L’esperienza, la conoscenza della superficie, la capacità di vivere questi momenti di chi ha vinto cinque volte su questo campo.
Sono tante parole che però poi il campo smentisce o conferma, l’ultima parola, si sa, spetta sempre a lui.
È la potenza e la fame di vittoria ad aver prevalso, ad aver donato a Garbine Muguruza quello sguardo concentrato e sicuro fin da quando le giocatrici si muovono e attraversano i corridoi del prestigioso e lussuosissimo Centre Court.
Dopo quella finale persa, in lacrime, la spagnola si era detta che sarebbe tornata lì e avrebbe vinto. Perché è una di quelle poche spagnole che l’erba la ama davvero: lo scorso anno era troppo stordita dal momento post-trionfo a Parigi.
Giocar bene sulla terra e sull’erba è cosa per poche e anche la stessa Venus Williams non è mai riuscita nell’impresa.
Il grande merito di Garbine oggi è stato quello di aver lottato e non essersi mai piegata alla personalità e ai colpi di inizio gioco della Williams, imponendo il proprio gioco e non arretrando mai di un millimetro.
Una Muguruza che dopo le pause e le incertezze, dopo quella pressione che ha patito e che l’ha resa vulnerabile in tutti i tornei, fatto crollare motivazioni e ambizioni.
Con questo trionfo a Wimbledon è numero cinque del mondo ed è un falco a decretarlo, quello che mostra la palla fuori di una Venere nera crollata fisicamente, mentre Garbine guarda Concita e sebbene qualche lacrima scenda, rimane estremamente calma e consapevole di essere stata lei a dirigere il corso delle cose, oggi e in tutto il torneo.
Consapevole che questo non sarà l’ultimo Wimbledon della sua carriera e che adesso saprà anche come affrontare tutto il resto.
La delusione per Venus è cocente, le si legge in volto e anche nelle gambe che dopo la lotta del primo set non hanno più retto. Era un’occasione ma dall’altra parte c’era una montagna che Venus, oggi, non poteva scalare. Le restano l’amore e gli applausi del pubblico e una passione infinita per il tennis.
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