Non è stata la più forte, forse la più grande se per “grandezza sportiva” s’intende la capacità di entrare nel cuore della gente, di farsi riconoscere e ricordare, e di lasciare qualcosa di sé alla storia dello sport che si è praticato. E Lea Pericoli, spirito libero, al tennis ha lasciato molto, e in molti […]
27 Gen 2020 05:44 - Commenti
L’Australian Open dal copione già scritto
Lo slam che una volta regalava spesso sorprese sembra essersi appiattito: i nuovi continuano a deludere e i soliti noti avanzano quasi per inerzia
di Davide Bencini
Tagliamo subito la testa al toro. Una volta l’Australian Open, almeno al maschile, era il torneo dell’incertezza e delle sorprese.
E negli slam soprattutto la prima settimana era quella in cui, forse anche complice un rodaggio dei primi in classifica, si assisteva a match interessanti, a possibili colpi di scena e teste di serie che rotolavano tipo rivoluzione francese. Oggi, sarà anche per la nota introduzione ormai storica delle 32 teste di serie, non solo è diventato anche lui di una prevedibilità marzulliana ma in pratica dà la sensazione di indirizzare subito tutta la stagione senza paura di possibili smentite. In poche parole, a meno di non essere tifosi serbo-ispanici, già dopo una settimana del primo slam si spera già nel meteorite.
Top player che ormai non solo passeggiano nei loro primi turni giocando come se avessero un cocktail in mano e primi due della classe che addirittura sembrano allenarsi e che sembrano poter non avere ostacoli almeno fino alla semifinale. Si potrebbe quasi parlare di un restaurato challenge round … con il numero uno dentro!
Se poi ci aggiungiamo un’organizzazione che rallenta tutto nuovamente (superfici, palline, come descritto già da Luigi Ansaloni), creando condizioni perfette per i primi della classe, beh, allora inutile stupirsi. Insomma anche quest’anno non fa eccezioni: se mettiamo da parte Federer che ha i suoi patimenti più per il fatto di avere ormai 87 anni, Nadal e Djokovic viaggiano come se dovessero ancora scendere in campo per davvero.
Volendo, se ce lo chiedessero tra una settimana, non ricorderemmo neanche chi fossero i loro avversari nei primi tre turni. Il tutto è reso ancora più sconcertante (imbarazzante? Allucinante? Scegliete voi) dal fatto che questi due abbiano rispettivamente quasi 34 e 33 anni e che atleticamente, ancora prima che tennisticamente (per quanto anche qui siano probabilmente di gran lunga due spanne sopra), diano due piste a gente di dieci anni meno di loro che dovrebbe a quella età avere le ali ai piedi. E mettiamo anche subito in chiaro che nessuno dubita del fatto che siano fuoriclasse irripetibili e che sia solo merito loro se le cose stanno così (restando per distacco i migliori a giocare in queste condizioni), ma se per avere un minimo di incertezza dobbiamo davvero aspettare che i primi tre tolgano le tende… beh… campa cavallo che l’erba cresce…
A volte ci si ritrova a dire persino che il tennis potrebbe rinascere il giorno in cui non avremo più questi tre in giro. Possibile, ma di questo passo lo farà per resa e non per conquista. Il che sarà forse ancora più frustrante, dato che ci lascerà con la sensazione che i nuovi vinceranno solo perché la generazione d’oro avrà finalmente lasciato qualche “biscotto ai bambini”.
La cosa più sconvolgente, come detto guardando il quadro in maniera asettica e al di fuori dal tifo, è che poi già si sente mormorare, come ogni anno, che anche questa stagione sarà un binomio di lotta tra Serbia e Spagna, con sfumature di Svizzera qua e là… Roba tipo che si sente già la next generation (che poi è la terza… la quarta… boh…) mugugnare in sottofondo “e anche quest’anno vinciamo l’anno prossimo…”