Roland Garros – Knapp travolta da Putintseva: finisce il torneo dell’Italia

TENNIS – Dal nostro inviato a Parigi Daniele Azzolini

Le guardi e c’è qualcosa che non torna. Voglio dire… Corre l’obbligo di chiedersi perché mai una falsa kazaka, piccoletta al punto che la sua avversaria sembra quasi contenerla tutta, nemmeno fosse la sua custodia, sia avanti sei a uno al termine del primo set sull’alpina di Anzio, che ha nei colpi una grandeur che l’altra nemmeno sa cosa sia.

Un po’ ciondolona, e forse meno attenta che nei primi due match, Karin Knapp mostra un arsenale di ben altra possanza rispetto a quello di Yulia Putintseva, colpi che penetrano scricchiolando nell’aria finalmente tersa di Parigi, e brevi raid a rete quasi sempre (quasi…) organizzati a ragion veduta. Ma i punti li fa l’altra, la piccola Erinni, la bimbetta conosciuta nel circuito non per il suo gioco, ma per essere una delle più incredibili rompiballe che si siano viste all’opera da che tennis è tennis. Non è eccessivo il termine Erinni per una tipa del genere, credetemi, dunque vado a spiegarlo: si tratta delle ancestrali divinità della vendetta, cattivissime eppure benevoli, come le ribattezzò Athena, dato che lo spirito vendicatore, per chissà come usarlo, crea spesso uno stato di adrenalico benessere. Dunque Yulia, l’Erinni, è un personaggio smanioso di vendetta, forse perché Madre Natura le ha negato quei centimetri che l’avrebbero issata probabilmente fra le più forti, ed eccede fra urla e comportamenti sguaiati, ingaggiando fieri corpo a corpo con avversarie e arbitri secondo la logica del “quarcheduno l’ha da pagà”, non si sa per che cosa, ma per lei non è poi così importante. In più è una terribile sgambettatrice, nella duplice accezione di una che sgambetta veloce per il campo e e poi tende a perpetrare degli sgambetti. Traduzione tennistica, corse e smorzate, ancora corse e improvvisi drop shot.

E si entra dunque nella spiegazione dei problemi che Karin si è trovata a superare in questo match di terzo turno, dopo aver battuto Azarenka e Sevastova che di certo tecnicamente valgono più della Putintseva. Ma le prime due le offrivano maggiore regolarità negli scambi, la falsa kazaka invece obbliga a continui, tumultuosi cambi di direzione, cosa che la nostra Karin ancora non può permettersi con la necessaria continuità, reduce com’è dalla quinta operazione della sua carriera agonistica (due al cuore ballerino, le prime; poi tre al ginocchio). Ha ritrovato i colpi, ma deve ancora recuperare una forma fisica tale da non andare in affanno con le tenniste che la obbligano a troppi scambi. E la Putintseva è proprio una di queste.

Così, si assiste ai generosi tentativi di Karin e al batti e ribatti della Erinni. Le gran pallate della nostra sono spesso fuori di un nonnulla, millimetri. E il fatto, a dir poco, sembra esaltare la kazaka, felicissima di poter occhieggiare la nostra e farle il segno che la palla, che peccato!, è di poco out.

La situazione non migliora nel secondo set, nel quale, addirittura, Karin si affievolisce. Tre a zero in partenza, poi un game, e subito dopo l’ennesima possibilità di ottenere un break in grado di rilanciarla. Niente da fare, Yulia le sfila anche quello e sale 4-1. Alla fine saranno non meno di sette le palle break fallite dalla Knapp. Pazienza: il 61 61 però, un po’ di rabbia lo fa.

Finisce qui dunque, il Roland Garros della risalita di Karin Knapp. Buon torneo, lei non ha davvero niente di cui rimproverarsi. Lei soltanto, però… Finisce qui, infatti, anche il Roland Garros degli italiani. Zero vittorie fra gli uomini, tre fra le donne. Siamo al punto più basso, e se la ricerca dei colpevoli è l’attività che più vi piace, già dovreste sapere dove rivolgervi. Anche se, come potete immaginare, quando le cose vanno male, tutti sono pronti a giurare che non c’entrano niente, e che passavano di lì solo per caso.

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