dal nostro inviato a New York
[1] R. Nadal b. [28] K. Anderson 6-3 6-3 6-4
Niente sorprese, niente imprese, niente favole. Vittoria scontata doveva essere e vittoria scontata è stata: Nadal batte Anderson in tre set e mette in bacheca il 16esimo Slam e il terzo Us Open in carriera.
Il sudafricano ci ha provato e ha lottato fino all’ultimo, Nadal però era semplicemente troppo forte e lui non aveva le armi per metterlo in difficoltà. Del resto hanno alla stessa età, ma c’è un universo tennistico a separarli.
I primi game del primo set sono il manifesto di tutto l’incontro: Anderson che faticava penosamente per tenere il servizio e che per fare un punto aveva bisogno di fare un ace o un vincente all’incrocio delle righe, mentre Nadal teneva i suoi turni di battuta con agio.
Kevin resisteva per tre game, poi spediva un diritto largo sull’ennesima palla break e il sipario calava già sul primo parziale. Nadal faceva un altro break e si prendeva il set in 58 minuti.
A questo punto non era più una questione di ‘se’, ma di ‘quando’. Il break nel secondo arrivava sul 3-2, mentre nel terzo maturava già nel primo game. Quando Rafa andava a servire per il titolo sul 5-4, sprecava il primo match point spedendo un rovescio in rete, ma non falliva sul secondo appoggiando una voleé di rovescio a campo aperto.
Meno di due ore e mezzo per un successo mai in discussione. Troppo superiore lo spagnolo nello scambio: Anderson provava sempre a spingere, ma vista la difesa di Rafa finiva per forzare perdendo spesso le misure. Nadal poi era maestro nel cambiargli ritmo e traiettorie, facendolo spostare e portandolo inesorabilmente all’errore. Il 36% di punti vinti con la seconda di servizio da Anderson dice tutto sull’andamento del match, così come le zero palle break concesse da Rafa al servizio. Eloquente anche il rapporto tra vincenti ed errori gratuiti. Anderson ha messo a segno due vincenti in più (32 a 30), ma ha commesso 40 errori non forzati contro gli 11 di Nadal. Rafa inoltre ha vinto tutti i 16 punti giocati a rete, mentre Kevin ne ha persi più della metà.
Il sudafricano esce a testa alta, consapevole di aver dato tutto e di aver sfruttato al meglio l’occasione di un tabellone forse irripetibile in uno Slam.
Era la testa di serie numero 1, il favorito del torneo e non ha deluso. Nadal dopo le incertezze iniziali ha evitato la semifinale con Federer grazie a del Potro e il suo torneo lo ha vinto proprio grazie alla vittoria sull’argentino.
Avvicina lo svizzero arrivando a quota 16 Slam e aggancia Ivan Lendl a 3 Us Open vinti dopo quelli del 2011 e 2013. La stagione del maiorchino è stata impressionante se si considera quante volte lo si era dato per finito gli anni scorsi. Tre finali Slam di cui due vinte, dominio totale sulla terra battuta e numero uno riconquistato.
Chissà se il 2017 sarà l’ultimo anno dell’era ‘Fedal’, ma visto quello che i due sono riusciti a combinare dividendosi equamente i quattro Slam, c’è da scommettere che la NextGen dovrà ancora attendere, al netto dei ritorni di Djokovic e Murray.
Per Rafa però il 2018 sarà diverso da tutti gli altri: per la prima volta in carriera lo zio Toni non sarà più al suo fianco, una notizia che era nell’aria ora diventata ufficiale.
Nadal lo ha ringraziato pubblicamente durante la premiazione, prima di intascare l’assegno di 3.700.000 dollari e alzare la coppa del vincitore degli Us Open per la terza volta.
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