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Dal nostro inviato a New York
Gianluca Atlante
New York – Il lavoro paga sempre. A patto, che sia fatto bene. Frase fatta quanto volete, ma di stretta, oseremo dire, strettissima attualità. Almeno dalle parti del Queen’s, qui a New York, dove al Billie Jean King National Tennis Center, si respira aria di Slam, di quarto Slam. E quando l’aria è questa, a Karin Knapp viene ancor più voglia di stupire. Lo aveva fatto a Wimbledon, lo sta facendo qui a Flushing Meadows. Oggi, in un’ora e ventinove minuti, la giocatrice altoatesina, ma laziale di adozione tennistica, ha dato scacco matto alla russa Elena Vesnina, numero 22 del tabellone di questo Us Open.
E lo ha fatto giocando alla grande, soprattutto nel primo set. Il 6/1 6/4 finale, è la riprova di quanto affermiamo. Perché sul campo numero 6, all’ora di pranzo o giù di lì, la Knapp ha messo in mostra il meglio del proprio tennis, quello che i fratelli Piccari, le hanno tirato nuovamente fuori, grazie ad una programmazione seria, che ora, e torniamo al discorso fatto in avvio, sta dando i suoi frutti. E Karin si è fatta guidare. Si è fatta prendere per mano e accompagnare verso acque tranquille, tornando ad essere quella giocatrice che in un tempo nemmeno tanto remoto e prima di molteplici vicessitudini, si era issata sino al numero 35 della classifica mondiale (25 febbraio del 2008), prima di cadere, tre anni orsono, al numero 439. Ma i fratelli Piccari, ai quali in quel momento nessuno avrebbe regalato un euro per curare la Knapp, hanno creduto in lei. Ed oggi, con questo terzo turno all’Open degli Stati Uniti e con un derby contro Roberta Vinci, tutto da giocare, Karin Knapp può finalmente e definitivamente sorridere alla sue seconda vita tennistica.
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