Nove domande agli Australian Open

Mancano tre giorni agli Australian Open e quelli di Tennispotting si sono fatti nove domande su quello che potrà accadere nel primo Slam del 2017.

Dimitrov, chi sarà costui? (Claudio Giuliani)
È bastata qualche buona partita di Grigor Dimitrov affinché tutti prendessero carta e penna – eufemismo – per vergare articoli su aspettative fallite, nuovi tentativi di rilancio, questo qui sembra essere l’anno buono e via dicendo. Una settimana, qualche partita, e sùbito nuovi articoli su un giocatore che forse ha già espresso il meglio della sua carriera. È stato numero 8 del mondo nell’epoca più competitiva del tennis, non lo dimentichiamo. Certo, sconta un’impostazione tennistica forse non consona alle sue qualità, ma vuoi che Dimitrov e le persone a cui sicuramente avrà chiesto consiglio non se ne siano rese conto? E quindi, in Australia, dopo la vittoria di Brisbane, ci si attendono meraviglie dal tennista più paragonato a Federer della storia, anche perché pure quell’altro tornerà a giocare ufficialmente agli Australian Open. Cosa possiamo aspettarci da Grigor? Che, in questo 2017, ci offra una versione definitiva di se stesso? Questo è quello che ci auguriamo da e per lui, che Grigor stabilisca una volta per tutte quanto veramente è forte a giocare a tennis. In un’era tennistica che vede scemare le vittorie di Nadal e Federer, in cui Djokovic non è imbattibile e dove Murray non potrà mai diventare un numero 1 cannibale (US Open 2016: remember?), dove la concorrenza più seria è rappresentata da Nishikori, mai vincitore di un Masters 1000, e da Raonic, uno che si affaccia ai piani alti con continuità ma che ha un talento infinitamente minore di Grigor, ecco che il bulgaro potrà giocare più serenamente e far sapere al mondo qual è stato suo posto nella storia contemporanea del tennis.

Chi vincerà fra Murray e Djokovic, se si incontreranno? (Claudio Giuliani)
E se si incontreranno: riusciranno a interessare qualcuno? Chi lo sa, d’altronde le loro partite sono lo scontro titanico fra i più grandi esponenti del tennis percentuale, quello del fa la cosa giusta al momento giusto, che è l’unica maniera per arrivare a dominare questo sport. Ci siamo riavvicinati tutti al tennis giocato con un occhio a Brisbane, dove giocava Nadal, ma con tutti e due a Doha, dove erano in campo numero 1 e 2 del mondo. Man mano che i due avanzavano verso la finale, chi faticando chi in scioltezza, speravamo in questo scontro, probabilmente il primo fra i tanti che vedremo nel 2017. Murray era il solito, allungava partite che dovevano finire prima, giocava comunque rilassato e sicuro, d’altronde è il numero uno. Djokovic sembrava il solito, quello della seconda parte del 2016 però: qualche match vinto contro qualche scarsone senza patire sofferenze, e poi ha aiutato Verdasco a farsi battere. Solo che a Fernando ha tremato il braccio su quasi tutti i cinque matchpoint che ha avuto, momenti in cui Djokovic ha dimostrato di avere le stimmate di chi sa vincere soffrendo. Vinta quella partita in maniera alquanto rocambolesca, Djokovic si è presentato in campo il giorno dopo con ben altre motivazioni. Questa volta è stato lui a sprecare matchpoint contro Murray, comunque conducendo la partita dall’inizio alla fine, tornando finalmente a giocare in maniera più aggressiva dello scozzese, e del resto gli head to head sono lì a parlar chiaro. Murray ha vinto, contro Djokovic, la partita più importante degli ultimi dieci anni di tennis. Djokovic ha vinto, contro Murray, la partita più importante per se stesso in questo 2017 che dovrà necessariamente trovare un padrone tennistico. Fra uno di questi due, ovviamente.

Nadal arriverà alla seconda settimana? (Claudio Giuliani)
Sembra ieri, Australian Open 2016, che si aspettava il gran rientro di Nadal dopo quel funesto 2015 che segnò l’inizio del suo declino. Vedrai che quest’anno torna alla grande, si diceva. E poi arrivò Verdasco a giocare una delle più belle partite della sua vita per battere Nadal al primo turno del primo Slam dell’anno. Di lì in poi, eccezion fatta per Montecarlo, il 2016 di Nadal fu uno schifo, anche peggio del 2015. Non si hanno notizie di infortuni vari del maiorchino da un po’, e questa è già una notizia. A Brisbane, dove ha esordito, ha perso contro Raonic. È una sconfitta che ci può stare, perché Raonic è in ascesa e Nadal è in declino. E non saranno di certo gli Australian Open a offrire al pubblico la versione migliore di Rafael Nadal. Il gioco visto a Brisbane è sembrato quello del 2016. Il dritto un po’ meglio, la palla che viaggia di più con il rovescio, il colpo che lo spagnolo ha usato pochissimo nel fulgore della sua carriera. In generale, lo spagnolo sembra un giocatore temprato dalla sosta, voglioso di vincere qualcosa di importante (il decimo Roland Garros) e per questo molto determinato. Solo che sconfitte del genere, che ci possono stare episodicamente, scalfiscono le sue convinzioni e la fiducia in se stesso, e senza la consapevolezza di ciò che può fare Nadal si avvia a fare la fine di David Ferrer. E quindi, cercando di rispondere alla domanda, lo spagnolo arriverà alla seconda settimana, a patto di trovare un buon tabellone.

Chi sarà il miglior australiano del torneo? (Claudio Giuliani)
Oppure: quanti soldi metterà da parte Tomic per il buen retiro? E insomma l’Australia si ritrova con i suoi migliori talenti, Tomic e Kyrgios, che giocano a tennis uno perché deve comprarsi la casa nell’isola di Fraser, e l’altro perché non sa fare altro e chissà perché non gioca a basket. Poi c’è Kokkinakis, uno che si è già troppo rotto per aver vent’anni o poco più e che poi è amico di Kyrgios, figurarsi se non finisce a fargli da palo in qualche scorribanda tennistica – vedi Wawrinka. La preparazione per il primo torneo dello Slam da parte di questi due fenomeni nel campo delle news tennistiche senza campo, la dice lunga sulle loro prospettive all’Australian Open: Kyrgios ha giocato l’Hopman Cup, un torneo esibizione tutto tweener e doppio misto, Tomic ha provato a giocare a Brisbane ma è riuscito a perdere in due set contro David Ferrer, altro spagnolo in declino inesorabile. E quindi prepariamoci al solito film già visto, Tomic che soffrirà il caldo e che uscirà dal torneo potendo perdere contro almeno 80 dei 128 tennisti in gara, rigorosamente nella prima settimana di gare e Kyrgios che invece chissà, tre, quattro turni al massimo. Fossero cavalli, noi scommetteremmo sul piazzato, e quindi Sam Groth.

Federer uscirà dai primi 30? (Salvatore Termini)
Hic Melbourne hic salta. Il tempo delle celebrazioni è finito, sospiri e lacrime ci saranno ancora e sarà così probabilmente fino alla fine, qualunque essa sia e ovunque essa sarà. Ma adesso si torna ai prosaici conti con classifica e avversari. Quando Federer decise di mollare era terzo, con 800 punti di vantaggio su Nadal e 1200 su Wawrinka. Ritorna da numero 17 addirittura dietro a Lucas Pouille, che magari sarà campione ma più probabilmente no. E spentisi i fuochi artificiali quello che rimane è una semifinale Slam da difendere, cioè 720 punti. La testa di serie numero 17 potrebbe avere un calendario da incubo. Al terzo turno Nadal, agli ottavi uno tra Djokovic e Murray, ai quarti magari Nishikori, semifinali con Wawrinka e finale con l’altro tra il serbo e lo scozzese. Uno scenario da incubo ma anche una sfida degna del più grande di tutti. Che però ha 35 anni suonati e che non si sa come realmente stia. Dovesse cadere già al terzo turno Federer perderebbe 675 dei suoi 1980 punti, cosa che lo farebbe precipitare intorno alla quarantesima posizione del ranking e poco cambierebbe se riuscisse a raggiungere gli ottavi. Fa naturalmente impressione ipotizzare uscite premature da parte di uno che su 68 partecipazioni per 48 volte è arrivato almeno ai quarti e 41 in semifinale, ma quello era il re, l’incarnazione del tennis. Chi sarà quello che calcherà i campi di Melbourne?

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