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TENNIS – Di Lorenzo Di Caprio
WIMBLEDON. L’impressione e l’ingenua speranza di trovarsi dinanzi ad un fenomeno senza tempo, la consapevolezza che anche Lui – tra non molto – potrà salutare il suo pubblico per uscire di scena.
Lo spettacolo offerto quest’oggi da Roger Federer, nel tempio del tennis e contro un ottimo Andy Murray, supera la mera dimensione sportiva e regala ore di atmosfera onirica, irreale, a tratti destabilizzante. Mai come oggi, quella “perfezione” con cui si è soliti definire troppe cose, ha trovato la sua più vicina rappresentazione pratica.
Tatticamente impeccabile, tecnicamente imbarazzante: l’elvetico ha retto un gioco spumeggiante attraverso una forma strepitosa, arrivando col giusto timing su ogni palla. Servizi devastanti, risposte vincenti, passanti a fil di rete ed inspiegabili giochi di polso: nulla ha potuto Murray, che pure ha contribuito in maniera attiva allo spettacolo, nulla avrebbe potuto – probabilmente – chiunque.
Il tutto, sciorinato con una determinazione tale da far paura: sguardo impassibile ad ogni quindici, scalfito leggermente da un sorriso solo dopo il diritto sbagliato da Murray sul match point. D’altronde, il rapporto tra Federer e Wimbledon è speciale, quello dei Championships è stato il palcoscenico che più di tutti ha consacrato il fenomeno tennistico della nostra epoca, storia prima ancora di terminare la propria.
Dall’altra parte della rete, in finale, ci sarà Novak Djokovic, nel remake della finale 2014. Il campo centrale di Wimbledon ospiterà ancora una volta il meglio che possa offrire il tennis, in uno scontro tra stili destinato a restare nella storia. Lo scorso anno, Federer arrivò al set decisivo salvo poi cedere al numero uno del mondo: riuscirà, stavolta, a regalarsi l’ennesima – per non dire ultima – impresa mozzafiato della sua carriera?
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