Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – DA WIMBLEDON, RICCARDO NUZIALE – Serena Williams recupera una situazione disperata (0-3 con doppio break nel terzo set) contro Heather Watson, che ha servito per il match, arrivando a due punti dalla vittoria.Ma nonostante il tifo spudorato del Centre Court, finisce 62 46 75 per la n.1 del mondo, che ritroverà dopo sei anni Venus in uno Slam.
“Noi facciamo SCHIFO a tennis”. Dan Jones dell’Evening Standard non ci era andato leggero ieri, nel suo editoriale, gettando con un titolo inequivocabile una bomba denigratoria sul tennis britannico proprio quando questo, al momento della pubblicazione dell’articolo, aveva ancora cinque atleti in gara in singolare (il che non capita tutti i giorni).
Difficile quindi capire quanto gli avrà fatto piacere vedere l’inglesina di madre della Nuova Guinea Heather Watson arrivare a due punti dal battere Serena Williams e quanto lo avrà infastidito il fatto che quei due punti non siano arrivati.
D’altra parte, considerazione vecchia quanto il tennis, ci sono punti che pesano il quadruplo degli altri, situazioni psicologicamente tanto opprimenti da togliere il fiato, e non è mai chiaro quanto lo stadio che si fa bolgia, che si fa corrida a favore del beniamino di casa, favorisca quest’ultimo e quanto l’avversario da “matare”.
Oggi il Centre Court, dopo un primo set che non faceva presagire il melodramma, è diventato coro di sangue come raramente si è visto, le fasi palpitanti del terzo set hanno ricordato il muro di suono nazionalista che spinse due anni fa Andy Murray nel magnifico game finale che gli portò la coppa; ma esattamente come quella volta, non è stato ben chiaro quanto l’intenzione del pubblico, nonostante le dichiarazioni post-partita della Watson, abbia centrato il segno, ovvero quanto abbia spinto la britannica al risultato della vita (che non è arrivato, come ha ammesso lei stessa: “Non chiamerei il più grande giorno della mia carriera un giorno in cui perdo”) e quanto invece le abbia messo una pressione insostenibile dettata dalla violazione del sacro silenzio di quel campo. Perché è vero che la Watson, perso il 3-0 pesante d’inizio terzo set, non ha mai perso la concentrazione e l’agonismo “da grande impresa”, ma è indubbio che il frastuono ha a un certo punto destabilizzato le due giocatrici, con Serena che ha poi ammesso di non aver mai udito un’atmosfera così dura, con i buuu e il disturbo da Coppa Davis.
Ma Serena ha ribadito ancora una volta, in una giornata a dir poco nera negli spostamenti laterali e balbettante al massimo sia al servizio che nei fondamentali da fondo che nelle scelte tattiche, di essere la più grande perché granitica come nessuna: nell’esagerazione teatrale trova sempre energie che la riscattano la maggior parte delle volte da situazioni disperate o quantomeno in bilico.
E ora… Venus. Torna quindi finalmente lo scontro per eccellenza del tennis femminile dell’ultimo ventennio in un palcoscenico di prestigio degno della rivalità. Sono sei anni che Serena e Venus non si affrontano in un torneo dello Slam, dalla finale dei Championships 2009, vinta da Serena, e sono 10 anni che non si affrontano così presto (US Open 2005). Sarà il loro 13 scontro major (raggiungeranno Graf-Sanchez ed Evert-Mandlikova, staccando Graf-Sabatini). 7-5 Serena i precedenti Slam (14-11 quelli totali), ma la partita ha troppe componenti, sia tecniche che psicologiche, per considerarsi chiusa. Il Centre Court ritrova le padrone di casa (5 titoli qui a testa).
Ancora per una volta, le regine avranno il loro giardino.