Il Foro bucato. Lasciate che le nonne vengano al tennis

TENNIS – DI DANIELE AZZOLINI – Pensieri sparsi sul Foro, in una nuova rubrica che vedrà “girare” le firme di Daniele Azzolini e Luigi Ansaloni. Dal bel pensiero che Matteo Donati ha rivolto alla nonna, alle considerazioni sull’impianto, dalle inefficenze del “refettorio” stampa alla musica che imperversa in ogni angolo.

Le nonne trovano posto nel tennis. Era ora. Donati riprende la tradizione del saluto alla Gran Madre (che non c’è più, ma evidentemente si fa sentire), e ricorda Guga, che chiedeva alla nonna consiglio (sui colpi) e sul suo futuro, e quella gli snocciolava i risultati degli incontri a venire. Al momento, il riferimento più vicino corre a Florenzi, nonnaiolo convinto, gol e rincorsa ad abbracciare l’ava esultante in tribuna. Immagine educata ed educativa, una volta tanto. Donati avrebbe fatto lo stesso, ma ha rivolto a nonna Dina un bel pensiero. Chissà, magari le nonne potrebbero avere sul tennis (sullo sport) un effetto rasserenante, per non dire inibitorio. Ci sono troppi babbi e mamme in giro, a far da coach, allenatori, fisioterapisti, consiglieri, guardie del corpo, cuochi, ragionieri, fiscalisti, stilisti, parrucchieri, e non mi pare che tutti abbiano una ragione d’esserci. Nonna Dina, invece, è un pensiero, e come tale ha un valore assoluto. Anch’io avevo una nonna (bisnonna, in effetti) che si chiamava Dina, donna severa, poche ma sagge parole. Ebbe quattro figli, la terza la chiamarono Emite. Il bisnonno, garibaldino in Grecia con Menotti, il figlio di Garibaldi, era anarchico convinto e con Dina ed Emite si era fatto la dinamite in casa. Ma non la fece mai brillare, era troppo innamorato delle due. In bocca al lupo a Donati…

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Una cosa buona la federazione l’ha fatta, lo dico per chi, fra i milioni di increduli, leggerà queste poche righe. Quella di non opporsi quando i signori della Coni Servizi le hanno detto di farsi da parte, ché al Foro ci avrebbero pensato loro. È stata una bella fortuna… L’impianto, nelle mani della Coni Servizi, diventa di anno in anno più bello, e il recupero di edifici che sono fra gli esempi più ammirevoli del razionalismo funzionalista (l’architetto era Enrico Del Debbio) rappresenta un regalo alla città, e anche al tennis. Merito di questa saggia decisione della federtennis (e dello shopping) se il torneo tiene botta, nonostante gli investimenti che snocciolano gli altri tornei.

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Sento i colleghi che si lamentano. Il refettorio (dicesi sala stampa) è assediato da prefiche in gramaglie. Hanno ragione… Seguire gli incontri dai monitor sui tavoli, per dirne una (ma solo una…) è impresa titanica. Il Centrale ha un taglio che definire impressionista è poco. Uno scorcio di campo, fiori, un tifoso che aiuta – tramite le espressioni che fa – a capire a chi sia andato il punto. E per quanto riguarda il Pietrangeli è anche peggio, sembra che la telecamera sia stata posizionata in cima a Monte Mario. Eppure, non li capisco del tutto, i colleghi. Sono giornalisti, no? E dunque, scrivano pure che cosa non va. Ne hanno facoltà. E se gli editori, o i direttori, non sono del tutto convinti, perché magari vi sono accordi in atto, rispondetegli chi se ne frega. I giornalisti, siete voi, mica loro.

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Young Village, iniziativa carina. Tanti maestri che si danno da fare, tanti bimbi (domenica, almeno) che sgambettano e aspettano il campione promesso. Stan Wawrinka, il primo. E tanta musica, anche. Di quella che piace ai bimbetti. “E quando la sera vogliono farci smettere”, canta Nathalie La Rose in Somebody, “gli diciamo che non abbiamo intenzione di tornare a casa, perché sappiamo tutti bene quello che vogliamo fare”. I bambini ascoltano estasiati. Non riesco a credere a quello che ho fatto per amore”, è la volta di David Guetta in What I Did For Love, “Non riesco a credere a quello che ho fatto per noi. Brucio con passione nelle nostre fiamme, mi ricompongo, e dopo lo facciamo di nuovo”. I bambini esultano. Che dice David? Chiedono alle mamme. E allora, vai col rap di Black Eyed Peas, I Gotta Feeling, “Dobbiamo distruggere, dobbiamo stravolgere. Così vengono, così vanno. Siamo in cima, baby. Senti il colpo? Sconvolgimi, baby, giraci intorno, non ti fermare, su e giù, di continuo”. Un’apoteosi.

 

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