Wimbledon donne, il pagellone: favola Vondrousova, conferma Andreeva

Dal trionfo di Marketa Vondrousova alla nuova occasione non sfruttata per Ons Jabeur (e Aryna Sabalenka). Dalla “rinascita” sportiva di Elina Svitolina al cammino a ostacoli di Iga Swiatek (e Jessica Pegula). Dalla nuova conferma di Mirra Andreeva alla vecchia, solita, tendenza italiana di non riuscire a fare abbastanza strada nei tabelloni.

Abbiamo cercato di fare un minestrone generale e, al solito, per ogni critica qui riferire a @Diego_Barbiani su Twitter pensando bene si tratta di voti basati sulle possibilità, potenzialità e aspettative.

Marketa Vondrousova: 9,5. La storia più incredibile del torneo. Appena due vittorie su erba fino a questa stagione su 12 partite giocate, spesso con sintonia quasi nulla per i tanti problemi che l’hanno accompagnata, con uno Slam a cui chiedere magari buone sensazioni e fiducia per il resto della stagione. Cominciato da numero 42 del mondo, lo ha chiuso in top-10. Secondo titolo in carriera, il primo titolo dopo sei anni di digiuno. Giocatrice dal ranking più basso di sempre a vincere Wimbledon. La sua è la più classica favola sportiva, maturata anche con l’aiuto di partite decisive dove spesso è emersa per quel pizzico in più di miglior gestione dei vari momenti, sia contro Elina Svitolina sia (soprattutto) contro Ons Jabeur, e la fortuna di vedere la partita contro Jessica Pegula nei quarti sospesa con la statunitense che aveva vinto 9 dei 12 game giocati dall’inizio del secondo set e aveva appena fatto il break del 3-1 nel parziale decisivo. Alla fine, però, lei lascia Londra col trofeo da campionessa ed è difficile parlare di “fortuna” quando si mettono insieme sette partite con quattro vittorie contro top-20 più quella contro Svitolina.

Elina Svitolina: 7/8. Non aveva classifica per comparire nell’entry list del torneo a metà maggio, poi il titolo a Strasburgo e i quarti di finale al Roland Garros ed eccola tornare in top-70. A quel punto, da Church Road l’annuncio della wild-card. Ci sono tante motivazioni sportive a supportare questo gesto, ma è indubbio che ci sia spazio per qualche malelingua del caso visto come sia stata invece snobbata un’ottima tennista come Anastasia Pavlyuchenkova, che ha annunciato di saltare l’intera stagione su erba perché gli era stato risposto “picche” alla richiesta di wild-card. Di sti tempi, i pensieri sono anche leciti nel suo caso. Elina, semifinalista qui nel 2019, si è ripetuta e dopo appena quattro mesi dal rientro dopo la maternità bussa già alle porte della top-20. Soprattutto, ancor più che a Parigi, ogni sua partita veniva accompagnata da sempre più concitazione. Hanno emozionato le vicende collegate a lei come la storia della bambina ucraina di 10 anni, Anna, che è stata fatta entrare al torneo proprio da Elina con un biglietto per il Court 1 il giorno della partita contro Azarenka mentre il padre è impegnato al fronte o del gruppetto di bambini di una scuola tennis in Ucraina che hanno trovato un punto con un wifi e si sono collegati con uno streaming in tempo per vederla vincere contro la bielorussa. Era una Svitolina diversa dal solito, anche nel gioco: molto più aggressiva e che ha meritato vittorie di peso contro Victoria Azarenka (la prima in carriera) e contro Iga Swiatek, ma la brutta battuta d’arresto in semifinale ha fatto calare sensibilmente il voto. Rimane un cammino di grande valore, non solo per lei.

Mirra Andreeva: 7,5. Con enormi probabilità, questa è già l’ultima volta che Mirra dovrà passare dalle qualificazioni di un torneo Slam. Fanno quasi paura i suoi passi in avanti. A fine gennaio perdeva in oltre tre ore la finale dell’Australian Open junior e a inizio luglio era a cinque punti da un posto nei quarti di finale di Wimbledon… delle grandi. Prima volta in vita sua che metteva piede sull’erba e ha infilato cinque vittorie piene più una dove ha tratto vantaggio dall’infortunio di Barbora Krejcikova al secondo turno. Come visto sulla terra rossa, ha grandi qualità e adora muovere il gioco senza forzare, nascondendo quasi il fatto di avere appena sedici anni. Se n’è ricordata purtroppo sul più bello: sul 6-3 4-1 e 30-40 contro Madison Keys. Ma forse questo è un bene per tutti, a ora.

Ons Jabeur: 7+. Diciamo subito: il + è un segno di incoraggiamento. Perché giocare così una finale Slam dopo aver ottenuto quattro vittorie strepitose è un peccato enorme. Capiamo bene, perché Ons ne ha parlato più volte, di quanto sia gigantesca la pressione sulle sue spalle in momenti così, tra quella che si mette lei e quella derivata da un mondo (arabo) letteralmente impazzito per lei. Milioni e milioni di persone che hanno scoperto cosa fosse questo sport grazie a lei, ai primi exploit, alla scalata in classifica. La Tunisia è diventata qualcosa di importante nello sport grazie a lei, grazie a lei la federazione ha investito pesante per ottenere un WTA 250 a Monastir. Umanamente, è impossibile non volerle bene e vederla battere (in quel modo) in successione Bianca Andreescu, Petra Kvitova, Elena Rybakina e Aryna Sabalenka faceva pensare fosse la volta buona, che i patemi della finale 2022 fossero superati, che potesse gestire meglio tutto il momento. Invece, ancora una volta, siamo a parlare di rimpianti e lacrime. Non possiamo darle meno di 7 perché il torneo si valuta nel complesso e, in una stagione fatta di tanti guai ha trovato due settimane di grande valore. Purtroppo però è in una situazione di grande rimpianto.

Lesia Tsurenko ed Elisabetta Cocciaretto: 7. I motivi sono diversi: la marchigiana è ancora una volta la migliore della pattuglia azzurra, mentre l’ucraina merita quel voto per un nuovo ottavo di finale dopo Parigi, ottenuto vincendo il tie-break più lungo nella storia di uno Slam femminile. Brava, Elisabetta, a farsi spazio in una nuova porzione di tabellone fattibile per poi andare in affanno (senza infamia) contro la numero 4 del mondo Jessica Pegula. Brava Lesia, che ha vinto un tie-break incredibile contro Ana Bogdan chiuso 20-18, annullando cinque match point, malgrado avesse crampi da metà del terzo set. Non è stato un tie-break spettacolare, visto come entrambe cercassero il piazzamento e la giocata in sicurezza (sfinite, non avevano forze), e ha messo un altro piccolo tassello su un’annata sportivamente molto positiva per lei rientrando anche in top-50.

Ora abbiamo una serie di giocatrici tra il 6,5 e il 5,5

6,5: Sofia Kenin, Marta Kostyuk. Kenin al di là della vittoria contro Aryna Sabalenka a Roma aveva fatto vedere davvero poco e qui a Wimbledon, al primo turno, ha battuto in un match molto teso (anche troppo a volte) Coco Gauff, che non era stata molto diplomatica nel descrivere il suo gioco nella conferenza stampa pre torneo. Al contrario di Roma, l’exploit della campionessa dell’Australian Open 2020 è stato seguito da un altro successo prima di fermarsi di fronte a Svitolina, in un match piuttosto combattuto. Poteva essere un voto un po’ più alto, ma vorremmo vedere che ci sia una continuità nel suo cammino: dopo il terzo turno a Roma aveva perso addirittura al primo turno di qualificazioni sia a Parigi sia a Nottingham, in entrambi i casi contro giocatrici fuori dalle prime 275 del mondo. Non deve essere insomma solo un discorso di motivazioni. Per Kostyuk invece il voto è piuttosto alto malgrado le due partite giocate (non contiamo quella contro Paula Badosa al secondo turno, la spagnola ha affrettato troppo i tempi del recupero dall’infortunio) perché si è presa il gusto al primo turno di battere per la prima volta una top-10. Maria Sakkari è in crisi da tempo, ma lei era 0-15 in carriera e aveva perso il primo set 0-6. Bel momento finale, poi, con lei in ginocchio a terra a sfogare tutte le proprie emozioni in un periodo non facile, in una giornata dove la partita fu sospesa quattro volte per pioggia.

6+: Aryna Sabalenka, Elena Rybakina. Un po’ più del “6 politico”, diciamo. Sabalenka tra l’altro vedrebbe questo 6+ come negativo, perché è stata a cinque punti dall’essere numero 1 del mondo e deve ancora attendere. Arriverà, probabilmente, verso lo US Open, ma è un nuovo passo indietro in un’annata dove i giudizi sarebbero tutti piuttosto positivi. Proprio però avendo questo nuovo status di giocatrice di altissimo valore e continuità, con quattro semifinali Slam negli ultimi 12 mesi, con quasi 9000 punti nel ranking. A Parigi si è fermata al match point contro Karolina Muchova, qui un po’ prima. Per batterla ci vuole una prestazione enorme, cosa che riesce di base a poche/pochissime, però quando è vulnerabile (e lo dicevamo spesso) escono ancora i suoi limiti. La difficoltà per le altre è quella, chiaro, per cui non c’è nemmeno tanto da stupirsi se torna ancora tra le migliori quattro di un torneo Slam, però questa contro Jabeur è un’altra botta che rovina un po’ l’annata. Il + per Rybakina è perchè da campionessa in carica è giunta fino ai quarti: ha saltato una partita, un problema fisico per Alizé Cornet ha rovinato le fasi conclusive del match di secondo turno, ma è parsa essere abbastanza a suo agio nella difesa di un titolo che le ha cambiato la vita 12 mesi fa. La sconfitta contro quella Jabeur non è particolarmente negativa, anche perché alla fine al di là di qualche impaccio è emersa anche le tante problematiche fisiche di un avvicinamento al torneo ben lontano dall’essere perfetto a causa di problematiche fisiche.

6: Petra Kvitova e Madison Keys. Poco da dire anche qui: entrambe hanno fatto il loro cammino, raggiunto il punto di tabellone che dovevano raggiungere e perso contro avversarie più forti. Perché sono segnate nella lista? Per la ceca ci sono pensieri possa anche essersi trattato di un ultimo Wimbledon. Lei ha allontanano l’ipotesi in conferenza stampa coi giornalisti cechi, dicendo però solo che “non ci sto pensando”. Nel suo messaggio di saluti sui social, però, non ha scritto “See you next year”. La sconfitta contro Jabeur è stata pesante, e dura da mandare giù anche perché quei tre game ottenuti potevano essere anche meno essendosi trovata sotto di un doppio break nel secondo set. Il prossimo anno, se ci sarà, saranno 34 primavere sulle spalle e un gruppo sempre più folto di avversarie nuove, fresche, che possono neutralizzare la sua potenza. Non è facile capire cosa deciderà tra qualche mese. Per Keys, invece, si tratta di un voto un po’ “piatto”. La partita giocata contro Sabalenka veniva presentata come sfida di alto profilo e un test per la bielorussa, quando in realtà parliamo di una giocatrice che non ha più trovato brillantezza: potente sì, ma sempre più difficoltà soprattutto fuori dal cemento a spostarsi lungo il campo e, di fatti, già contro Mirra Andreeva stava rischiando la sconfitta pesante per le difficoltà a muoversi ben evidenziate dalla russa. Contro la bielorussa, non poteva essere che una sfida segnata e non ha saputo girare l’inerzia nemmeno col break di vantaggio nel secondo set.

5,5: Iga Swiatek e Jessica Pegula. Partiamo dalla numero 1, che ha mantenuto la propria posizione stavolta per demeriti altrui quando sembrava destinata ormai a scendere dal trono. I quarti di finale a Wimbledon, consapevoli dei suoi problemi su erba, sono un primo passo per una crescita graduale nell’adattamento alla superifice. Il problema però è che nel complesso lei non ha tempo proprio perché è la numero 1 del mondo e tutte puntano a lei. Non è neanche bello leggere 57 alla voce di errori col dritto nella sconfitta contro Svitolina dove alla fine può pure mangiarsi le mani, vedendo come siano state le ultime partite del torneo e dove anche lei, avesse retto soprattutto a livello mentale, avrebbe forse avuto una mezza opportunità pur essendo inferiore (su erba) alle giocatrici affrontate. Sarà lunga, e se non altro ha visto quanto e dove sia la differenza con giocatrici di alta classifica sul suo terreno peggiore. Per Pegula invece siamo un po’ alle solite, vista la tendenza abbastanza consolidatasi di un cammino un po’ nell’ombra fino alla sconfitta. Sesto quarto di finale perso in carriera in uno Slam, stavolta contro l’inattesa futura campionessa del torneo, con anche la sfortuna della sospensione per pioggia quando aveva in mano la partita.

Le insufficienze:

4: Coco Gauff e Maria Sakkari. Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Sono le due top-10 che stanno maggiormente faticando da tantissimo tempo a questa parte. Per Gauff i problemi sono sembrati accentuarsi da quando si è separata dal coach Diego Moyano dopo il torneo di Miami, per Sakkari la questione ha ormai radici abbastanza profonde malgrado sia sempre un punto fisso tra le prime 10 del mondo. Non è cambiato nulla qui: entrambe fuori al primo turno, con due sconfitte pesanti. Inevitabile la bocciatura totale.

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