Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – WIMBLEDON – DAL NOSTRO INVIATO A LONDRA GIANLUCA ATLANTE – Roger Federer continua a sciorinare tennis d’alta qualità e supera 63 61 63 il colombiano Giraldo. A ribadire che, pur prossimo ai 33 anni, quando trova l’erba sotto i piedi si sente ancora a casa.
L’eleganza e la raffinatezza. Nel vestire il bianco all’All England Club, ma soprattutto nel portare i colpi. Il fatto di piacere, tanto. Lo avremo detto mille volte, ma perchè, ci chiediamo, stancarci nel farlo. Perchè dimenticarci, forse, dello scontato, quando lui, il personaggio del nostro racconto quotidiano qui a Wimbledon, di scontato e banale non ha proprio nulla. Ora ci diranno che il colombiano Santiago Giraldo, non era un test attendibile. Magari sarà vero, per carità, ma il Federer sotto il tetto, è piaciuto a tutti, anche e soprattutto a noi, spettatori da sempre non paganti di uno spettacolo, il suo, più unico che raro. Da qui a dire se potrà rivincere Wimbledon, sarebbe l’ottava volta, ce ne passa. Noi, intanto, ce lo godiamo sino in fondo. Minuto dopo minuto, attimo dopo attimo, colpo dopo colpo. Sfamandoci del suo tennis, sempre e comunque. Anche perché, da altre parti, il menù proposto a chi il palato lo ha fine, non è proprio dei migliori, tutt’altro. Il match di oggi, come dicono quelli più bravi di noi, è stata una sorta di passeggiata di salute. Non sarà mica perchè lui, a tutt’oggi, è di un’altra categoria? Non sarà perchè, almeno da queste parti, è davvero ancora tra i più forti? Interrogativi che sorgono spontanei, ma che trovano, fortunatamente per chi ci legge, immediata risposta nel suo tennis. In quel voler far riaffiorare, a pelo d’erba, il gusto di un antico mestiere pronto, tra le sue mani, a non tramontare mai. Ed il repertorio, vasto, messo in mostra alla luce artificiale di un centrale ribollente di passione e la bellezza del suo gioco, hanno finito per cancellare la pioggia di un sabato londinese fatto a posta per chi, dalle parti di Church Road, aveva bisogno soltanto di staccare la spina. Trovando modo e tempo per portare quello che per altri è impossibile o, quantomeno, assai difficile da mettere in pratica, ad essere gustoso come il costoso fragole con crema all’altezza del gate 5. E quella coppa tatuata alla base di una suola importante, ci ha ricordato che quel sette è un po’ come il nove delle vecchie coppe dei campioni del Real Madrid. Diventate poi dieci: il resto fatelo voi. Anzi, lo facciamo noi. Raccontando di un match che tale non è stato. Raccontando di un Federer spumeggiante quanto basta, capace di far diventare Giraldo piccolo piccolo. Poco più che una comparsa nel teatro dei grandi, nel suo teatro. Anche quando, sul 3-3 del terzo set e 15-40, il colombiano ha sognato un qualcosa di diverso. Poi sono arrivati due ace, altrettanti servizi vincenti. E altri due giochi. Per il 6/3 6/1 6/3 in un’ora e ventuno minuti di lezione del maestro.