US Open: Berrettini dura solo un set, prosegue la corsa di Djokovic

[1] N. Djokovic b. [6] M. Berrettini 5-7 6-2 6-2 6-3

Non è troppo chiaro se si debba essere più soddisfatti per il buon risultato raggiunto da Berrettini nel torneo o più rammaricati per l’occasione mancata oggi di vincere finalmente un incontro con un avversario di grande valore. La partita a due facce dell’italiano non può certo soddisfare né Matteo né il suo entourage, che dovrà lavorare a lungo sulla difficoltà del ragazzo a mantenere la tensione alta abbastanza a lungo da poter vincere partite un po’ più complesse da quelle affrontate nei turni precedenti. Non è tanto un problema di gioco, perché il primo set di Berrettini è stato sostanzialmente perfetto, tutto è stato fatto per bene e persino la risposta, solito punto debole, ha dato un rendomento più che discreto. Soprattutto, Berrettini contro Djokovic vinceva gli scambi prolungati, anche sulla diagonale sinistra, quella che si supponeva potesse essere una specie di porto franco per il numero 1 del mondo. Ma vinto il primo set, come già a Wmbledon, peggio che a Wimbledon, Berrettini ha avuto un calo apparentemente inspiegabile, se non con il terribile sforzo che deve aver fatto per l’ora e venti che è durato il primo set. Djokovic dal canto suo non ha fatto granché, è stato attento a non sbagliare troppo, si è aiutato col servizio, entrato in fiducia ha picchiato sulla ferita in modo da non far venire strani pensieri di rimonta all’avversario. Con Berrettini è stato più che sufficiente.

Il primo set era stato giocato con straordinaria intensità, soprattutto tra il sesto e il settimo game, durati addirittura più di 20 minuti. L’aspetto più sorprendente era che Berrettini, oltre ad essere straordinariamente solido di rovescio, pareva abbastanza a suo agio negli scambi, tant’è che Djokovic si teneva a galla soprattutto grazie al servizio, incredibile dictu. Non che quello di Berrettini fosse diventato un colpo normale, viste le solite consuete terribili velocità, ma appunto questo non sorprendeva. Berrettini aveva una palla break già in apertura di set, ed era proprio il servizio a togliere le castagne dal fuoco al serbo. Djokovic aveva le sue prime opportunità appunto nel sesto game, cancellate dalle prime di Berrettini. Nel game successivo toccava invece a Matteo giocarsi due palle break e se nella prima Djokovic piazzava l’ace, sulla seconda l’italiano giocava con troppa fretta un dritto definitivo che usciva in corridoio. Le buone sensazioni si concretizzavano nell’undicesimo game, quando ancora Djokovic si teneva a galla grazie a due prime da sinistra, perdendo regolarmente il punto se si entrava nello scambio. Sull apalla break Nole cercava una sortita a rete ma la volée venita comoda sul drittone di Berrettini che si portava finalmente avanti. Qualche brivido per chiudere il set, con la rimonta da 40-0 a 40 pari di Djokovic ma un ace e un altro scambio che Djokovic non sosteneva chiudevano il set, dopo quasi un’ora e 20 minuti.

Come già a Wimbledon però, Djokovic approfittava della pausa mentale di Berrettini, che giocava i primi game del secondo set un po’ scarico. Matteo si salvava nel secondo game ma nel quarto cedeva per la prima volta il servizio. Il problema era maggiormente visibile in risposta, perché a differenza del primo set Djokovic poteva chiudere comodamente i suoi turni di battuta. Ma anche al servizio i guai non erano pochi. Berrettini riusciva solo a prolungare un po’ il set, annullando cinque palle break nel sesto game, ma cedeva ancora il servizio, e il set, nell’ottavo.

Purtroppo la rottura si prolungava nel terzo set, aperto ancora con un break e che aveva un andamento quasi identico al secondo. Berrettini pagava non tanto fisicamente quanto dal punto di visa mentale lo sforzo di restare in partita nel primo set e non pareva proprio riusicre a riprendersi. Djokovic non faceva sostanzialmente niente di diverso da quanto fatto nel primo set, ma il calo di Matteo rendeva più che sufficiente lo sforzo del numero 1 del mondo. Berrettini aveva pure la possibilità di rientrare nel set nel settimo game, ma ormai il rovescio, ottimo e molto migliorato, tornava quello incerto di un tempo e non gli permetteva di giocare alla pari la palla break.

Il quarto set Berrettini lo iniziava con un certo cipiglio, ma la risposta del primo set era un lontano ricordo e a Djokovic bastava piazzare per bene la prima per raccogliere dei punti facili. Purtroppo anche il servizio perdeva di efficacia e come già nei due set precedenti Berrettini si trovava immediatamente sullo 0-3. Djokovic metteva a questo punto la velocità di crocierò, cercava di capire se c’era spazio per abbreviare il match e con serenità chiudeva per 6-3.

Berrettini chidue quindi la sua stagione Slam con una finale, due quarti e un ottavo, risultati di assoluto prestigio. In pochi avrebbero scommesso su una continuità di questo livello e orami da questo punto di vista Berrettini è una sicurezza, difficilmente perde contro avversari più deboli. Il problema sta nel famigerato ultimo step, che all’italiano sembra precluso, perché chi gli sta davanti ha troppe armi in più rispetto a Matteo, fortissimo con servizio e dritto, con un rovescio molto migliorato ma che rende troppo in termini di mobilità agli avversari. Da questo punto di vista il numero 6 del ranking è un mezzo miracolo, aiutato dall’incostanza di rendimento di alcuni ragazzini in crescita.

In tutto questo DJokovic è a due partite dal grande slam. Il serbo sta giocando un torneo mediocre ma ha mantenuto il livello per superare i suoi avversari, adattandosi ad un periodo di forma che non pare smagliante. Fin qui è bastato ma sin da quando erano usciti i tabelloni si sapeva che il suo torneo si sarebbe giocato contro Zverev e Medvedev. Il primo appuntamento è per venerdì, col tedesco che ci arriva con qualche acciacco ma anche in grande fiducia, visto che non perde da quell’ottavo di Wimbledon contro Auger Aliassime. Il secondo sarebbe domenica. Se ci arriva.

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