Ci sarà anche Danielle Collins al via della prossima stagione tennistica. La statunitense, che concluderà il 2024 in top-10 dopo gli ottimi risultati della prima parte di stagione, prenderà parte con la maglia degli Stati Uniti alla United Cup che inaugurerà l’anno nuovo tra Sydney e Perth. La notizia è che la finalista dell’Australian Open […]
14 Feb 2020 14:15 - Extra
Netflix produrrà un documentario su Naomi Osaka
Dopo Maria Sharapova, un'altra tennista sarà protagonista sulla piattaforma di Netflix che ha annunciato la produzione di una mini-serie concentrata su Naomi Osaka tra la connessione con il Giappone e l'approccio alle Olimpiadi in casa.
di Diego Barbiani
Un paio di anni fa la piattaforma Netflix aveva trasmesso un documentario con protagonista Maria Sharapova dal titolo “The Point” che riprendeva il percorso abbastanza duro che la russa aveva dovuto affrontare sotto l’aspetto della propria persona nel rientro alle gare dalla squalifica per doping.
Adesso è la volta di Naomi Osaka. Uno dei prospetti più interessanti, riservati, a tratti misteriosi del panorama tennistico mondiale sarà al centro di una mini-serie documentario di cui non si conosce ancora il titolo o il momento dell’uscita, ma che è in corso da ormai diversi mesi e durerà fino all’avvicinamento ai giochi olimpici di Tokyo 2020.
Al centro del progetto, al di là dei risultati tennistici, c’è la vita del dietro alle quinte di una persona che ha una storia estremamente particolare perché cresciuta con varie culture, tradizioni, e ha saputo attirare a sé tantissimi appassionati pur apparendo timida e ancora abbastanza ingenua nel recente passato. Osaka sta crescendo, sta cambiando, ma qualcosa della sua persona di due-tre anni fa è ancora presente e il documentario sembra voglia agire in quella direzione per mostrare un “di più” ai tanti che non conoscono i vari particolari della sua vita privata.
È ipotizzabile, sebbene non venga sottolineato, che un grande spazio verrà dato alla sua relazione con il paese natale, quel Giappone dove è riuscita a farsi riconoscere e a farsi voler bene malgrado la cultura estremamente chiusa, soprattutto nel passato, verso lo straniero e lei, figlia di madre giapponese e papà haitiano, era vista come una “hafu”, termine che soprattutto negli dopo la seconda guerra mondiale, aveva un significato molto negativo. Eppure quest anno, con l’arrivo a Osaka per disputare il torneo di casa (poi vinto) fu accolta e letteralmente inseguita fino all’esterno dell’aeroporto da ameno un centinaio di persone con foto, cartelloni e richieste di una foto ricordo. Per capire di più, scrivemmo questo articolo lo scorso fine settembre.