Murray e Djokovic, quale futuro?

L'ex anello debole dei Fab Four sta accusando un momento di crisi. Forse passeggero per Murray, più profondo per Djokovic. Torneranno?

Una volta, in tempi tennisticamente ormai lontani, erano considerati i George e Ringo dei Fab Four. Definizione banale e anche un po’ ingenerosa, va detto subito. Ma alzi la mano chi, tra quanti seguono appassionatamente le storie di palline e racchette, non ha pensato almeno una volta la stessa cosa. D’altra parte, con quei due marziani John-Roger e Paul-Rafa (o viceversa, fate voi) a cannibalizzare il circuito, c’era poco spazio per eventuali intrusi.

Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata veramente tanta. Un po’ perché i marziani di cui sopra, con l’età, hanno iniziato a scontare qualche acciacco di troppo. Ma soprattutto perché loro, Murray e Djokovic, col passare degli anni sono migliorati sotto tutti i punti di vista, tecnico, fisico e mentale. In modo più impetuoso Djokovic, più gradualmente Murray.

Ora però, i marziani Roger e Rafa sembrano essere tornati. E dalle parti di Andy e Nole il sismografo ha potuto registrare evidenti scosse. Forti ma sporadiche, dalle parti di Murray. Devastanti e continue in area Djokovic.
I due casi, come avrete già capito, sono infatti completamente diversi. Murray, dopo una disperata rincorsa alla ricerca del Numero Uno, al recente Australian Open potrebbe semplicemente aver accusato un passaggio a vuoto. Certo, il tonfo è stato fragoroso. Nella sconfitta contro il più agé dei fratelli Zverev non è stato in grado di trovare la minima contromisura alle continue aggressioni dello scatenato tedesco. Ha giocato, per una volta, con poca intelligenza tennistica. Lendl gli avrà sicuramente spiegato che, contro questi giocatori, è inutile cercare vincenti diretti già in risposta. Che occorre far giocare una prima volée difficile, magari tra i piedi, all’avversario, per poi tentare di passarlo col colpo successivo. Concetti di una facilità disarmante, non applicati soltanto per disabitudine. Un Misha Zverev che ti viene 118 volte a rete in quattro set, d’altra parte, non lo si incontra tutti i giorni. Quindi ci può anche stare di rimanere sorpresi. E ritrovarsi il giorno dopo sull’aereo di ritorno.

Diverso e, a nostro avviso, più preoccupante il caso di Djokovic. Dopo anni di dominio pressoché incontrastato, culminati col personalissimo Nole Slam a cavallo tra il 2015 e il 2016, il nostro s’è preso una pausa. Quanto consapevole o meno non siamo in grado di stabilirlo. Così come non siamo in grado di dire se il chiacchiericcio a proposito di eventuali crisi famigliari sia vero oppure no. Il gossip lo lasciamo ad altri. Quello che sappiamo, sono i risultati a confermarcelo, è che dopo Parigi in campo s’è visto un altro giocatore. RoboNole ha lasciato il posto a una pallida controfigura e sono arrivate sconfitte fino a poco tempo fa inimmaginabili. Querrey a Wimbledon, Bautista Agut a Shangai e ora quella sanguinosissima e incredibile contro Istomin all’Australian Open. Il suo ex coach(forse già rimpianto?) Boris Becker lo ha spiegato in poche ed efficaci parole: “Una sconfitta ci può sempre stare. Ma non contro Istomin”. Neanche un guru avrebbe potuto essere più chiaro…

Ed ora? Calma… Bisogna evitare l’errore di passare da un eccesso all’altro. C’era chi, dopo il successo al Roland Garros, si divertiva ad ipotizzare quando Djokovic avrebbe raggiunto e magari superato i 17 Slam di Federer (che nel frattempo sono diventati 18). Non è affatto detto che non possa più riuscirci, ma abbiamo visto tutti quanto complicato sia aggiudicarsi un major. L’imprevisto è sempre nascosto dietro l’angolo. E può materializzarsi sotto forma di Querrey o Istomin (ma anche Zverev) in qualunque momento.

Ma stiamo parlando di campioni. Di un campionissimo addirittura, nel caso di Djokovic. Comunque d’un grande giocatore nel caso di Murray. Non ripetiamo l’imperdonabile errore già fatto con Federer e Nadal. Non diamoli per spacciati.
Murray ha soltanto accusato un passaggio a vuoto in un unico torneo, dopo un’estenuante cavalcata trionfale che lo ha issato per la prima volta al numero uno del ranking. Lo stesso Djokovic s’è preso, chiamiamola così, una pausa di sei mesi dopo anni di dominio e un’impresa clamorosa come il Nole Slam. Molto probabilmente non tornerà ad essere il dominatore degli ultimi anni, ma siamo anche abbastanza certi che difficilmente andrà di nuovo incontro a battute d’arresto clamorose come quelle degli ultimi tempi.

Torneranno dunque? Noi diciamo di si. E ad attenderli ci saranno due vecchie-nuove conoscenze, John e Paul. Pardon, Roger e Rafa.

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