di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – WIMBLEDON – DI RICCARDO NUZIALE – Superato l’ostacolo della prima settimana, per lui il più ostico, il n.1 del mondo è ora il favorito: più va avanti in uno Slam, più è difficile batterlo. Improbabile vi riescano Kyrgios e Raonic e in una finale contro Djokovic o Murray partirebbe favorito. E in semifinale contro Roger Federer? Anche, ma a Wimbledon lo svizzero si sente ancora il padrone di casa…
La domenica i giocatori non sono ammessi a Church Road, così anche noi, come fosse l’intervallo di un film al cinema tra primo e secondo tempo, tingiamo la pausa del rosso delle fragole dell’All England Club.
Certo è che la sacralità della middle sunday (aldilà di quella tradizione che molti mal sopportano, va considerato come l’erba sia una superficie viva, fattore che spesso gli appassionati dimenticano) stavolta regalerà una discreta emicrania a organizzatori e giocatori. Nello specifico i giocatori della parte bassa di tabellone, che si vedranno costretti a fare gli straordinari, in gradazioni diverse: c’è chi si dovrà limitare ad attendere martedì, come Federer e Nadal, per poi giocare per “solo” due giorni di fila; c’è chi domani dovrà giocare presumibilmente solo mezzo set o poco più (Bolelli-Nishikori, interrotti dall’oscurità sul 3 pari del quinto set); c’è chi dovrà giocare tre partite al meglio dei cinque set in tre giorni (Isner-F. Lopez e Wawrinka-Istomin, due match tra l’altro potenzialmente di grande spettacolarità).
Quindi la pioggia ha ancora una volta negato tempistiche di gioco e riposo democratiche: domani la parte alta, quella presieduta da Murray e Djokovic, non subirà alcun cambiamento di programma, giocando – si spera – a intervalli regolari la seconda settimana. La parte bassa, come detto, vivrà giorni jet lag.
Ma prima di proiettarci alla seconda settimana, un pensiero alla prima. Che ci ha lasciato un tennis buono, non eccezionale, quasi nessuna sorpresa (Ferrer ha visto interrompersi la sua striscia Slam positiva di 10 quarti di fila, Berdych si è confermato allergico al Cilic 3 su 5), una bellissima giovane conferma, Nick Kyrgios, che non solo ha saputo vincere una partita ai confini della realtà con Gasquet (c’è da dire che il francese in ormai 10 anni d’alto livello ha dato soddisfazioni a tutti, in tal senso), ma ha anche vinto la partita più complessa, quella di conferma post impresa contro tra l’altro un suo quasi pari livello, un altro giovane di belle speranze, il ceco Vesely. C’è infine Grigor Dimitrov, che sull’erba sta dimostrando di trovarsi a meraviglia, vedendo valorizzato tecnicamente il proprio tennis, soprattutto con il rovescio che quasi non apre, e che sta dando saggio di maturità. La vittoria al Queen’s ha forse dato una consapevolezza e una calma interiore inedite al bulgaro, che non sembra scomporsi mai: il suo tennis rimane lì, anche nei momenti di difficoltà. Nel bel match contro Dolgopolov, Dimitrov avrebbe avuto tutte le ragioni per uscire dalla partita, impegnato ad addomesticare un avversario inaddomesticabile, ma non ha dato segni di crollo mentale, ha avuto la pazienza di vedere sempre la partita nel suo insieme, dando la pugnalata decisiva a fine quarto set e approfittando così del crollo fisico nel quinto set dello spumeggiante rivale. In caso di scontro diretto nei quarti, Murray dovrà stare molto, molto attento.
I cosiddetti Fab Four stanno dando invece le risposte previste. Djokovic, aldilà dello spavento per la spalla sinistra, sta proseguendo con un tennis troppo frenato, avvelenato forse ancora dalla delusione parigina. L’erba non è la superficie che ama e se riesce a garantire quasi ogni anno un rendimento eccellente è più per la mancanza di vere alternative che per sua attitudine al manto verde. Murray sta invece vestendo alla perfezione i panni di primo defending champion casalingo dell’Era Open. Vero, gli avversari fin qui affrontati erano ben poca cosa, ma la sicurezza con cui ha sbrigato le pratiche fa presupporre una tranquillità e una voglia di conferma non comuni. I tifosi britannici dovrebbero dargli maggiore fiducia. Stesso discorso per Federer, che non ha certo affrontato giocatori di grande caratura, ma sull’erba Muller e Giraldo (soprattutto il primo) valgono più di quanto lo svizzero ha lasciato loro mostrare. Non è la prima volta che il 7 volte campione del torneo è partito in piena sicurezza in uno Slam palesando un’attitudine costantemente offensiva, per poi tornare a chiudersi in uno spirito tattico attendista, passivo e confuso quando avversari e problemi sono aumentati notevolmente di livello. Ma lo sa lui in primis: se c’è un major in cui è ancora in grado di poter primeggiare, questo è senza dubbio Wimbledon. E, prossimo ai 33 anni, l’attitudine non può che essere spudoratamente offensiva, a costo di ritrovarsi il fianco lacrimante di sangue.
Infine Nadal che, superata la settimana per lui più ostica, è ora il favorito. L’itinerario Slam del numero 1 del mondo, soprattutto ai Championships dove la superficie subisce un pesante cambiamento nell’arco dei 14 giorni, è ormai prassi: più va avanti, più si carica. E di conseguenza più diventa difficilmente battibile. Anche quest’anno, a conferma delle debacle dell’ultimo biennio, ha faticato non poco, perdendo sempre il primo set (considerando la finale di Parigi e il match perso ad Halle contro Brown, sono cinque partite di fila che si trova sotto dopo un parziale: non gli era mai successo in carriera) ma, sia per qualità sue che per mancanze degli avversari, non ha mai davvero rischiato. Contro Rosol ha però vissuto momenti di vero panico e il ceco, anziché recitare in teatri nani d’iconoclastia infantile (vedasi il rovesciamento della bottiglietta di Rafa), avrebbe dovuto giocare con più carattere un secondo parziale perso in tre occasioni, cedendo il break di vantaggio, non sfruttando il 5-3 nel tie-break e commettendo doppio fallo sul set point avversario. Due anni fu giustamente elogiato per la glacialità con cui affrontò l’ultimo game del match contro lo spagnolo, con tre ace e un dritto vincente, stavolta va giustamente sottolineato come si sia sciolto quando non doveva sciogliersi.
Ora Nadal sarà difficilmente arrestabile. Improbabile vederlo soccombere contro la stella nascente Kyrgios (in caso di vittoria, l’australiano sarebbe il primo teenager a battere un n.1 in uno Slam dal Nadal 2005, quando sconfisse Federer in semifinale a Parigi), per quanto il giorno extra di riposo farà molto comodo al giovane avversario, che ha speso non poche energie negli ultimi due match; qualche possibilità in più l’avrebbe Milos Raonic, che però non sembra affatto erbivoro doc e non vanta bei risultati contro lo spagnolo; certo, in un’ipotetica finale contro Djokovic o Murray, non si potrebbe assolutamente dare partita chiusa, ma l’impressione è che il serbo sia attualmente psicologicamente succube di Nadal nei match Slam, mentre il britannico non ha mai dato dimostrazione di fare partita pari sull’erba contro Rafa (è anche vero che questa volta sarebbe del tutto diverso, sia la situazione che la caratura di Muzza). Dovesse arrivarci Dimitrov, fascino e argomentazioni tattiche si sprecherebbero, ma credere che Nadal riesca a perdere nello stesso anno due finali Slam con altrettanti vergini major va oltre l’ottimismo (o il pessimismo).
Ecco quindi che l’ostacolo più serio tra Nadal e il terzo trionfo a Wimbledon sta forse nel nome più (sacrilegio mortifero affermarlo) improbabile: Roger Federer, contro il quale incrocerebbe le racchette in semifinale.
Sull’erba il discorso tra i due, come ben noto, si è interrotto con il dritto in rete di Federer nel 2008 e, come altrettanto noto, lo svizzero non batte lo spagnolo da oltre due anni (Indian Wells 2012), negli Slam da addirittura sette. Eppure se c’è non solo una superficie, ma anche un palcoscenico in grado di dare a Federer sensazioni di divin orgoglio, è proprio l’erba di Wimbledon. Qui si sente a casa, qui si sente ancora il padrone, qui la superficie riesce ancora a dargli un vantaggio tecnico importante, al servizio in primis. Qui è dov’è stato in grado di fare ciò che non gli è riuscito altrove, battere Nadal 3 su 5. Qui ancora sente la sconfitta come un’onta marchiata con l’acido.
Partirebbe sfavorito, ma non battuto come in qualsiasi altro Slam. Ad ogni modo, è prematuro parlare di venerdì. Buon Super Monday monco.