La fortuna di Wozniacki: aver avuto la chance di dire “basta” per sua volontà

29 anni non è un'età "giusta" (semmai ne esista una) per ritirarsi, ma Caroline Wozniacki ha capito che il suo percorso era arrivato alla fine. L'artrite reumatoide ha condizionato l'ultimo periodo, ma non è la vera causa della decisione. E adesso, la meritata passerella d'addio.

La cosa più bella, alla fine, sarà probabilmente vederla salutare tutti come aveva sempre sognato: per volontà sua. Il ritiro di Caroline Wozniacki è un passo doveroso, doloroso ma che avverrà perché lei stessa sente di aver realizzato tutto quello che poteva entro un’età ancora sufficiente per godersi la vita in tanti altri aspetti.

La decisione di lasciare al termine dei prossimi Australian Open, ribadisce la stessa ex numero 1 del mondo, non deriva da una salute compromessa per praticare sport a livello professionistico, e dunque anche lei riconosce che se la vita è fatta di percorsi e nuove avventure, questa è ormai giunta alla sua naturale fine.

Si ritira a 29 anni, la stessa età dell’amica di una vita Agnieszka Radwasnka un anno fa, ma  con circostanze completamente diverse. La polacca è stata costretta da un piede che ormai non le dava modo di sforzarsi a lungo senza sentire delle grandi fitte e dolori continui, lei perché, come dice nel lungo messaggio su Instagram sente che questo è il momento. Fin dagli inizi della carriera raccontava di non vedersi in campo oltre i 30 anni per pensare alla famiglia, alla vita lontana dal campo, e forse il pensiero di dire addio le era già balenato per la mente nel 2016. Ekstra Bladet, giornale danese, aveva lanciato nel settembre di quell’anno la notizia che Caroline stesse pensando a lasciare il tennis già al termine di quella stagione.

Le voci furono dissipate in breve, anche perché la danese che stava precipitando fuori dalle prime 100 del mondo trovò nuova forza durante lo US Open, ma adesso che ha messo le basi per la nuova avventura da vivere assieme al neo marito David Lee è tutta intenzionata a voltare pagina. In quel 2016, invece, una semifinale abbastanza sorprendente viste le sfortunatissime vicissitudini di quella stagione le diede un ultimo, potente, fuoco. Per una stagione e mezzo, circa, Wozniacki aveva ritrovato livelli di gioco che aveva messo in mostra nei periodi più belli del suo passato sportivo: dalla fine del 2009 alla prima parte del 2011 e poi ancora nel 2014 quando fu capace di rientrare una prima volta nella top-10, ancora una volta segnando il percorso con una finale Slam a New York.

Proprio la Grande Mela sembrava il luogo giusto per interrompere il proprio tabù da Slam. Finale nel 2009 e nel 2014, vari piazzamenti pesanti nel corso del tempo e spesso, anche per la grande abilità personale di gestire il fisico come nessun’altra, arrivando a questo evento con più freschezza di tutte le altre. È stata maestra in questo. Per oltre dieci anni forse nessuna poteva dire di avere le capacità fisiche, di recupero e resistenza della danese. Quando a tutto ciò ci abbinava un’ottima resa con la prima palla e un dritto più costante senza perdere campo, usciva dai panni della giocatrice intenta a difendere e cominciava a resistere al braccio di ferro trovando molte più soluzioni e capacità di uscita dallo scambio.

La WTA, con questo ritiro, perde tanto per tutto quello che Wozniacki ha rappresentato negli ultimi 10 anni. 30 titoli e 71 settimane al vertice del ranking mondiale la pongono tra le migliori giocatrici del nuovo millennio, ma soprattutto era un volto che aveva imparato a farsi conoscere anche a di fuori dello sport. È stata brava, se vogliamo, a tramutare il grande dispiacere personale per il mancato matrimonio con Rory McIllroy nel 2014 nell’opportunità di cambiare concretamente la propria vita. Poteva smarrirsi, invece ha reagito come meglio non poteva anche grazie all’aiuto di chi le è stata accanto e da quel momento, pur vivendo situazioni diverse, è sempre sembrata legata da un filo dissolubile: Serena Williams. Il bel rapporto che ha legato le due è nato grazie alla sorella Venus, e in quel periodo si è cementificato in un bel rapporto di amicizia culminato poi nella finale dello US Open giocata l’una contro l’altra. Alla fine, dopo la partita, un’uscita assieme a passare il resto della serata a ballare.

Lascia una delle più grandi atlete di questo sport degli ultimi anni, che ha saputo individuare nel tempo come modificare il proprio atteggiamento verso il lavoro fuori dal campo per continuare a resistere a uno sport che nel frattempo mutava il proprio aspetto in maniera abbastanza importante. Passati i primi anni, infatti, non c’è più stata una Wozniacki che faceva incetta di titoli, ma una giocatrice che segnava sempre costanza e buon rendimento con i picchi che poi l’hanno portata a compiere i traguardi più importanti. Il successo all’Australian Open 2018 è stato preceduto dal titolo alle WTA Finals, in quello che ora possiamo giudicarlo come ultima recita da attrice principale, e il ritorno al numero 1 la perfetta chiusura del cerchio: il lavoro lasciato incompiuto nel primo periodo da leader ha dato i suoi frutti addirittura sette anni dopo, a nuova dimostrazione che la perseveranza e l’ottima attitudine pagano. Sempre.

Adesso è l’ora della passerella finale. Forse voleva già ritirarsi al termine di questa stagione una volta capito che per lei ad altissimi livelli non c’era più spazio, ma è giusto che si sia presa un po’ più di tempo. Come è giusto che le venga riconosciuto un tributo riservato a chi ha dato tanto e ha raccolto moltissimo per una carriera a suo modo storica visti anche i tanti traguardi ottenuti per una nazione che prima di lei poteva raccontare di avere avuto pochi atleti così importanti. La nazionale di calcio che vinse l’europeo nel 1992 è forse l’esempio massimo. Poi c’è lei, nata in Danimarca da genitori polacchi, che è stata prima al mondo nel proprio sport per 71 settimane complessive, quasi un anno e mezzo, portabandiera alle Olimpiadi del 2016 e che guarda al futuro con la serenità di chi ha ottenuto tutto quello che poteva ambire nei sogni più belli di quando era bambina.

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