Esodo dalla Russia: Potapova e altre cambiano nazionalità

Nell’ultima decina di giorni sta cambiando la mappa del ranking WTA, complice il cambio di nazionalità di diverse giocatrici che dalla Russia si spostano altrove.

Il caso più eclatante, anche per le reazioni che ha suscitato tra i suoi (ora ex) connazionali, è probabilmente quello di Anastasia Potapova. La numero 51 del mondo ha annunciato nella mattinata del 4 dicembre la decisione di competere per l’Austria a partire dal 2026. Come mai, però, si è accennato alle reazioni? I commenti ricevuti sul proprio canale Telegram, social ben più utile in questi casi vista l’enorme popolarità e diffusione in Russia rispetto ai più famosi (a occidente) Twitter, Facebook o Instagram, sono stati unanime sullo shock fino a non nascondere la sensazione di un tradimento vero e proprio ricevuto dalla tennista nativa di Saratov, fino a ora considerata tra i volti sportivi di orgoglio e patriottismo.

Potapova stessa in questi anni così controversi dal punto di vista geopolitico e con lo sport che, per quanto si cerchi di far finta di nulla e considerarlo luogo esente da certe tematiche, ha costretto atleti russi e bielorussi a competere come neutrali, si era mostrata in maniera un po’ controversa. L’episodio più celebre è forse il suo ingresso in campo a Indian Wells con la maglia dello Spartak Mosca nel 2023 che scatenò il putiferio nel dietro le quinte di un’edizione che vide in quei giorni anche l’episodio, ben più grave e controverso, nella partita che non venne giocata tra Aryna Sabalenka e Lesia Tsurenko. Ad Anastasia fu contestato, oltre al gesto in sé, l’aver portato una maglia che aveva come sponsor un’azienda pertrolifera sotto sanzioni negli USA. Tornata in patria, nel giro di una settimana era in campo alla prima partita casalinga dello Spartak e, volente o meno, si prestò a vari eventi pubblici con sullo sfondo profili e finanziamenti che si rivolgevano all’entità militare del paese. Nei fatti, è stata presenza fissa fin dal 2022 al torneo di esibizione voluto dalla Gazprom a San Pietroburgo, che si svolge nel tardo autunno. Nel 2023, lei e l’ex marito Alexandr Shevchenko (russo ma che compete ora per il Kazkistan) organizzarono praticamente una cerimonia in campo per celebrare la loro unione.

Il torneo esibizione di San Pietroburgo, come detto, è voluto fortemente da Gazprom, azienda che come emerso da varie investigazioni ricopre un ruolo fondamentale nel budget militare russo versando fondi nei battaglioni di volontari che combattono in Ucraina. È stato presentato come un simbolo per superare l’isolamento causato proprio dall’invasione in larga scala nel 2022, un modo per sviluppare diplomazia tramite lo sport, ma che ha visto e tutt’ora vede al suo interno nell’organizzazione figure sotto sanzione. Come per sempio Vera Podguzova, che ricopriva il ruolo di PR nelle prime edizioni, parente di Vladimir Putin e vice presidente di una banca che serve l’industria militare e tutt’ora sanzionata. Uno dei volti chiave, invece, è Natalia Kamelzon, nota anche per aver fatto da direttrice a un torneo a squadre a Mosca in cui una rappresentativa indossava la maglia “Esercito Russo” e il simbolo della Z.

Il caso Potapova, però, non è il solo. Nell’ultimo periodo hanno annunciato un cambio di nazionalità anche Kamilla Rakhimova (numero 112 WTA, con un best ranking al numero 60) e Maria Timofeeva (numero 146 WTA, best ranking al numero 93). Per entrambe, la scelta è di rappresentare l’Uzbekistan, oltre alle junior Aleksandra Barmicheva e Laima Vladson, quest ultima dopo aver giocato fin qui sotto bandiera lituana.

Ci si può chiedere se le ragioni siano puramente per benefici personali o meno. Per anni, infatti, girava voce che Elena Rybakina cambiò nazionalità dalla Russia al Kazakistan perché la federtennis russa puntò tutto su Potapova e il presidente della federtennis Shamil Tarpishev disse che Anastasia non avrebbe mai tradito la Russia perché aveva firmato un contratto. Resta però l’agitazione di questo periodo, e c’è da chiedersi quanto tempo abbiano impiegato nella procedura burocratica queste giocatrici perché soltanto negli ultimi due mesi abbiamo assistitito a questi episodi: Mirra Andreeva ha visto rifiutato il visto d’ingresso in Giappone per giocare nel torneo WTA 500 di Tokyo che le è di fatto costato il posto alle Finals di Riyad (in favore della futura campionessa Rybakina) e, a inizio novembre, come misura restrittiva ulteriore l’Unione Europea ha aumentato i paletti per cui i russi possono chiedere dei visti di ingresso, come il dover richiedere un visto ogni volta che si entra in un paese UE (mentre prima potevano accedere con un visto multiplo) e la prospettiva di controlli potenzialmente più severi alle dogane. Ci ha (avrebbe?) provato pure Ekaterina Alexandrova, che da anni ormai si allena in Repubblica Ceca, richiedendo un cambio di nazionalità che però le è stato negato.

Nel caso di Potapova, in particolare, l’ottenimento di un passaporto austriaco cambierebbe di molto la sua posizione in queste situazioni. Soprattutto considerando che il team è composto ora da un allenatore tedesco e senza dimenticare che l’attuale compagno è l’olandese Tallon Griekspoor, numero 25 del ranking ATP. Quest ultimo, tra l’altro, è stato anche al centro di un caso diplomatico perché per seguire Anastasia ha accettato la partecipazione al torneo esibizione russo e mentre la federtennis olandese che ha cercato di fargli cambiare idea si è messa in mezzo persino l’ambasciata russa in Olanda minacciando ripercussioni.

Siamo in un momento particolare, per quanto si voglia far credere che sport e politica non si debbano mescolare.

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