Da Berrettini a Sinner, luci e qualche ombra di troppo del nuovo tennis italiano

L’eliminazione di Matteo Berrettini ha tolto l’ultimo italiano in gara al Roland Garros, tradizionalmente lo Slam in cui il tennis di casa nostra ha ottenuto i suoi migliori risultati. L’unico vinto da un giocatore italiano – Panatta nel 1976, non senza l’aiuto di una discreta fortuna fra l’altro – e che prima dell’avvento proprio di Berrettini ci aveva regalato qualche soddisfazione con la semifinale di Cecchinato nel 2018 e i quarti di Fognini nel 2011.

Questo rapido bilancio è abbastanza esaustivo e da solo è un in grado di dare la misura di come tra l’Italia e il tennis non corra buon sangue. Nell’era open, e la chiudiamo con i dati, hanno fatto meglio Romania, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Serbia, Australia, Svezia, Spagna, Argentina, Francia, USA, Austria, Germania, Brasile e naturalmente Svizzera. E dalla vittoria di Panatta anche rappresentanti di Ecuador, Paraguay, Russia, Gran Bretagna e Olanda sono riusciti a raggiungere la finale.

Al cospetto di una storia così modesta i risultati di questo periodo sono senza ombra di dubbio confortanti. Berrettini ha raggiunto gli ottavi in tutti i tornei dello Slam e almeno i quarti a Parigi e New York. A Melbourne forse senza il solito problema fisico ci sarebbe già arrivato, e anche Wimbledon non è poi così proibitivo. Sinner, ha già fatto i quarti; Musetti alla prima partecipazione è arrivato agli ottavi e ha avvilito Djokovic per più di due ore; più in generale c’erano 11 tennisti a primo turno e 7 al secondo, segnale di una base decisamente vivace. Tutto bene dunque? Non proprio.

Se usciamo dalle fredde notazioni per provare a entrare nel merito delle singole circostanze alcuni campanelli d’allarme dovrebbero essere presi in considerazione da chi in questi mesi si è sperticato in toni decisamente esagerati. Sospeso il giudizio su Musetti – che se mantenesse il livello di gioco mostrato in questi ormai famosi due set contro Djokovic difficilmente non avrebbe modo di aspirare a traguardi inimmaginabili – il resto non sembra giustificare la certezza di uno Slam che oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente.

Berrettini è da lodare ma il Roland Garros non ha fugato i dubbi sul suo reale valore. Il romano è arrivato ai quarti dopo aver superato tre avversari davvero molto molto modesti e beneficiando del ritiro di Federer. Ammesso e tutt’altro che concesso che Berrettini potesse batterlo si sarebbe trattato pur sempre della vittoria contro un meraviglioso giocatore, ci mancherebbe, ma per usare un eufemismo non proprio all’apice della forma. Il problema è che al primo intoppo serio Berrettini è sembrato lontanissimo dall’avversario, molto al di là di quanto non dica il risultato. Berrettini è stato nelle mani di Djokovic per tutto il match, e in tre ore sul servizio dell’avversario ha messo insieme la miseria di due palle break. Dopo nemmeno 90 minuti aveva raccolto cinque game e nel terzo, che finirà incredibilmente per vincere grazie a due omaggi di Nole, ha fatto solo tre punti quando ha servito il serbo. Non solo una risposta davvero insufficiente per questi livelli ma l’enorme difficoltà di poter abbozzare qualcosa di vagamente minaccioso quando l’avversario riesce a spostare lo scambio sulla diagonale sinistra. Si sente in giro che lo slice è migliorato tantissimo, sarà, magari prima era persino peggio, ma è impensabile che con queste lacune possa davvero dare fastidio a giocatori come Tsitsipas, Medvedev, Thiem, Rublev in giornate appena decenti. Questo naturalmente non significa che non potrà togliersi molte soddisfazioni – in fondo Anderson ha fatto due finali Slam e sicuramente era molto peggio di Berrettini – ma dovrà confidare molto nella buona sorte.

Anche su Sinner non c’è tantissimo per cui stare tranquilli. Appena 8 mesi fa l’alto atesino batteva Zverev negli ottavi di finale e oggi il tedesco è in semi e Sinner, dopo aver rischiato di uscire già a primo turno, è a casa. Dal momento della sua apparizione nel circuito i miglioramenti non ci sono stati, e preoccupano molto sia le lacune tecniche – Sinner ha problemi enormi se deve variare il gioco – sia tattiche, perché quando entra in difficoltà sembra proprio non sapere cosa fare. Per di più si è aggiunta una certa fragilità mentale insospettata all’inizio, quando sembrava davvero insclafibile sul piano nervoso. L’aumento delle aspettative non è improbabile che abbia avuto un suo ruolo ed è uno dei tanti motivi per cui andrebbe lasciato in pace invece di ripetere in continuazione che farà il grande Slam e sarà meglio di Laver. Allo stato Sinner deve lavorare ancora moltissimo e non è per niente detto che basterà, a prescindere dal fatto che gli va augurato, a lui come a tutti i ragazzini terribili che sono nel circuito.

Pure sul resto ci sarebbe qualcosa di dire. Sonego dopo le prodezze romane ha perso a primo turno contro Harris e gli altri fanno quello che hanno sempre fatto: se trovano un’opportunità a volte la colgono a volte no. Tutto encomiabile ma insomma.

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