A pochi piaceva giocare contro Brad Gilbert, ma proprio a nessuno piaceva perderci. Soprattutto i campioni dell’epoca, che avevano poca stima di questo sgraziato californiano all’apparenza privo di qualunque barlume di talento tennistico. John McEnroe, dopo averci perso al Masters dell’86, si prese un periodo di pausa perché riteneva di aver toccato il fondo (‘Non sei degno di giocare nel mio stesso campo! ’ gli urlò The Genius durante il match); Jimmy Connors a Chicago nel 1985 riuscì a derubarlo di una partita già vinta manipolando da par suo arbitro e folla, mentre Ivan Lendl dichiarò che non avrebbe perso contro Gilbert neanche sul letto di morte (e così fu, visto che il cecoslovacco vinse tutti e sedici gli incroci).
Gilbert aveva raggiunto l’apice della sua carriera nel 1990 ed iniziava il 1991 da Top 10, mentre Agassi era ancora un talento incompiuto, più celebre per il look eccentrico che per i risultati, già comunque di altissimo livello. I due si ritrovarono sul tappeto indoor del Volvo Tennis Championships di San Francisco in semifinale. Brad dominò dall’inizio alla fine, vincendo con l’incredibile risultato di 6-1 6-2 in 59 minuti. Una prestazione talmente disastrosa che portò Agassi – tra l’altro campione in carica del torneo – a dichiarare che si trattava della sua peggiore sconfitta in carriera dopo la finale persa con Sampras agli US Open del 1990 (Sweet Pete lo batté per 6-4 6-3 6-2).
Il resto della storia è nota, soprattutto a chi (quindi a tutti) ha letto la biografia di Andre. Nel 1994 Gilbert diventerà allenatore di Agassi, contribuendo a trasformare il Kid di Las Vegas in un campione leggendario. Ulteriore curiosità: in quel torneo di San Francisco, Gilbert perderà la finale contro Darren Cahill, che diventerà anch’egli allenatore di Agassi, riportandolo in vetta al ranking ATP nel 2003 a 33 anni.
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