Zverev e gli altri. Nonostante tutto i giovani stanno arrivando

Anche se le finali sono state vintage, l'Australian Open ha messo in mostra il futuro del tennis: da Rublev e Bublik non c'è solo Zverev.

Finite le due settimane di questi straordinari Australian Open, che hanno visto trionfare il vecchio sul nuovo con la vittoria di Roger Federer a 35 anni, dopo quasi 5 anni dal suo ultimo Slam e Serena Williams anche lei trentacinquenne, è doveroso chiedersi: e i giovani? Ancora alle prese con un ritardo di crescita? Com’è messa la classe tennistica under 21?

Il primo dato che salta all’occhio è proprio il numero di partecipanti fra i 18 e 21 anni a questa edizione. Gli Australian Open 2017 al loro debutto contavano in tabellone ben 18 giocatori su 128 totali dalla classe ’96 in su, più del doppio dell’anno scorso (8). Se facciamo un rapido confronto con gli altri Slam della passata stagione questo dato risalta ancora di più. Agli ultimi US Open  parteciparono in 12, mentre al Roland Garros solo in 7 e a Wimbledon  addirittura 6.
Dei diciotto presenti a Melbourne in quattro hanno beneficiato della wild card (Mmoh, Jasika, De Minaur e Halys), e sette sono arrivati direttamente dalle qualificazioni (Rublev, Bublik, Rubin, Tiafoe, Escobedo, Opelka e Mott). I restanti 7 godevano della classifica per poter accedere direttamente al tabellone (Zverev, Khachanov, Coric, Medvedev, Fritz, Donaldson e Chung). Sono passati al secondo turno in nove, esattamente la metà: Rublev, De Minaur, Bublik, Rubin, Khachanov, Zverev, Tiafoe, Escobedo e Chung.
Come si può notare è finalmente entrata prepotentemente in campo la giovane generazione statunitense con ben tre tennisti dei nove al secondo turno (sette al primo) insieme ai russi, forte anch’essa di molti talenti, sempre con tre tennisti anche se Bublik in realtà da novembre è passato sotto la bandiera kazaka. De Minaur è stato l’unico Australiano ma gli aussie hanno comunque parecchi giovani talenti che per poco non stanno sotto la soglia dei 21, come Kyrgios e lo sfortunato Kokkinakis, ed altri che si sono fermati al primo turno come Jasika e Mott.
Manca invece sorprendentemente un’altra nazione che molto ha investito nei giovani: il Canada. Shapovalov ha infatti saltato l’appuntamento con il primo Slam dell’anno preferendogli il Challenger di Canberra e Felix-Auger Aliassime ha ancora un ranking troppo basso. E poi ci sono la Germania con Zverev e la Corea del Sud con Chung.
Anche la Corea ha molto lavorato in questi anni sulla nuova generazione e ha dei campioni in erba pronti a fare il loro ingresso nel grande tennis come Duckhee Lee e Soon Woo Kwon.

Per l’Italia invece c’è ancora da attendere. Non mancano le giovani promesse (Napolitano, Donati, Quinzi, Sonego, Mager, Berrettini e Pellegrino, indicando i top500) ma siamo indietro di almeno due anni sull’ingresso nei grandi circuiti. Spesso si tende a giocare molti Challenger – aiutati in questo dalla grandissima scelta che offre il territorio italiano – ma pochi tornei ATP non acquisendo così l’esperienza e conoscenza del gioco di altri tennisti che offrono i grandi circuiti. Bisogna però aggiungere che questo è stato un tabellone sfortunato: Napolitano ha trovato subito Opelka, Donati invece Blaz Kavcic. In ogni caso, rispetto agli altri avversari nelle qualificazioni, gli italiani raggiungono il ranking sufficiente ad un età decisamente superiore (Napolitano e Donati, i più giovani, hanno entrambi ventun’ anni).
Altra cosa da osservare è la maggior presenza degli under 21 negli Slam sul duro. Potrebbe essere una coincidenza o anche la maggior possibilità di giocare partite sul cemento perché più accessibile ed economico. Rimane un dato di fatto che sia al Roland Garros che a Wimbledon nessuno sia arrivato dalle qualificazioni.

E dopo queste intense giornate di gioco si può fare un’ulteriore considerazione riguardo al fatto che alcune partite siano terminate al quinto set come quella fra De Minaur e Melzer, Goffin e Opelka, Rubin e Fratangelo. E questo ci dice molte cose: innanzitutto, soprattutto nel tennis moderno in cui si gioca molto di potenza, serve avere un fisico ben sviluppato per poter produrre palle pesanti e resistere allo sforzo di dover giocare molte ore spingendo in continuo. E questo va in aiuto dei tennisti ‘più vecchi’ che hanno già sviluppato una buona muscolatura e lavorato molto sulla resistenza. Se, soprattutto in uno Slam come quello australiano dove le condizioni meteo a volte sono proibitive, alcuni di questi tennisti under 21 sono riusciti a mantenersi scattanti e propositivi fino a fine partita significa che grazie a palestra e diete mirate si è riusciti a bilanciare “il deficit” della giovane età. Ed inoltre cosa assolutamente importante, soprattutto in tenera età tennistica, è stata la tenuta mentale. Affrontare 5 set invece dei 3 soliti, in un palcoscenico come quello di uno Slam, con un tifo a favore o avverso ma comunque molto maggiore di quello a cui sono abituati. E soprattutto, trovandosi di fronte avversari molo più esperti, abituati a non mollare mai, non lasciandosi vincere dallo scoraggiamento. Ecco questa è la cosa che più colpisce in questi primi match. Prendendo ad esempio De Minaur, sotto di due set a uno al tie-break nel quarto, è riuscito a rimanere centrato dall’inizio alla fine e capitalizzare i punti importanti. Ha solo 17 anni.
Anche Rublev, sul set pari, arrivato al tie-break nel terzo non ha tremato e lo ha tenuto addirittura a zero.
Oppure Tiafoe, che al momento di chiudere il match, non ha avuto incertezze, tenendo anch’esso il game a zero.

Al momento però di fare quel passo in più per arrivare al terzo turno, giocando contro avversari più forti per molte ore in poco tempo e con costanza, i giovani hanno vacillato e dei nove ne è rimasto solo uno, ovviamente Zverev. Perché questo? In parte per le sfide spesso proibitive, Rubin e Rublev hanno affrontato addirittura Federer e Murray, Escobedo se l’è dovuta vedere con Ferrer.
In altri casi è stata la stanchezza accumulata e la poca capacità di gestire l’energia a giocare un brutto scherzo. Gli Slam si giocano al meglio dei 5 set il che vuol dire mantenere un andamento costante per più ore al giorno per più giorni. Ed è questo che, in parte, ai tennisti più giovani manca, ma non solo a loro: una costanza nel rendimento.
Un altro problema è l’abitudine al circuito: più giochi contro i professionisti più conosci i loro punti deboli e più riduci il colpo ‘spettacolare’ a favore di quello più efficace.

Qui agli Australian Open si sono viste le varie casistiche: nella partita di Bublik contro Jaziri il kazako non è stato capace di adeguare il suo gioco a quello del turco subendo i cambi di ritmo che non l’hanno mai messo nella condizione di poter spingere. Ed invece di costruirsi pazientemente un suo nuovo gioco ha continuato a tirare producendo gratuiti e perdendo nettamente. De Minaur invece ha combattuto solo per un set cercando di arginare il gioco dell’avversario ma poi, in parte per la stanchezza, non è riuscito a mantenere alto il suo livello di gioco bruciandolo tutto nella prima parte.
Buona prestazione invece per Rubin, che perde in tre set, ma ottiene anche un break nientedimeno che contro Federer. Lo statunitense è stato capace di gestire le energie per tutto il match e di salire di livello nei momenti topici. Semplicemente Roger era più forte ma ciò fa ben sperare che una maggiore presenza nel circuito lo possa portare nei piani alti. Anche per Tiafoe, Escobedo e Rublev tutto sommato è stata un’esperienza positiva. Alla prova del nove sono arrivati preparati riuscendo a tenere e, nel caso di Escobedo anche a vincere un set. Hanno avuto match combattuti e dal lato mentale non hanno accusato mai momenti di vuoto; manca appunto una maggior variazione nel loro gioco ed una gestione delle energie oculata, il saper alzare il proprio livello nei momenti che contano. Ma con un po’ di esperienza in più possono ottenere ottimi risultati.

Forse più di tutti ha deluso Khachanov che, più avvezzo al circuito ATP, preso il break da Sock, si è disunito e non è più riuscito a rientrare in partita soffrendo più dal lato mentale che da quello fisico.

Al terzo turno è rimasto solamente Zverev che ha battuto Tiafoe. I due hanno meno di un anno di differenza ma questa si nota in campo: il tedesco ha saputo accelerare quando doveva e dettare il ritmo della partita, ma buona la prova di Tiafoe che, se continua a migliorarsi, sarà una presenza costante nello scenario ATP. Zverev che ha poi affrontato il finalista del torneo arrivando al quinto set e mancando l’opportunità di dare una prima svolta alla sua carriera.

L’Australian Open 2017 ha dato visibilità e soprattutto importanti punti del ranking e questi ragazzi avranno quindi possibilità di entrare nei tabelloni dei principali tornei. In ogni caso la nuova generazione sembra avere le carte in regola per prendere il posto di Federer e Nadal.

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