di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
di LORENZA PAOLUCCI
TENNIS – Un terzo turno a Wimbledon che solo per un soffio non è diventato ottavo di finale, Simone Bolelli è tornato nel tennis che conta, dove è stato per troppo poco tempo per uno con il suo talento. Tanta sfortuna e poca personalità gli hanno impedito in passato di fare il definitivo salto di qualità, ma a 28 anni non è tardi per ricominciare a sognare.
“A volte ritornano” cita un romanzo del celebre scrittore horror Stephen King. La storia che andiamo a raccontare però non è una storia di paura, ma è di quelle belle che sarebbe forse potuta essere diversa ma che è ancora tutta da scrivere.
Perchè si può rinascere tennisti a 28 anni, anche dopo tanti infortuni, anche dopo che ci si trova di fronte all’ennesima risalita. E’ l’età della maturità “un’età da best rankig, non da pensione” dice lui Simone Bolelli, da Bologna, il nostro miglior azzurro in questo Wimbledon e forse il migliore di sempre sull’erba. Un anno fa il “Bole” (come viene soprannominato), proprio a Londra concludeva la sua stagione, arrendendosi a Grigor Dimitrov ma soprattutto al rarissimo infortunio che lo aveva colpito (al tendine estensore ulnare del carpo).
Un momento difficile che lo aveva preoccupato e non poco, soprattutto perchè all’inizio sembrava essere solo una distorsione, ma il dolore persistente lo aveva allarmato. E così’ Simone si è rimboccato le maniche, è finito sotto i ferri, ed è scivolato fino alle 300esima posizione mondiale, proprio quando stava riprovando a ricostrursi una carriera da stabile top 100 e forse anche qualcosa di più. Perchè di più di un tennista da bassa classifica l’ex n.2 d’Italia lo è stato: nel febbraio del 2009 salì fino al n.36 ATP, grazie a le belle vittorie su avversari del calibro di Berdych e Del Potro, e li cominciò davvero a credere che potesse diventare qualcuno. Invece andò tutto storto. Nel settembre del 2008 Bolelli, in accordo con il suo coach di allora, Claudio Pistolesi, rifiuta la convocazione in Coppa Davis, ed arriva la rottura con la Fit, la squalifica a vita con tanto di accuse da parte della federazione “Bolelli non è un uomo”.
L’anno dopo la pace con la Fit è sancita ma il prezzo da pagare è la fine del sodalizo con Pistolesi al quale quella faccenda è rimasta una ferita aperta, perchè lui in Simone vedeva un futuro top ten: “per Simone ho rifiutato tutto il resto. Non c’era proposta che mi allettasse di più. Ci credevo, e lo rifarei”. Un polverone che ha destabilizzato anche il tennista bolognese che tra il 2009 e il 2010 entra in una crisi senza fine, scendedno oltre la posizione n.120 del mondo. Da quell’abisso Simone ha provato a riemergere, ritrovando la fiducia persa anche grazie al doppio con Fabio Fognini che in Davis lo ha portato ad essere un punto fermo irrinunciablie. E sempre a Wimbledon nel 2011 compie l’impresa di battere Wawrinka e torna a dire a tutti che lui c’è, che non se n’è mai andato. Tre anni dopo su queglli stessi campi sembra non solo essere rinato ma appare anche più consapevole dei propri mezzi, lui che ha sempre avuto un talento discontinuo, ora sembra avere la piena maturità per imboccare finalmente la strada giusta.
L’infortunio è solo un lontanto ricordo, così come i bassi fondi della classifica che ora lo vedono a ridosso dei 100, posizione che potrebbe finalmente spingerlo a lasciare i tornei Changeller e tornare a prendere confidenza con i grandi del circuito.
D’altrone a settembre ci aspetta una storica semifinale di Davis a casa di Federer e Wawrinka ed un Bolelli così competitivo sul veloce potrebbe essere un’arma preziosa anche in singolare.