Naomi Osaka ha capovolto il mondo

Da Indian Wells all'Australian Open. Dall'estremo ovest all'estremo est. Dal numero 72 del mondo a fine gennaio 2018 al numero 1 dodici mesi dopo. Naomi Osaka, prima tennista asiatica (maschi compresi) a salire in cima al mondo.

Forse è la numero 1 con meno titoli vinti al momento del suo insediamento sul trono della WTA, ma dopo quanto successo in questi mesi vedere Naomi Osaka lassù in vetta al tennis femminile è forse la soluzione migliore.

Da potenziale fenomeno a campionessa affermata, il salto è enorme. Compierlo in meno di 12 mesi è qualcosa che fa venire le vertigini. E se pensiamo che in questo periodo ha avuto anche qualche noia fisica tra un problema addominale e un periodo un po’ negativo subito dopo l’esaltante Indian Wells e la prima sfida contro Serena Williams.

Giapponese, cresciuta negli Stati Uniti da madre nipponica e padre haitiano, in una casa dove il multiculturalismo è stata la regola principale. Protagonista di qualcosa di storico, perché vincere due Slam di fila è qualcosa che non può essere casuale. Lo sperava, fin da quando tutto il trambusto di quella sera a New York l’aveva un po’ fatta sentire in colpa e un po’ fatta sperare che potesse avere l’occasione per prendersi una chance di dimostrare che non era una “one-shot”, una che ha raccolto il massimo da un’occasione fortunata. Quel momento fu tutto tranne che fortunato, lei stessa temeva che tutti i fischi piovuti dalle tribune fossero diretti a lei, che stava vincendo contro Serena Williams. Ragazza molto timida, ma che si sta affermando per un carattere che piace perché distante dal canone moderno, molto riflessiva, educata e con uno sguardo fugace, che anche stasera non ha mai lasciato andare a qualcosa in più di un sorriso appena accennato. “Nella mia testa la partita non era ancora finita” dirà poi, a Channel 9 (l’emittente che ha trasmesso il torneo in Australia), “forse prima o poi mi renderà conto di cosa sta succedendo”.

Nell’ultimo anno il rendimento è cresciuto esponenzialmente. Sascha Bajin, il coach, ha subito trovato l’alchimia giusta per trasformare una potenziale promessa in una macchina da corsa, quasi infallibile nei grandi tornei. Se chiedete qualcosa, lui parlerà sempre al plurale, del loro team, ma c’è una persona in particolare che merita di essere nominata: Abdul Sillah, il preparatore atletico. Era al fianco di Serena Williams, poi ha riportato in campo Sloane Stephens prima che avesse quelle 5 settimane da sogno culminate nello US Open. Grande amico di Bajin, si è unito prima di Indian Wells e Osaka ha subito fatto centro. Poi l’estate, e il grande lavoro fisico che l’ha portata poi a dominare lo US Open con tutti i match vinti in due set ad eccezione di quello contro Aryna Sabalenka.

Qui però, dopo il grande botto, non è arrivato alcun calo. Al di là delle WTA Finals di Singapore, Osaka è sempre arrivata almeno in semifinale. Bajin ha spesso raccontato di come vedesse in lei qualcosa di straordinario, qualcosa che le altre non hanno. La cosa incredibile è come già solo in queste prime settimane del 2019 siamo di fronte a una giocatrice completamente diversa. Quella che fino allo scorso anno era abituata a dominare le partite dove vinceva il primo set (con oggi sono 60 vittorie consecutive in questa occasione) e che invece faceva molta più fatica a gestire le situazioni di punteggio delicate, quest anno sta vivendo tutt’altra situazione. La vittoria a Brisbane contro Anastasija Sevastova era un primo importante indizio, qui quelle contro Su Wei Hsieh e la stessa lettone un altro, ma soprattutto i successi maturati tra semifinale e finale. Contro Karolina Pliskova era nettamente avanti, poi la ceca ha fatto un bluff mentale da giocatrice di poker quando nella seconda metà del secondo parziale stava in campo come se fosse lei a un passo dalla vittoria e ha portato Osaka a innervosirsi, ma che con alcuni colpi da campionessa si era prima salvata e poi portata avanti, resistendo fino alla fine.

Oggi, contro Petra Kvitova, la situazione è stata molto simile se non fosse che probabilmente era ancora più vicina al successo nel secondo parziale. In ogni momento, ha reagito come una campionessa affermata, reagendo e prendendosi vittorie in sfide dove nessuna le ha regalato nulla. Ventun’anni appena compiuti, eppure è già storia: prima giapponese campionessa Slam, ora prima asiatica (maschi e femmine) a sedere sul trono del tennis femminile. Il tutto sotto gli occhi di Na Li, ex tennista cinese che la scorsa estate la investì del ruolo di futura dominatrice e trascinatrice del movimento tennistico asiatico. Sono passati appena 6 mesi, l’ha già raggiunta nei Major vinti in carriera e l’ha appena superata nel ranking (Li si era fermata al numero 2).

Dalla stessa categoria