Non è stata la più forte, forse la più grande se per “grandezza sportiva” s’intende la capacità di entrare nel cuore della gente, di farsi riconoscere e ricordare, e di lasciare qualcosa di sé alla storia dello sport che si è praticato. E Lea Pericoli, spirito libero, al tennis ha lasciato molto, e in molti […]
26 Gen 2017 19:51 - Interviste
Federer ci crede: “Gioco pensando di non aver niente da perdere e sta funzionando”
La conferenza stampa di Roger Federer dopo la vittoria con Wawrinka in semifinale agli Australian Open: "So quanto sarebbe importante una finale con Nadal"
di Carlo Rosati
Cosa pensavi durante il quinto set? Facevi molta fatica?
Come ho detto in campo, alla fine non stavo meglio né peggio con la gamba. Durante tutto il match sentivo che mi rallentava. Speravo che l’intervento del fisioterapista potesse farmi sentire meglio, ma non è stato così. In ogni caso, non è qualcosa che mi ha preoccupato, meglio così. Nel quinto, sapevo che avrei solo dovuto recuperare la mia energia: giocare con intensità, più aggressivo, anticipare la palla, credere in me stesso, servire bene, non mettermi in situazioni pericolose all’inizio. E così ho fatto. È stato un match strano. Con Stan, non è mai facile. Specialmente per come sono andati il terzo e quarto set, ho dovuto reagire veramente, perché aveva preso il sopravvento da fondocampo. Ho pensato che sarebbe stata tosta nel quinto. Penso che mi abbia concesso un break facile: da allora, ho tirato dritto e sono contento del mio approccio nel quinto. Quindi, ovviamente, sono molto contento.
Vuoi dire che la gamba non influenzerà il tuo match di domenica?
No. Almeno per come la vedo ora, no.
Ora che sei di nuovo in finale, puoi dire che l’aver staccato dal gioco negli ultimi sei mesi abbia giocato a tuo favore?
Sì, direi di sì, ho fatto bene. Ho dovuto fare tanta terapia per stare bene. Ho capito che quando non stai bene e hai troppi problemi, non puoi battere i migliori 10. Arrivi a un limite, e non riesci ad andare oltre: puoi lottare, batterne forse uno, ma non infilare più vittorie consecutive. Perché non ti senti a posto, libero, nel corpo e nella testa. Ecco perché io e credo anche Rafa ci siamo detti:OK basta, dobbiamo tornare al 100%, apprezzando gli allenamenti e il nostro gioco. Non solo allenamenti, trattamenti, match e trattamenti: sarebbe stato solo un palliativo. Quindi sì, da quel punto di vista, i 6 mesi di stop sono serviti. Non ho mai sentito il bisogno di cambiare la mia vita o il mio gioco, solo tornare in forma. E sono felice di come sia andata questa settimana.
Riguardo ai tuoi limiti dopo uno stop di 6 mesi, è troppo aver giocato due match al quinto con giocatori top5?
A metà del quarto ho accusato un calo, Stan dominava da fondocampo e ci ho pensato. Le cose giravano al peggio senza un preciso motivo. Per fortuna che avevo il vantaggio dei primi due set e che comunque stavo giocando bene. Avevo preparato l’incontro bene, e alla fine ha pagato. Purtroppo oggi non ho servito al meglio. Stan si è trovato progressivamente a suo agio nel terzo e nel quarto, e mi ha messo molta pressione. Le cose poi possono cambiare. Mi è piaciuto come ho iniziato il match, con Stan è molto importante. So che è un brutto cliente al quinto. Forse il suo ginocchio non l’ha aiutato. Sai, molta gente ha problemi che non sappiamo, è così e basta. Sono felicissimo di aver vinto un’altra partita al quinto in uno Slam, non so quante volte mi sia successo di vincerne due, forse è la prima volta. Quindi per me è stato enorme.
In passato non prendevi mai MTO, quindi oggi è stata una svolta per te. Ti ha aiutato a sgombrare la mente prima del quinto?
Sì, credo che questi MTO per trattamenti servano più dal lato mentale che altro. Normalmente si fanno in campo, ma in casi particolari come all’inguine, si deve uscire. E’ l’unico momento in un match in cui si può parlare con qualcuno, anche se è solo un fisioterapeuta. Lo conosciamo bene. Lo sappiamo bene sia io che Stan, il semplice fatto di scambiare due parole sul problema fisico può avere un effetto positivo quando si torna in campo. Ho preso un timeout solo perché anche Stan ne aveva preso uno e per fare qualcosa di diverso, perché credo che non si debba prenderne molti e la gente sa che non ne approfitto. Spero di continuare così in futuro.
Sai che i media, il pubblico e l’intero mondo del tennis vuole vedere l’ennesima finale tra Federer e Nadal. Se io fossi Federer, forse preferirei incontrare Dimitrov. Considerando il tuo percorso, come la pensi? Meglio Dimitrov, oppure Nadal per la storia del tennis?
Forse tu pensi che io abbia più probabilità contro Dimitrov. Ma alla fine importa solo se vinci. So solo che sono in finale, e che ho l’opportunità di vincere il titolo domenica. E ciò mi fa stare bene. Indipendentemente da chi sarà il mio avversario, sarà speciale. Per uno sarà la prima finale Slam, oppure sarà la battaglia epica contro Rafa. La sola cosa che mi importa è che domenica posso vincere, non importa contro chi. Ma sono sicuramente conscio dell’importanza della sfida contro Nadal.
Prima in campo hai parlato della tua rivalità con Rafa, aver giocato troppe volte su terra forse ha influito sul tuo modo di giocare contro di lui. Puoi dirci di più?
Sì, non credo. Un vantaggio? Ho detto abbastanza. Forse ho perso in finale a Wimbledon nel 2008 a causa delle troppe partite su terra e della brutta sconfitta contro di lui in finale a Roland Garros. Ne ho già parlato, forse ebbe un peso sui miei primi due set a Wimbledon e sulla sconfitta finale. So che Rafa giocò benissimo, e anch’io. Fu un po’ come oggi, avevo due set di vantaggio ma non lo affrontavo nel modo giusto. Mi portavo dietro gli effetti della sconfitta al Roland Garros. Ma oggi è diverso, è passato un sacco di tempo. So che questo campo mi permette di giocare in un modo completamente diverso contro Rafa rispetto alla terra di Parigi.
Parli spesso della tua età. Sei il giocatore più vecchio, dopo Rosewall allo US Open del 1974, ad arrivare ad una finale Slam del singolare maschile. Lui aveva 39 anni, tu 35. Quanto ti fa sentire orgoglioso?, sappiamo che sei un grande estimatore degli Aussies di quella generazione.
Soprattutto Ken Rosewall. Non si parla abbastanza di lui. È una persona speciale, questa settimana mi ha scritto una lettera di auguri, lo fa ogni anno agli Australian Open. So che è qui, ma purtroppo non l’ho ancora incrociato. Adoro la generazione di Tony Roche, Rod Laver, Ken Rosewall, Roy Emerson. Rosewall è il più anziano, ma ha avuto una carriera pazzesca. Essere sulla stessa lunghezza d’onda di questi personaggi e averne emulato i traguardi dopo tanto tempo significa moltissimo per me.
In campo hai detto di essere il fan n. 1 di Rafa. Lo hai sempre apprezzato o l’assenza dai campi ha fatto crescere tale stima?
Credo sia un giocatore eccezionale, con colpi che nessuno possiede e che lo rendono unico e speciale. In più ha grinta e ha dimostrato una capacità fisica e mentale di mantenere livelli di gioco incredibili per anni ed anni. Ha recuperato dopo diversi infortuni, facendola sembrare una cosa semplice quando non lo è. Credo che abbia avuto un ascendente incredibile sul nostro mondo, e lo stimo per molti aspetti.
Se Dimitrov fosse il tuo avversario… molta gente ha detto che imita il tuo gioco. Sei d’accordo? Pensi che in virtù di ciò possa essere un avversario più facile?
Solo il campo potrà dirlo. Se è perché non mi ha mai battuto, ci potrebbe stare, ma non mi farebbe vincere il torneo. Credo che abbia cambiato completamente il suo gioco rispetto a un anno fa quando lo battei due volte di seguito a Brisbane e qui. Ora ha fiducia in se stesso, e ciò ti fa sentire capace di compiere qualsiasi impresa. Sa di aver lavorato duro e meglio di chiunque altro. Credo abbia le sue chances contro Rafa. Se riuscirà a vincere, allora crederà di poterlo fare anche con me. Ha migliorato il suo gioco, gli ho dato qualche consiglio quando un annetto fa aveva un sacco di problemi e venne da me per qualche dritta. Discutemmo in modo semplice, e sono molto contento che abbia messo in pratica diverse cose. Se dovessi incontrarlo, dovrò giocare bene perché ha molte qualità che pochi hanno. Forse mi assomiglia, ma anch’io assomigliavo a Sampras, nonostante dicessi alla gente “Non sono Pete Sampras”. Lui è lui, con la sua identità, ha un carattere diverso, e non c’entra niente che anche lui abbia Nike e Wilson come me.
Non aver giocato da molto tempo contro Nadal in una finale Slam, può aiutarti a ridurre il gap psicologico tra di voi?
Beh sì, se la mettiamo in questo modo, meglio che giocare in finale a Wimbledon dopo essere stato strabattuto al Roland Garros. L’ultima volta, a Basilea, ho vinto io. Ma non funziona così, il passato è passato. C’è un sacco di lavoro da fare prima di vincere questo torneo, un solo match ma da preparare al meglio. Come ho detto prima in campo, lascerò la mia energia qui in Australia e mi rilasserò una volta finito il torneo. È andata molto meglio del previsto, me lo dicevo anche oggi durante il quinto set, di rilassarmi che avevo già fatto un gran rientro, di lasciar andare i colpi. Credo sia l’approccio che dovrò avere anche in finale, come se non avessi nulla da perdere. Ho fatto così negli ultimi sei mesi, mi ha fruttato molto e devo continuare così.