US Open – una Lucic che splende: Mirjana ha cancellato il suo dolore

TENNIS – US OPEN – DI DIEGO BARBIANI – Quanto può durare un ace? Un battito di ciglia, forse. Ecco, in un battito di ciglia Mirjana Lucic ha creato la sua giornata perfetta, quella che non dimenticherà mai. E se l’è presa con forza, senza mai dare l’idea di voler gettare la spugna. Simona Halep, la n.2 del mondo, è caduta sotto i vincenti della croata che ha rimontato da uno svantaggio di 2-5 (e servizio per la rumena nel primo set).

Mirjana, la ragazzina prodigio che nel 1999 ha raggiunto la semifinale di Wimledon eliminando Monica Seles e Nathalie Tautiaz, non c’è più. Al suo posto una signora di 32 anni, spostata con Daniele Baroni, che ha portato dentro di sé tantissimi dolori e paure e che finalmente, in un attimo, ha sfogato tutta la propria tristezza alzando le braccia al cielo.

La sua storia comincia da lontano. Lei è una di quelle giocatrici esplose in maniera molto precoce, di quelle che “questa sarà la prossima n.1 nel giro di qualche anno”. Classe 1982, ad appena quindici anni ha vinto il primo titolo Wta, a diciassette – come detto – la semifinale nello Slam più rappresentativo, dove da sempre si fa la storia di questo sport. A quell’età, però, i suoi problemi erano già in corso. Come Jelena Dokic o Aravane Rezai (per citare due casi piuttosto recenti), Mirjana è stata vittima di violenze fisiche da parte del padre. Il mostro prende il nome di Marinko Lucic, un atleta che ha partecipato alle Olimpiadi nella specialità del Decathlon. Marinko ha seguito la figlia nei primi anni di carriera e da subito voleva che Mirjana fosse la migliore, fosse invincibile. Non lo era? Allora alzava le mani e la prendeva a schiaffi. Ogni volta, dopo ogni sconfitta.

Le violenze ai danni di Mirjana sono cominciate all’età di cinque anni ma lei non ha mai avuto il coraggio di rivelare tutto fino a quando ad essere minacciata fu anche la madre Andelka. Aiutati da Goran Ivanisevic, fuggirono negli Stati Uniti con il terrore che Marinko li raggiungesse per mettere in atto le sue minacce (era arrivato al punto di parlare di “sequestri ed omicidi”). 

Mirjana proseguiva, in qualche modo, con la propria passione per il tennis. Il padre meditava vendetta per la fuga da sotto il naso. Non potendo più metterle le mani addosso decise di ridurla sul lastrico. Le intentò una causa mediante la IMG, la società che gestiva i suoi diritti, che la accusò di abuso di farmaci. Non è ancora certo che dietro ci fosse il padre, ma da allora quasi tutti credono a questa versione vista l’influenza che Marinko aveva. 

Dopo tutti questi problemi smise con il tennis e ricominciò anni più tardi. Sul volto le sofferenze di un sogno infranto dagli sporchi piani di suo padre, la persona che dovrebbe volerle bene più di chiunque altra a questo mondo, e che il matrimonio con Daniele Baroni può aver cancellato solo in maniera parziale. E’ rientrata per la prima volta nelle cento solo nel 2010, rimanendo sempre nel limbo a cavallo tra quel limite. Tanti problemi fisici sembravano abbandonare definitivamente le sue speranze di rientro completo, poi è arrivata l’occasione della vita a New York. 

In pieno stile da film americano, la sua favola ha cominciato a scriversi quando nessuno credeva in lei. E’ giunta a Flushing Meadows da n.121 al mondo ed ha passato i tre turni di qualificazione faticando fin dall’inizio contro Bernarda Pera, avanti 4-2 nel set decisivo. Poi ancora al terzo, contro la georgiana Sofia Shapatava che conduceva 5-2 nel terzo parziale. Infine, al secondo turno del tabellone principale, il capolavoro sulla n.2 del mondo. La vittoria più inattesa, bella ed emozionante, nel paese che l’ha accolta per ricominciare una nuova vita lontana da chi, neanche troppo metaforicamente, voleva impedirglielo.

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