L’altro Wimbledon è la solita storia: Shapovalov dà spettacolo, Djokovic vince

[1] N. Djokovic b. [9] D. Shapovalov 7-6(3) 7-5 7-5

Meno male che c’è Berrettini, e speriamo che tocchi a lui sfatare questa sorta di maledizione che colpisce gli avversari di Djokovic. Dopo Thiem e Medvedev a Melbourne e Tsitsipas a Parigi, è stata la volta di Shapovalov di scontrarsi contro un giocatore che davvero non potrebbe essere più noioso, che produce quanto di più lontano ci sia da una partita brillante e che alla fine della partita, e spesso del torneo, è quello che ha vinto. Shapovalov ci ha messo tutta la sua sventatezza, quella che lo ha portato in semifinale nonostate nessuno mai nell’era Open avesse mai sbagliato tanto quanto lui, e il suo enorme talento, quello che gli permette di giocare più vincenti di tutti. Ma non è bastato, niente basta mai con Djokovic che in un modo o nell’altro – incredibile il break dell’undicesimo game del secondo set – si trova col titolo in mano. E ci scuserà il lettore l’enorme stanchezza nel raccontare sempre la storia del ragazzo giovane e forte, che gioca benissimo fino al game decisivo e che lì, inevitabilmente, lascia passare il serbo, al quale basta semplicemente stare seduto ad attendere il passaggio del cadavere del nemico. A volte la sensazione è che faccia “bù” al cambio di campo, per quanto gli avversari si presentano terrorizzati alla stretta finale.

Diventa quasi un inutile esercizio di stile la cronaca del match, perché si svolge tutto in modo inesorabilmente uguale: lo schema pensato nello spogliatoio, l’aggressione continua su ogni palla nello specifico di oggi, funziona per mezz’ora e poi, senza motivo apparente, la voleé si ferma sul nastro, il passante che stava fuori entra di un millimetro, il recupero alla disperata termina la sua corsa sulla linea.

Nel primo set Djokovic è stato sostanzialmente in balìa di Shapovalov, per nove game, con il canadese inavvicinabile al servizio, capace di una serie di 15 punti di fila e il serbo che oltre a cedere il servizio nel terzo game, manifestava qualche imbarazzo nel tenere la battuta. Come avrete capito nel momento di chiudere, al decimo game, Shapovalov perdeva la prima di servizio e Djokovic aveva la prime due palle break di un match fin lì osservato quasi da spettatore. Recuperato il break, l’epilogo era scontato: nel tiebreak Shapovalov non era più efficace al servizio e incredibilmente dopo nemmeno un’ora era sotto di un set.

Il secondo set non si discostava molto dal primo. Shapo lasciava la miseria di 3 punti in cinque turni di servizio e non sfruttava cinque palle break. Risultato? Nell’undicesimo game Djokovic alzava dei recuperi un po’ a casaccio ma preoccupandosi di tenere il più possibile la palla in campo e sulla prima palla break Shapovalov faceva doppio fallo. Djokovic chiudeva il set nel game successivo con un servizio esterno che mandava Shapovalov a cercare sfogo nel giudice di sedia, reo di non aver rifatto giocare il servizio giudicato buono solo da “occhio di falco”. Era la frustrazione a parlare per Shapo, che all’inizio del terzo set trovava il modo di mancare altre tre palle break, e preda dell’avvilimento, con Djokovic che nel frattempo cresceva in sicurezza, diminuiva ancora il margine di sicurezza dei suoi colpi, cercando sostanzialmente sempre il vincente. La partita diventava un po’ casuale, perché Djokovic raccoglieva solo a metà i regali dell’avversario, visto che sulle palle break al canadese riuscivano delle cose eccezionali, come un rovescio terribile ad annullare la prima del settimo game. Shapo però non infastidiva più Djokovic al servizio e ci si predisponeva all’attesa del colpo finale. Il nodo da sciogliere era solo quello relativo al risultato, perché nessuno credeva davvero che Djokovic potesse perdere non diciamo il match ma il set. Nell’undicesimo game un doppio fallo e un dritto largo portavano Djokovic sullo 0-30, Shapo recuperava correndo rischi enormi sul 30 pari ma un altro doppio fallo regalava il mini match point a Djokovic. Il canadese la prima volta si salvava ma poi erano du dritti fuori misura a regalare il break finale a Djokovic. E sì, avete letto bene, si tratta di 5 errori gratuiti, con Djokovic che stava a guardare e ad esultare. Il dodicesimo game era solo una formalità che il numero 1 del mondo sbrigava rapidamente, chiudendo con un ace.

Trentesima finale dello slam per Novak Djokovic, che domenica potrebbe raggiungere Federer e Nadal come numero di Slam vinti. Tra lui e il record ci sarà Berrettini, chissà che non sia proprio lui a interrompere la maledizione – o il sogno, nell’improbabile eventualità che vi appassioni il gioco del serbo – di Djokovic.

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