US Open, Osaka continua la sua protesta: in campo ricordando Breonna Taylor

Naomi Osaka continua la protesta contro la violenza della polizia USA verso la black comunity. In campo con una mascherina e la scritta 'Breonna Taylor', uccisa nel suo letto e con un reato mai commesso, dichiara: "Ne ho 7 con nomi diversi, spero di arrivare in finale e mostrarle tutte".

Naomi Osaka e Black Lives Matter, la protesta continua.

Da fine maggio il movimento che chiede dignità e rispetto per la black comunity statunitense, e in generale in ogni angolo del pianeta, sta invadendo le strade di molte città negli USA e dopo le forti proteste della scorsa settimana che hanno portato al boicottaggio della NBA e alla pausa del torneo di Cincinnati, l’argomento torna in auge ancora grazie a Osaka che questa volta ha voluto porsi in un altro modo rispetto alla decisione di non giocare di qualche giorno fa.

La numero 4 del seeding dello US Open è scesa sull’Arthur Ashe per il suo match di primo turno contro Misaki Doi, vinto 6-2 5-7 6-2, indossando la mascherina (ora obbligatoria) con la scritta ‘Breonna Taylor’. Questa è, assieme a George Floyd, uno dei simboli più grandi della lotta del movimento BLM negli ultimi mesi. Se Floyd venne soffocato col ginocchio sul collo per un pagamento effettuato con una banconota da 20 dollari rivelatasi falsa, Taylor è morta nel letto di casa a marzo, quando la polizia ha fatto irruzione con la forza perché era sulle tracce di uno spacciatore di droga.

Taylor e il suo compagno vennero svegliati dal forte rumore e quando venne sfondata la porta cominciò una colluttazione tra gli agenti e il compagno, con le forze dell’ordine che aprirono il fuoco con diversi colpi e uccisero Breonna. Venne poi fuori che non era quella la casa dove viveva lo spacciatore che stavano cercando, molto distante da lì, ma il giudice gli aveva concesso di fare irruzione perché i poliziotti sostenevano che lì potessero esserci delle tracce. Taylor morì così: da innocente, indifesa, e con gli stessi poliziotti che si rifiutarono di prestarle aiuto nei momenti dopo i colpi di arma da fuoco.

Osaka, come anche LeBron James e l’intera black comunity, chiede ormai da tempo che i poliziotti vengano arrestati e incarcerati, ma da Louisville c’è stato solo il licenziamento. Troppo poco. Così Breonna è ancora oggi un nome che genera rabbia e frustrazione verso un sistema malato e pesantemente ingiusto. Intervistata a bordo campo a fine partita, alla domanda se il nome di Breonna sarà riproposto anche nelle altre partite, Naomi ha risposto: “No, ne ho 7 diverse, ognuno con un suo nome, ed è un peccato che 7 non siano abbastanza. Spero di arrivare in finale e poterle mostrare tutte”.

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