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Djokovic e la sfida più grande

Io non ci sto! Questa frase in noi non suscita bei ricordi, almeno per chi c’era negli anni 90 quando l’allora Presidente Scalfaro interrompeva le trasmissioni per una drammatica diretta in un momento di crisi istituzionale-politica devastante per il nostro povero Paese. Ma ora la utilizziamo per il nostro amato mondo delle racchette che non smette mai di riservarci sorprese ed emozioni. E la utilizziamo ben donde per uno dei tennisti più grandi di sempre senza se e senza ma. Perché ‘Io non ci sto’ è il motto perfetto per descrivere Novak Djokovic.

Il fuoriclasse di Belgrado non ha mai voluto accettare che il tennis maschile di questi ultimi 15 anni fosse solo un affare tra quello lì e quello là (avete capito di chi stiamo parlando vero?). Mai. E questo rimane il suo merito maggiore, più importante anche delle sue incredibili prestazioni durante la carriera. Ha iniziato nel 2007 Nole a far parlare di sé, con spavalderia, determinazione, potenza e sana incoscienza di 20enne (capito, giovanotti di oggi?). Non si è perso d’animo quando sembrava che non riuscisse troppo a scalfire il dominio dello storico duopolio dopo il primo trionfo australiano nel 2008 e dal 2011 ha messo la marcia in più che gli ha permesso di entrare meritatamente nell’olimpo vincendo tutto (o quasi) attraverso alcune partite memorabili (come quest’ultima londinese), periodi di dominio assoluti, imprese pazzesche come quella di vincere uno dopo l’altro (anche se non  nello stesso anno solare) i 4 slam, unico dopo un certo Rod Laver. Tutto questo senza curarsi del fatto che a lui non venisse data tanta importanza, che lui non fosse considerato degno di attenzione come al contrario Federer e Nadal.

Vero però che gli mancava ancora qualcosa all’irriducibile Novak. Gli mancava il ‘ritorno’. C’è stato un momento in cui sia Rafa che Roger sono stati dati per morti e sepolti, ferrivecchi che si ostinavano a non mettersi finalmente da parte. Lo svizzero e lo spagnolo hanno risposto pan per focaccia ritornando a vincere man bassa come ai bei tempi e spiattellando in faccia agli scettici la prova più grande del loro valore. Ed era ciò che ancora doveva dimostrare Djokovic, il quale dopo il Roland Garros 2016 aveva smarrito la strada. Due anni di limbo dal quale sembrava che l’ex dominatore non sapesse più uscire; e tutti (o quasi) a dire: “Ecco, alla fine non sarà mai come Federer e Nadal, non riesce a riprendersi dalla crisi nera, a differenza dell’elvetico e del maiorchino”. Condannato dunque al secondo cerchio del paradiso tennistico? Manco per sogno. Perché Nole ha risposto appunto ancora una volta con un grande ‘Io non ci sto’! Ed è sulla strada buona per vincere la sfida più grande: quella di ritornare ad essere di nuovo attore principale dopo i fatidici 30 anni e dopo il momento più buio.

Forse oggi non ce la farà a far suo questo Wimbledon, perché Anderson è comunque un osso duro nonostante la stanchezza (però con un giorno in più di riposo). Ma siamo certi che Djokovic non si perderà d’animo e già nella stagione nordamericana sarà protagonista come d’altronde è sempre stato. Protagonista irrinunciabile di questo sport finché non attaccherà la racchetta al chiodo, continuando a non accettare lo stato delle cose, dato che l’arrendersi non fa parte della sua visione del tennis, del mondo, delle cose.

E dunque, indipendentemente da come andrà la finale, non possiamo che terminare queste righe con un banale ma sincero: bentornato Nole!

Salvatore De Simone

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