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10 Giu 2017 10:46 - Extra
Roland Garros, la finale: Halep o Ostapenko, chi vince fa la storia
L'analisi della finale femminile: la Romania è pronta a celebrare Simona Halep 39 anni dopo Virginia Ruzici, sua mentore, mentre Jelena Ostapenko cerca la prima gioia assoluta per la Lettonia.
di Diego Barbiani
Jelena Ostapenko o Simona Halep, una delle due sarà la nuova campionessa del Roland Garros e comunque andrà sembra quasi scontato dire che si farà la storia. La finalissima dello Slam parigino propone una sfida mai giocata prima, tra due giocatrici che non potrebbero essere più diverse di così, arrivate con un percorso molto differente e con obiettivi iniziali molto diversi. Adesso sono ad una vittoria dal trofeo più importante della loro carriera, che potrebbe sbocciare definitivamente per la lettone, che potrebbe coronarsi definitivamente per la rumena.
A 26 anni Halep non è ad una sorta di ultima spiaggia, non ancora, ma è dal 2013 che il suo nome è entrato prepotentemente nei radar degli appassionati con una crescita sostanziale che in un anno l’ha portata dal numero 66 a ridosso della top-10, con anche 6 titoli conquistati. Da quel momento nei Major si contano 4 semifinali, compresa quella di giovedì scorso, e solo una finale, quella persa proprio al Roland Garros 2014 contro Maria Sharapova. Non è tardi per sbloccarsi, visto che a Parigi abbiamo avuto Francesca Schiavone e Na Li che vinsero quando erano ancora più vicini agli anni “-enta”, ma è il momento giusto e quasi tutti la vedono come grande favorita.
Lei stessa, nelle conferenze stampa di queste due settimane, è sembrata una donna “in missione”, che in inglese si esprimerebbe molto meglio con “a woman on a mission”. L’obiettivo è chiaro fin dal primo momento: primo titolo Slam uguale prima donna rumena al numero 1 del mondo. Sarebbe un colpo doppio non da poco, pure in un momento in cui non viene spontaneo credere a tutto quello che dice il ranking, ancora sprovvisto delle cosiddette “big”. Halep però tra le big c’è sempre stata, da almeno 4 anni. Anzi, da quando la rumena è entrata in top-10 (dopo l’Australian Open 2014) non solo non ci è mai uscita ma ha passato appena 7 mesi, su oltre tre anni, fuori dalle prime 3 del mondo. Non è stato tutto rosa e fiori, anzi le delusioni ci sono state e sono state enormi: già nel 2015 sembrava lanciata verso i piani alti del ranking, ma prima la morte del cugino e poi le minacce di morte ricevute a Stoccarda le hanno fatto completamente staccare la spina, facendo crollare il suo eccellente record di 27-4 fino al torneo tedesco. Da dopo lo US Open 2015, poi, è stato un susseguirsi di problemi fisici tra tallone e ginocchio che non le hanno mai permesso di essere veramente in forma. Ancora lo scorso anno ad ottobre, quando veniva eliminata a Singapore da Dominika Cibulkova, è stata vista allontanarsi zoppicando dalla conferenza stampa. I problemi sono continuati almeno fino ad Indian Wells di quest anno, e poi sono passati più sul lato personale, con il battibecco avuto con Darren Cahill che li ha portati ad una separazione provvisoria.
In questo periodo, per tutto aprile, Halep si è trovata spesso da sola a riflettere su quello che stava facendo ed ha capito una cosa: non era più possibile andare avanti così. È una perfezionista e tutto deve filare come vuole lei, così anche se il punteggio la vede avanti 4-0 e commette un errore, è stata spesso vittima di momenti di scoramento che si prolungavano e rischiavano di compromettere tutto. Questo suo comportamento da un lato è più che positivo, ma dall’altro (quello che stava prendendo il sopravvento) la stava lentamente risucchiando. Lavorò tanto sulla sua persona ed ora le arrabbiature sono spesso ridotte al lumicino, con Cahill pienamente tornato al suo posto dopo le scuse (anche pubbliche) della rumena per le offese di Miami.
La stagione su terra è stata ai limiti della perfezione, iniziata senza grandi aspettative a Stoccarda con la semifinale e poi due finali nei tornei che pesano tanto: Madrid, dove ha replicato il successo del 2016, e Roma dove è stata fermata da Elina Svitolina ed un problema alla caviglia. Da quando è diventata competitiva ad altissimi livelli (Roma 2013) ha giocato 85 partite su terra rossa perdendone appena 16, con una percentuale di vittoria dell’81,2%. Molto minore quella della sua avversaria di domani, Ostapenko, che solo nel 2016 ha cominciato a giocare sulla terra ed ha collezionato in tutto 17 vittorie ed 8 sconfitte (68%), dato che crolla se si escludono le 6 vittorie parigine e le 5 di Charleston. Poca abitudine ed un palcoscenico molto suggestivo potrebbero giocare un ruolo fondamentale per una ragazzina di appena 20 anni che pure finora ha messo in mostra un tennis aggressivo e spettacolare. 245 i vincenti messi a segno in questi 10 giorni che comunque vada saranno per lei indimenticabili. C’è il punto interrogativo su come potrà affrontare la finale, visto che ancora non ha vinto un titolo e le 3 finali fin qui perse (Quebec 2015, Doha 2016, Charleson 2017) son state piuttosto deludenti a parte a Doha, quando vinse un set e lottò fino alla fine contro Carla Suarez Navarro.
È solo alla seconda apparizione a Parigi, ma il percorso mostra una grande crescita non solo per il risultato, sorprendente fino ad un certo punto viste le punte di gioco che può toccare, ma nel come sono arrivate certe vittorie. Tre dei quattro successi al terzo (Chirico, Stosur, Wozniacki) recuperando un set di ritardo, infine il quarto, contro Bacinszky, raggiunto dopo un primo set lottato ed un secondo dove sembrava avesse avuto un crollo definitivo. Avrà probabilmente ancor più pressione oggi e dopo le partenze un po’ complicate contro Stosur, Wozniacki e Bacsinszky dovrà subito cercare di sgombrare la mente dai tanti pensieri che l’affolleranno per cercare di giocare al meglio l’appuntamento più importante della sua giovane carriera.
Non ci sono precedenti tra le due, ma una grande favorita sì: Halep. Vediamo se la rumena saprà rispettare i pronostici e riportare la Romania a vincere un Roland Garros 39 anni dopo Virginia Ruzici (ed un nuovo numero 1 dopo Ilie Nastase) o se assisteremo al coronamento di un percorso straordinario come quello che Ostapenko ha messo in campo fin da Stoccarda, quando ancora si trovava a fare le qualificazioni.