Gli ace di Karlovic sciolgono il gigante Ymer

TENNIS – DA WIMBLEDON, RICCARDO NUZIALE – Ivo Karlovic conferma il momento di forma superando 67 62 64 76 la nuova stella della Svezia, Elias Ymer. Che nonostante la sconfitta, ha dimostrato carattere non comune.

 

 

Al principio era il tempo:
Ymir vi dimorava;
non c’era sabbia né mare
né gelide onde;
terra non si distingueva
né cielo in alto:
il baratro era spalancato
e in nessun luogo erba.
 

Elias Ymer ha saputo far onore al suo cognome forgiato nella mitologia norrena (Ymer, o Ymir nella nostra trascrizione, è il gigante grazie al quale è stato concepito il mondo), oltre che a quel tennis svedese così depresso dalla falce degli infortuni annichilenti, tanto da lasciare a una delle nazioni più vincenti della storia del nostro sport i soli ricordi della gloria che fu. L’assistito di Galo Blanco – ha lasciato l’accademia di Magnus Norman a marzo, non senza qualche malcontento in patria – lo ha fatto con una maturità che tradisce i 19 anni di età, lo ha fatto con una cattiveria, un volontà di ottener risultato la cui finestra dimora in un dato: nei tre Slam finora giocati nell’anno e in carriera, il profeta svedese Elia non ha mai fatto accesso al main draw tramite gentili concessioni. Si è sudato e meritato ogni primo turno superando i tre turni di qualificazione e quindi pazienza se l’agognata prima partita vinta in un main draw Slam deve ancora arrivare, in fondo ha già vinto nove match.

E se Soeda e Rosol in Australia e a Parigi potevano dar accesso a un barlume di speranza, incontrare l’Ivo Karlovic di quest’ultimo periodo, oltretutto su un manto erboso ancora relativamente fresco, era tra i battesimi più proibitivi che Ymer – figlio di un ex maratoneta etiope – poteva trovare.

Il croato, che dopo i quarti del 2009 (sconfitto da Federer, rimane il suo miglior risultato Slam) aveva sofferto risultati terrificanti a Wimbledon per il suo potenziale su questa superficie, ha parlato la lingua che non l’ha mai tradito, lui che in giovanissima età soffriva di balbuzie: quella dell’ace. 42, che sommati ai 618 scagliati finora nel 2015, fanno 660 in 30 partite. Una media folle, che mette in crisi la colonna sonora del rallentamento delle superfici. Anche oggi i suoi turni di servizio sono rimasti immacolati, con una sola palla break concessa (nel secondo set, quando la partita poteva prendere direzione a lui seriamente sfavorevole). Al prossimo turno Dolgopolov: ci sarà da divertirsi.

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