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di Marco Nocita
Nell’ultimo torneo dell’anno svoltosi ad Atene, Lorenzo Musetti e Stan Wawrinka si sono affrontati al secondo turno. È stato uno di quegli incontri che valgono il prezzo del biglietto ancor prima che inizi, per la promessa di assistere a ciò che sul campo è ormai una rarità: due rovesci a una mano che si fronteggiano. Un colpo che non è solo tecnica, ma linguaggio estetico, quasi una coreografia.
Il rovescio a una mano è il passo di danza del tennis. Il posizionamento delle gambe, la spalla che si apre verso la palla, la ricerca del timing perfetto e poi quel finale in cui le braccia si allontanano e il corpo disegna un arco elegante e sinuoso. È un movimento difficile, fragile, ma capace di racchiudere tutta la poesia di questo sport.
Da Panatta a McEnroe, passando per Sabatini, Becker, Edberg e Stich, fino a Sampras, Federer e Schiavone, la storia del tennis femminile e maschile ha scritto alcune delle sue pagine più belle proprio con questo gesto. Oggi, tra i pochissimi superstiti nel circuito ATP, restano Wawrinka, Dimitrov e Musetti, artisti di una lingua che rischia di scomparire, travolta dalla logica della potenza e del controllo.
È il segno dei tempi. Anche nel tennis, come in altri ambiti, la bellezza è diventata un lusso superfluo. Si contano i titoli, gli Slam, i Masters, le Olimpiadi. Ma se esistesse una classifica basata sulla grazia di un rovescio in corsa, sul brivido estetico di un passante giocato in equilibrio precario, forse l’albo d’oro avrebbe tutt’altra forma.
Non ci saranno mai punti ATP o WTA per la bellezza dei colpi. Ma restano le emozioni: quelle che solo un rovescio di Wawrinka può dare — sintesi perfetta di forza ed eleganza, capace di vincere la finale del Roland Garros 2015 contro Djokovic proprio chiudendo con il suo marchio di fabbrica. O quelle che ci regalò Federer, quando all’Australian Open 2017 batté Nadal con una serie di rovesci in controbalzo che sembravano dipinti.
Quello tra Musetti e Wawrinka non è stato solo un match: è stato l’incontro tra due epoche, l’eco di un’arte in via d’estinzione. E chissà che tra il pubblico, o davanti a uno schermo, non ci fosse una ragazza o un ragazzo pronti a innamorarsi di quel gesto e a scegliere di vincere, forse, un po’ meno ma di emozionare, sicuramente, un po’ di più.