In sintesi, si capisce poco

Non c’è tempo

Di tempo da perdere, la cultura contemporanea ne accetta sempre meno. La rivoluzione digitale degli ultimi 15 anni ha imposto ritmi di approccio talmente frenetici da aver modificato, con ogni probabilità, la nostra capacità di assimilazione.

La timeline di Facebook, i social, la sempre più pressante predilezione dell’immagine sulla parola fanno sì che catturare in primo luogo la nostra attenzione e in secondo l’essenza della notizia sia un’impresa sempre meno prevedibile e identificabile.

In questo turbine di stimoli a brevissimo consumo, i riassunti delle partite stanno assumendo un’importanza forse ancora più spiccata rispetto al passato.

Ma come riassumere una partita sportiva? Va naturalmente premesso che ogni sport ha proprie peculiarità che suggeriscono, se non impongono, metodologie diverse. Nell’impossibilità di prendere in esame la panoramica completa dei principali sport, prendiamo come campione il confronto tra il nostro sport e quello più “italiano” di tutti, il calcio.

I 4 minuti del calcio…

Gli appassionati di Serie A sanno bene che il canale ufficiale del nostro campionato prende come formato standard degli highlights quello dei 4 minuti e 14 secondi di durata. Non importa quanti gol siano stati segnati e quali squadre si siano affrontate; le sei reti di Inter-Milan e la sola di Genoa-Cagliari godono dello stesso spazio.

Anche nel tennis, in linea di massima, è così. Tennis TV tendenzialmente riassume le giornate dei tornei, anziché le singole partite, mentre gli Slam hanno interpretazioni diverse tra loro: Roland Garros e Wimbledon sono quelli più flessibili nell’adattarsi alla partita in merito (non andando comunque oltre i 5-6 minuti, fasi finali a parte), mentre US Open e Australian Open hanno una rigidità più ferrea, con i primi che propongono highlights di circa 3 minuti, i secondi di addirittura 2.

Sia il canale della Serie A che quelli principali del tennis propongono un appiattimento, ma con punti di partenza e arrivo ben diversi, perché profondamente diversi sono gli sport in questione. Il calcio gode innanzitutto di una durata standard, che quindi venga proposto a sua volta un riassunto dalla durata standard non è né strano né sbagliato.

Inoltre, il punteggio del calcio si muove su “macro-strutture”, ovvero i gol: una partita può benissimo finire con un gol o con nessuno. È quindi raro che i suddetti quattro minuti e 14 siano insufficienti per contenere gol e azioni salienti di un incontro.

…e i 2 del tennis

Nel tennis è tutt’altra faccenda. Sia perché la durata standard è un lusso che non si può concedere, sia perché il punteggio vive di “micro-strutture”, di singoli punti che costituiscono in blocco una partita. Che naturalmente hanno valore diverso, ma che a ogni modo muovono ininterrottamente il risultato: il calcio può vivere anche di 90 minuti senza punteggio, mentre il tennis è un continuo flusso, centinaia di punti che rendono una partita l’antitesi della staticità.

Si tratta quindi di uno sport molto più complesso da catturare in pochi istanti, ma è comunque probabile che i canali ufficiali falliscano nell’impresa. In altre parole, quasi mai l’appassionato può trovare negli highlights un valido strumento di comprensione dei match che non ha potuto ammirare in diretta.

L’obiezione più ovvia e corretta indica il fatto che gli stessi canali ufficiali propongono in un secondo momento i cosiddetti “extended highlights“, che rendono solitamente giustizia alla complessità del match riassunto. Vero, ma sono video che vengono caricati giorni dopo la partita e che in ogni caso passano da un estremo all’altro: ad esempio, la finale degli US Open tra Nadal e Medvedev è passata da un riassunto di 3 minuti e 28 a uno di 44 e 51.

Di fatto sono entrambi riassunti discutibili, il primo perché non fornisce elementi sufficienti per comprendere in toto la partita, il secondo perché non prende in considerazione le tempistiche della fruizione informativa contemporanea.

Gran volee di Roger, match point Sandgren

Un grosso limite di tali sintesi, aldilà dell’eccessiva brevità, è quello di non cogliere l’essenza della partita e del concetto di riassunto. Spesso propongono non la partita in miniatura, come dovrebbe essere, con i momenti salienti della partita, bensì un’interpretazione emozionale, che valorizza più il punto bello, o divertente, che quello fondamentale per la comprensione dell’andamento.

Le sintesi ufficiali di due delle partite più memorabili dei recenti Australian Open sono emblematiche. Vedere il video di Federer-Sandgren senza conoscere la partita potrebbe essere un’esperienza alienante: comincia con un ace, del tutto ininfluente, di Federer, sul 2-2 nel primo set, per poi ritrovarsi con lo svizzero sempre al servizio, ma sul 6-3 2-5 30-40. Punto mostrato non tanto perché set point, ma perché rispecchia gli standard di apprezzamento odierni. Il punto dopo? Una volee vincente di Federer sul 63 26 26 23 30-30.

Sono passati 55 secondi e lo spettatore Youtube ha già visto… cosa? Tre punti casuali. Dopo pochi secondi siamo al quinto match point Sandgren, poco dopo set point Federer, che nel giro di pochi secondi è già a match point. Cinque set lottatissimi e pieni di alti e bassi riassunti in un minuto e 45 secondi, interpretati in modo mediocre.

Rafa ha vinto il set, Rafa ha perso il match

Nadal-Thiem comincia meglio, mostrando subito la palla che ha portato il campione spagnolo a servire per il set, ma subito dopo siamo già proiettati al punto di chiusura di tie-break per Thiem: l’intensissimo nono game per Australian Open TV non è esistito. Non c’è tempo nemmeno per lo sbigottimento che siamo già proiettati al set point Thiem sul 76 66 (64), come se Nadal non fosse mai stato avanti di un break anche nel secondo parziale, e una volta ammirata la carica agonistica di Rafa dopo aver vinto il terzo set, già lo vediamo affossare il dritto che ha consegnato la vittoria a Thiem. Anche qui 1 minuto e 44 secondi circa. Di assoluta incomprensione dell’entità della partita.

Volete sapere com’è andata a finire la finale? Solo se avete un minuto di tempo.

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