Finalmente

Dopo tanti giorni di domande su questo Roland Garros, sono arrivate finalmente le prime risposte. Ma soprattutto sappiamo a quali domande non serve più una risposta.

Finalmente. Non ne potevamo più. Giorni passati ad arrovellarci su quella domanda o su quell’altra: chi è la vera favorita del torneo femminile? Nadal è imbattibile? Djokovic rinascerà? È arrivata l’ora di Halep? Dove arriverà Raonic? Muguruza ritroverà se stessa? Le risposte, almeno quelle più importanti, non sono ancora arrivate, per quelle ci sono le finali, ma almeno adesso ci siamo fatti un’idea su cosa domandarci. Non ci sono molti quesiti rimasti e soprattutto possiamo fare un po’ di ordine, eliminando gli interrogativi che oramai appartengono già al passato. Insomma, mancano sei partite e i prossimi quattro giorni promettono di darci finalmente un po’ di spettacolo dopo undici giorni di scarso pathos, con le dovute eccezioni, si capisce.

Partiamo dalle donne, che cominceranno già domani a darci qualche risposta. Tanto per dirne una, e probabilmente è la questione meno rilevante, già oggi potremmo sapere chi sarà numero 1 del mondo lunedì prossimo. Che Karolina Pliskova possa diventare la più forte di tutte, almeno secondo il ranking, in un torneo che l’ha sempre vista eliminata prima del terzo turno è sintomo da un lato della bizzarria di questi ultimi mesi, nei quali si sono avvicendate varie numero 1 nella Race To Singapore, dall’altro ci ricorda che la classifica si conta pur sempre su base annuale e ormai è da un po’ di tempo che ci siamo abituati a vedere Karolina vincere.

Non si può certo ignorare che il suo tabellone è decisamente stato il più agevole delle quattro arrivate in semifinale e contro Halep saranno in pochi a pensare che abbia qualche chance. In effetti i precedenti – 4 a 1 per la romena, tutti sul cemento – e il livello di gioco visto in questi primi cinque turni suggeriscono di affidarsi a Halep, che dopo tutto a Parigi ha giocato la sua unica finale Slam e ieri si è tirata fuori dal buco in una di quelle partite che poi tutti, col senno poi, ricorderanno come la svolta del suo torneo. In effetti l’incredibile rimonta con Svitolina era probabilmente l’ingrediente mancante dalla pozione che dovrebbe finalmente trasformare Halep in principessa Slam: arrivata con poche aspettative, Simona ha cominciato a giocare sempre meglio e anche se oggi è sembrata una delle tante giornate Slam in cui la romena non riesce a giocare un vincente nemmeno per sbaglio, è anche vero che la fiducia di cui ha fatto scorta potrebbe tornare utile nel caso in cui dovesse giocarsi una finale Slam da favorita.

Non ci sono dubbi che chiunque vinca tra Timea Bacsinszky e Jelena Ostapenko non sarà favorita in finale, specialmente se vincerà Halep, ma una certezza c’è: qualunque combinazione in finale ci sarà e qualunque sarà la vincitrice, avremo una storia incredibile da raccontare. Di Bacsinszky e del suo burrascoso passato col tennis è stato scritto di tutto, spesso con buone dosi di retorica, inutile tornarci, ma è indubbio che la sua vittoria sarebbe un coronamento di un percorso ammirevole; di Ostapenko, una ragazzina arrogante e fortissima, scriveremo dei suoi incredibile vincenti, di un dritto che sembra in grado di diventare già oggi un modello di riferimento, di un personaggio sopra le righe che potrà sconvolgere le gerarchie del tennis femminile; di Halep e Pliskova, più esperte e già finaliste Slam, racconteremo la fine di una maledizione, ammesso che si possa parlare di una maledizione, del timore di dover restare sempre a guardare le altre, di mancare sempre di un soffio quel titolo tanto agognato.

Tanta freschezza è ancora un miraggio per il circuito maschile, che in sostanza si trova con una situazione molto simile a quella vista a Melbourne qualche mese fa. Ci sono tre over 30 – lì Federer, Nadal e Wawrinka, stavolta c’è Murray al posto dello svizzero più bravo – e un giovane, o giù di lì, di buone speranze. La sensazione è che finirà come agli Australian Open, cioè che a vincere sia quello con più titoli, quello più abituato a vincere in queste situazioni. E del resto gli undici giorni parigini di Rafael Nadal non potrebbero dare nessun’altra indicazione: troppo forte, troppo convinto, troppo rabbioso, Rafa, per farsi sfuggire un torneo che non aggiunge nulla alla sua bacheca ma che lui, da cannibale qual è sempre stato, vuole vincere da almeno tre anni. Uno che allinea le bottigliette con un senso della geometria quasi preoccupante, uno che regolarmente spazza le righe prima di rispondere e che non ci cammina sopra ai cambi campo, uno che esegue ogni volta, all’infinito, lo stesso identico rituale prima di servire, può forse dormire tranquilli senza aver vinto una cifra tonda di titoli nel torneo che più ama?

Dei tre che sono rimasti, quello che ci sembra avere più chance a rovinare la festa di quelli che non vedono l’ora di fare i titoloni (ne anticipiamo alcuni: Rafa dieci e lode, La Decima di Rafa, Rafa X Re di Francia) è Stan Wawrinka, un tennista che probabilmente faticheremo a utilizzare come termine di paragone, tanto peculiare e inspiegabile è stata la sua improvvisa maturazione nel tennis che conta. A quelli che lo accusano di spuntare fuori dal nulla una volta l’anno andrebbe ricordato che Stan è alla settima semifinale negli ultimi dieci Slam. Del record nelle finali non parliamo, perché è ancora presto e perché non è nemmeno così rilevante come si pensa. Wawrinka ha un dono speciale: riesce a convincersi molto facilmente che se la giornata è giusta, allora la giornata è giusta. Anche il suo percorso non è stato difficilissimo, a meno che non si vogliano considerare Monfils e Cilic degli avversari validi, però Stan ha passato ogni prova salendo sempre di livello nel corso della partita. I quattro tiebreak giocati – solo Cilic non è riuscito ad arrivare a 6 game in un set, anzi ne ha vinti 7 complessivamente – sono stati vinti con qualche esitazione di troppo, ma il punto è che Wawrinka, quando doveva vincere i punti importanti, si è sempre fatto trovare pronto in questo Roland Garros.

Non abbiamo dedicato molto spazio a Murray, e tantomeno a Thiem, oggi vincitore fin troppo agevole per la prima volta contro Djokovic. Murray, comunque, parte quantomeno alla pari con Wawrinka – 10-7 per lo scozzese, 2-1 per Wawrinka su terra, 1-0 per Murray al Roland Garros – e la sensazione è che il numero 1 del mondo stia ritrovando per strada la fiducia smarrita negli ultimi tempi. Thiem, risolto il problema Djokovic – il serbo meriterebbe un paragrafo a parte, ma che la semifinale di Roma fosse stato solo un caso era diventato evidente dopo nemmeno 24 ore -, dovrà ora cimentarsi con quello di Nadal. Sembra davvero impossibile pretendere dal tennis dell’austriaco qualcosa di più di un’onesta battaglia: l’anno scorso, contro il favorito del torneo, dopo un ottimo torneo, si arrese in tre rapidi set; quest’anno potrebbe inventarsi qualcosa di diverso, del resto sa come si batte Nadal sulla terra battuta. Ma vederlo lottare venerdì per almeno tre set a ritmi alti, altissimi, sotto un sole che dovrebbe essere cocente contro l’indiscutibile re della terra battuta, sembra francamente troppo.

Restano poche domande, insomma, dopo che per settimane ce ne siamo poste di ogni tipo: alcune risposte sono arrivate ieri, e non sono nemmeno state così sorprendenti. Alcune potrebbero arrivare tra oggi e domani, per le più interessanti toccherà ovviamente aspettare sabato e domenica. Ma siamo gente paziente, noi che seguiamo il tennis: del resto non ci siamo ancora stancati di questo torneo.

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