate un braccino tremolante, con una splendida palla corta. Sul set pari Kyrgios non si è scomposto, anche se ha cominciato a variare meno al servizio, consentendo a Djokovic di trovare fiducia in risposta. Non era sufficiente a brekkare, perché Nick conservava il controllo del gioco, ma non si rendeva più particolarmente pericoloso in risposta. Si sperava in un tiebreak ma Kyrgios combinava un pasticcio nel decimo game, quando da 40/0 perdeva la battuta in modo davvero balordo, doppio fallo compreso. Djokovic completava l’opera senza fare chissà cosa, firmando il sorpasso.
Nessuno a questo punto ha avuto più dubbi su come sarebbe finito il match, anche se il quarto set si è giocato sul filo del rasoio. Kyrgios ha tenuto bene i suoi turni di servizio ma non ha mai fatto il solletico a Djokovic in risposta. Epilogo al tiebreak, giocato molto male da Kyrgios, e chiuso agevolmente da Djokovic al terzo match point.
Buona finale dunque, anche se forse qualcuno sia spettava giochi d’artificio più rumorosi, ma è stato bravo Djokovic a spegnerli sul nascere, evitando inutili, per lui, complicazioni. Kyrgios ha mostrato che tipo di giocatore è, e quali traguardi potrebbe darsi, ma anche che per raggiungerli il talento da solo non può bastare. Possibilmente – e sperabilmente – a lui va già bene così. In fondo a noi pure.