Grazie lo stesso, Dustin

TENNIS – WIMBLEDON – DI DAVIDE BENCINI. Omaggio a un ragazzo che esprime un tennis che oggi giorno semplicemente non esiste più, o che forse non è mai esistito, espresso nella più pura semplicità dei gesti, fatta di movimenti a volte sgraziati e di un modo di vedere il gioco alla… “Boh, vediamo cosa mi passa per la testa”.

Dustin Brown che si vede solo sull’erba, proprio perché lì ancora qualcosa può essere lasciato alla fantasia e all’estro grazie a una superficie che a volte è capace di regalare un minimo di irregolarità al gioco. Dustin che si butta a rete come un tonno, qualsiasi cosa succeda; Dustin che s’inventa risposte in rovescio tagliate in drop shot vincenti che tornano nel suo campo e  che dopo tira una volee da minitennis sui teloni.

Dustin che non ha uno schema di gioco tranne la più genuina improvvisazione, che nessun altro giocatore possiede e che molti non riuscirebbero nemmeno a avvicinare a un giocatore da tennis; Dustin che come Ivanisevic perde i match con un doppio fallo, perché lo show lo comanda lui; Dustin che piace a tutti perché, lui magrolino e “firentinamente stenterello” non è uno dei tanti automi moderni e palestrati e perché forse ancora ricorda un tennis inventato più vicino a quello dei comuni mortali che il sabato pomeriggio si ritrovano al circolino, lui con il suo fare ciondolante e il suo collo ingobbito sotto quella improbabile chioma rasta che gli peserà almeno 3 chili.

Viene quasi da chiedersi cosa farebbe senza quel peso addosso… Ma non sarebbe più lui in fondo, giocatore che anche essendo 102 al mondo tutti conoscono, e non solo per avere fatto fuori Rafa Nadal al secondo turno di Wimbledon. Sarà il suo essere mezzo giamaicano che gli fa vivere il tennis come una canzone reggae, fatta dei suoni corti e morbidi delle stop volley, misto a quella tecnica tutta teutonica che gli permette a volte di rasentare la perfezione stilistica.

Sarà il suo stile sciagurato votato a “o la va o la spacca”, il suo Marley gigante tatuato sul fianco, il suo modo di vedere il tennis ancora come uno spettacolo e non solo come una ricerca della vittoria, divertendosi e non mancando mai di un sorriso di fronte alla sua stessa scelleratezza tennistica, scambiando perché no qualche battuta al cambio di campo con l’avversario. O sarà semplicemente il fatto che anche perdendo regala uno show e colpi che alla maggior parte degli altri non riuscirebbero neanche a immaginare.

Oggi il “tiro tutto e tento le magie” non ha funzionato, ma ci siamo divertiti lo stesso. D’altra parte nessuno sopravvive alla “maledizione Nadal”, e neanche lui poteva passarci indenne. Ma almeno potrà portare via da Church Road il ricordo di uno dei match più belli giocati da un tennista negli ultimi 15 anni nel tempio del tennis. Sul centrale di Wimbledon Nadal lo avevamo già visto battuto altre volte. Ma con questo tipo di gioco mai.

Il suo Wimbledon lo ha vinto così. Da domani tornerà con tutta probabilità nell’inferno dei challenge e nel suo dimenticatoio, almeno fino al prossimo Wimbledon, quando tutti spereranno di ritrovarlo in tabellone, per assistere a qualche colpo magico arrivato dal suo genio. Perché anche se non vincerà mai un torneo, uno come Dustin Brown vincerà sempre.

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